Varie, 14 giugno 2011
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Mazzavillani Cristina
• Ravenna. «All’inizio era considerata solo la moglie del maestro Muti. Ma poi ha fatto crescere la rassegna di Ravenna. Fino a renderla un successo internazionale Ha capito che stava andando nella direzione giusta quando il marito ha chiuso il libretto del programma con un leggero sorriso. “Riccardo non fa mai elogi, è severissimo nei giudizi, anche con se stesso. Se avessi sbagliato qualcosa nella direzione del festival mi avrebbe fermato subito”. [...] In pochi anni il RavennaFestival è diventato non solo palcoscenico per le bacchette d’autore, ma anche per danza, musical, bande, jazz, poesia. [...] Quando è nato il festival ravennate era una normale rassegna di provincia. “Mi interpellò il sindaco di allora. Dissi di no, avevo una famiglia impegnativa da seguire, un marito che andava in giro per il mondo e tre figli da crescere. E poi non mi sentivo all’altezza”. Ma arriva l’appello all’orgoglio familiare. “Tutti pensano che sia stato Riccardo a convincermi. Non è così. La spinta decisiva me l’ha dato Benigno Zaccagnini, amico fraterno di mio padre. ‘Tuo babbo non sarebbe contento di questo rifiuto’, mi disse con la sua delicatezza. Aveva fatto leva su una corda scoperta. Ero scappata da Ravenna giovanissima per andare al Conservatorio di Venezia e ora dovevo tornare a dare il mio contributo, con spirito di servizio”. Da quel momento, era il 1990, prende la guida del RavennaFestival che, come dice lei, è diventato “un grande campo” dove si coltivano “tutti i tipi di genere artistico”. Prima gli omaggi a Salieri, Cherubini e la Scuola Francese, Bellini e Wagner, Mozart. Direttori e musicisti da tutto il mondo. “Poi è arrivata l’idea della musica che unisce le culture. Un gesto di solidarietà e una sfida artistica. Abbiamo iniziato nel ’97 a Sarajevo dove abbiamo portato l’Eroica di Beethoven e il Canto degli spiriti sulle acque di Schubert, con la direzione di Riccardo”. Da lì le “Vie dell’Amicizia” sono passate per Beirut, Gerusalemme, Mosca, Istanbul, il Cairo, Damasco. “Siamo stati anche a New York, dopo l’11 settembre, e lì dentro siamo morti tutti, per cercare poi una rinascita” [...]» (Anna Tonelli, “L’espresso” 7/8/2008).