MARINA CAVALLIERI , la Repubblica 13/6/2011, 13 giugno 2011
DALLA CASA AL PRIMO LAVORO GUIDA PER FARE FORTUNA ALL´ESTERO
Il visto, la lingua, l´ufficio di collocamento. La casa da trovare e il curriculum da tradurre. Il nuovo codice fiscale e altre bollette da pagare. È lunga la lista degli ostacoli da affrontare ma cambiare si può. Ci vuole grinta e capacità di adattamento. Non solo fortuna ma pianificazione. Lo spiega il manuale per cervelli in fuga, la guida per tutti quelli che vogliono costruirsi un futuro sì, ma altrove.
È in libreria in questi giorni "È facile cambiare vita se sai come farlo - Guida pratica alla fuga per sognatori e squattrinati", di Aldo Mencaraglia, edito dalla Bur, un prontuario per l´emigrazione ai tempi del web, consigli per la sopravvivenza in caso di trasferimento all´estero. Ogni anno 60 mila giovani lasciano l´Italia, il 70% è laureato e i laureati sono aumentati del 40% in sette anni. Nei primi dieci mesi del 2010 si sono trasferiti 65 mila ragazzi under 30. Sono gli emigranti del Terzo Millennio, istruiti ma senza lavoro, abbastanza giovani ma già delusi. Vanno in Olanda, Francia e Germania, sbarcano in Australia, si spingono ai confini estremi di nuovi mondi, ultima tendenza la Nuova Zelanda. Armati di un titolo di studio e di curiosità, reduci da un corso d´inglese e da uno stage, non sono disposti a tutto ma vogliono voltare pagina.
«Ci sono sempre più italiani che vogliono partire, in genere hanno tra i 25 e i 35 anni. Il motivo è quasi sempre lo stesso: trovare un lavoro che sia retribuito il giusto. L´emigrazione di oggi è diversa da quella del dopoguerra, chi parte adesso è più istruito ma la sua istruzione non dà frutti», spiega Aldo Mencaraglia. «I Paesi più ricercati sono quelli del Nord Europa, il Canada, l´Australia, sono in caduta la Spagna e l´Irlanda dopo la crisi economica. Si scelgono i Paesi che nelle classifiche internazionali risultano con una buona qualità della vita. Le nazioni migliori sono quelle dove hai qualcosa da offrire dal punto di vista lavorativo».
Ma come si programma la fuga perfetta? «La prima cosa è analizzare il mercato del lavoro per sapere quali sono le competenze più richieste nel paese dove si andrà. Poi bisogna valutare la facilità o meno ad ottenere il visto, meglio l´Australia degli Stati Uniti, più facile il nord Europa». Altro scoglio da superare è la lingua: «Indispensabile saperne una, soprattutto l´inglese. Ci sono corsi molto low cost, su YouTube ce ne sono gratis, sul sito livemocha. com si può scegliere tra 35 lingue con lezioni on line, la Bbc carica sui podcast cicli di lezioni completi». Emigrare è un´impresa anche rischiosa, che va affrontata con entusiasmo ma senza buttarsi alla cieca nella mischia. «Bisogna pensare quando si arriva ad adeguare la licenza di guida e ad avere la versione locale del codice fiscale. Ci sono Stati con siti governativi che danno istruzioni su come affrontare le pratiche burocratiche, dal cambio d´indirizzo al pagamento delle multe: è così in Australia, Canada, Gran Bretagna, Nuova Zelanda».
È necessario valutare i costi economici. Non solo il viaggio ma anche il primo periodo di permanenza quando manca tutto, dalle lenzuola al ferro da stiro, per l´autore uno strumento di sopravvivenza indispensabile per presentarsi sempre in ordine. L´autore consiglia anche di usare con intelligenza i social network, quindi grande attenzione alle foto che escono su Facebook perché potrebbero capitare sotto lo sguardo dei futuri datori di lavoro. È bene anche creare un profilo in inglese su LinkedIn.
Sarà perché il 44% dei giovani in Italia è precario, sarà perché gli stipendi italiani dei neolaureati sono tra i più bassi in Europa, ma le fughe all´estero continuano. Secondo un´indagine Bachelor del 2011, l´80% dei neolaureati andrebbe via almeno per un anno, il 57% per tre anni. Molte partenze più che una decisione definitiva sono un tentativo. Magari si comincia a conoscere un altro paese da studenti con Erasmus. Poi si compra un biglietto di solo andata. E gli emigranti del nuovo secolo non sempre tornano. «Ci vogliono un paio d´anni per scoprire se si ha voglia di restare oppure o no. Difficilmente chi supera questa fase torna indietro».