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 2011  giugno 15 Mercoledì calendario

DA PASDARAN ANTI-CAVALIERE A CAMPIONE DEI BUONISTI. LA METAMORFOSI DI DI PIETRO

È sempre stimolante, ma anche un po´ faticoso, osservare come cambiano i politici. E seppure la scena pubblica italiana assomiglia sempre più al programma televisivo «Gli sgommati», ci sono certamente, in questa progressiva verosimiglianza, delle ragioni profonde e complicate che hanno a che fare con il dominio degli spettacoli e quindi con la prevalenza dei due generi nazionali, per così dire: la commedia e il melodramma.
Occorre dunque scomodarli anche a proposito dell´onorevole Tonino Di Pietro che l´altro ieri ha festeggiato il lieto onomastico, Sant´Antonio, e l´indubbia sua vittoria referendaria. Ma che proprio per celebrare questo successo, di punto in bianco, o meglio con gli stessi ritmi imposti alle gommose maschere del programma di Sky, ha cercato di presentarsi come un altro Di Pietro, appunto; e così, dopo aver gravemente riconosciuto «i miei limiti e i miei errori», è diventato di colpo buono, prudente, mansueto, moderato, ottimista, distaccato - e non si dice qui responsabile perché negli ultimi mesi l´aggettivo, almeno in politica, ha sofferto un qualche logoramento.
Insomma, sulla ribalta si è visto una specie di inaspettato agnellino dei Valori, e anche qui si perdoni l´irresistibile divagazione, ma nei primi anni duemila sembra di ricordare che in un programma di Licia Colò, per consacrare le caratteristiche agro-pastorali del personaggio, fu effettivamente deposto in grembo a Di Pietro un candido agnellino, che lasciò anche un indesiderato reperto organico in studio, ma pazienza, questo e altro riservano gli spettacoli politici.
Bene. Ieri Tonino ha spiegato che i referendum, compreso quello sul legittimo impedimento, non rientravano in una battaglia contro Berlusconi. Né servivano a dargli una spallata, né tantomeno andavano strumentalizzati, mettergli «il cappello in testa», cioè sopra. No. Era necessario anzi riconoscere e ancora di più rispettare le ragioni di chi vi si era opposto e aveva perso. Proprio in quanto promotore, quasi sempre isolato e talvolta anche beffeggiato, egli si consentiva di far riflettere gli italiani sulla necessità di «un´alternativa credibile», e comunque da ottenersi non certo «in odio» a Berlusconi. Capito?
Quando si dice della centralità e della ricorrenza dei pupazzi animati in politica, e più in generale delle più giocose parodie che con una certa frequenza entrano a far parte della realtà, quasi mai si sbaglia. E infatti ieri anche dall´immemore fronte berlusconiano si è levato un incredibile coro di elogi per il buon Tonino. E quindi Cicchitto ne lodava la consapevolezza, Lupi l´equilibrio, Lehner l´approccio «quasi da statista», Nucara la cautela istituzionale e Storace, un altro che di solito parla chiaro, e anche più che chiaro, è arrivato a sostenere che Di Pietro ha impartito una «lezione di stile» a Bersani e agli altri vittoriosi dell´ultimo momento.
Ora, questo è anche possibile. Che nell´ultima settimana, ad esempio, Tonino sia divenuto assennato, comprensivo e perfino educato, come pure si è visto in prima serata a Ballarò: «Mi perdoni», «mi permetto di dire», «mi corregga se sbaglio», e perfino un accorato «rispettiamoci!» offerto con espressione intensa al ministro Fitto, che in verità l´ha accolto con meravigliata diffidenza.
E si capisce anche questo moto dell´animo, povero Fitto, perché per anni Di Pietro è stata una autentica belva da talk-show, un gladiatore come l´omologo «Di Pietracus» degli Sgommati, invitato ad ogni rispettabile crash-show in quanto rotto a ogni effettaccio e a ogni nequizia del teleduello, attacco e parata, urla e gesticolamenti, di recente c´è da dire che riusciva a esprimersi come un perfetto mimo aggressivo ed espressionista rovesciando il capo, strabuzzando gli occhi, a volte facendo anche dei risoluti fischi. Indimenticabile, in questo senso, è la reazione che una sera egli strappò all´allora ministro Bondi che pallido come un cencio gli disse, anche lui un po´ teatrale: «Lei è un uomo che mi fa orrore!».
Ecco. Tra le varie e anche interessanti valutazioni che Di Pietro ha posto ieri all´ordine del giorno c´è da segnalare l´urgenza di una politica «non urlata». E si converrà che davanti a tale ammissione, o auto-ammissione, passano in secondo piano le reali, pretese, sospette, sperabili, velleitarie e comunque inespresse motivazioni alla base del subitaneo riposizionamento dell´uomo di Montenero di Bisaccia: se questo sia un segnale di buona volontà rivolto al centrosinistra o se invece mirato a ottenere spazio nel fantasmatico, ma già affollatissimo terzo polo in attesa o meno di Montezemolo.
E´ che la necessità di una politica «non urlata», per chi non molto tempo fa ha definito il presidente del Consiglio «magnaccia» e «stupratore della democrazia», rientra di sicuro nelle buone intenzioni. Ma si tira anche dietro un comprensibile scetticismo, proprio quello cui di norma si fa a meno nei programmi di satira, anche se sempre più spesso bisogna ammettere che gli Sgommati sono ormai fra noi, e questo è tutto fuorché un toccasana.