Varie, 14 giugno 2011
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LiuBainian Anthony
• Qingdao (Cina) 1934 • «[...] la massima autorità dell’Associazione patriottica dei cattolici. È il più potente esponente dell’altra Chiesa, quella obbediente al governo e protagonista dello “scisma cinese” dopo la rivoluzione comunista. Liu è considerato il nemico numero uno del Vaticano. È odiato dai cattolici cinesi che vivono nell’ombra rischiando il carcere o la “rieducazione”. Ma oggi è anche un uomo-cerniera da cui passano le speranze di riallacciare i rapporti tra il Vaticano e Pechino, interrotti dal 1951 [...] non ha il rango di vescovo, è un cattolico che non ha mai ricevuto l’ordinazione. E tuttavia come capo dell’Associazione patriottica è un’autorità superiore a tutti i vescovi della Chiesa ufficiale, è una sorta di presidente laico della conferenza episcopale. Consiglia il governo di Pechino sulla politica verso i fedeli e verso il Vaticano. [...] “Sono nato nel 1934 a Qingdao nella provincia dello Shandong, un porto di mare aperto alle influenze straniere. Mio zio era cattolico e mi fece battezzare. Da bambino sognavo di diventare sacerdote, facevo il chierichetto, servivo messa. Nel 1948 la Chiesa dello Shandong era impegnata nella propaganda anticomunista: il vescovo chiamava i partigiani maoisti ‘i senza Dio’, prevedeva che ci avrebbero rubato le terre, ogni proprietà, anche le mamme e le mogli. Dopo la vittoria della rivoluzione nel 1949 la Chiesa proibì ai cattolici di aderire a qualsiasi organizzazione comunista o sindacale. Io seguivo alla lettera quegli insegnamenti, mi fidavo ciecamente del vescovo di Qingdao. Ma proprio lui fu il primo a cedere, fece i nomi di tutti i cattolici clandestini, mio zio venne condannato all’ergastolo. Dopo l’espulsione dei missionari stranieri nel 1951 cominciai a vedere le cose in una luce diversa. Il Vaticano aveva benedetto le potenze coloniali, non aveva obiettato quando i tedeschi occuparono Qingdao, poi diede il benvenuto ai giapponesi e infine agli americani. Solo quando vinse l’armata partigiana cinese, la Chiesa ci disse che dovevamo odiarli”. Per Liu quella pagina di storia rimane fondamentale per capire quel che è accaduto dopo. “Noi tutti abbiamo grande rispetto per la figura di Giovanni Paolo II: è stato il primo pontefice ad ammettere i peccati di cui si era resa colpevole in passato la Chiesa missionaria in Cina”. Liu continua a evocare la rottura del 1951, per lui è essenziale tornare alle origini del divorzio. “Quello che forse non è chiaro a tutti gli italiani, è che noi seguiamo esattamente la stessa religione della Chiesa di Roma, siamo indipendenti solo dal punto di vista politico e per il reperimento delle nostre risorse economiche. Quando la stampa occidentale ricorda che nel 1951 la Cina ha rotto le relazioni col Vaticano, dimentica di aggiungere questo aspetto essenziale: noi abbiamo sempre continuato a dire che riconosciamo l’autorità unica del papa in materia di religione. Non c’è l’ombra di una controversia teologica, non abbiamo nulla in comune con i protestanti [...] Al contrario, abbiamo salvato il futuro del cattolicesimo in Cina, abbiamo cambiato la percezione che c’era dei missionari come alfieri dell’imperialismo, abbiamo dimostrato che i cattolici cinesi sono anche dei patrioti” [...] Molti vedono in lui un personaggio sinistro, arroccato a difesa dei privilegi che si è conquistato nel regime [...]» (Federico Rampini, “la Repubblica” 24/7/2007) • Vedi anche Marco Del Corona, “Corriere della Sera” 29/1/2011.