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 2011  giugno 12 Domenica calendario

UNA CAMERIERA MUSA DI JOYCE

IL 16 GIUGNO 1904 James Joyce, studente dublinese, ottenne un appuntamento da una cameriera ventenne, Nora Barnacle. Dovette accadere qualcosa di importante, perché Joyce decise di collocare proprio in quel 16 giugno l’azione del suo “Ulisse”, romanzo in cui egli stesso appare sotto il nome di Stephen Dedalus, ma non incontra nessuna disinibita ragazza. Va invece dalla Torre Martello sul mare nei sobborghi di Dublino dove ha passato la notte alla scuola dove insegna, alla Biblioteca Nazionale dove discute di Amleto, a una clinica ostetrica dove gozzoviglia con altri studenti, a un bordello dove verrebbe svaligiato e pestato se non fosse soccorso da un gentile piazzista ebreo, Leopold Bloom, che lo porta a casa e vorrebbe anche presentargli la moglie Molly, la cui infedeltà è la favola della città.
Su questa trama Joyce ha imbastito un’opera che continua a intrigare e deliziare schiere di lettori, i quali ogni anno ricordano con affetto il 16 giugno, giorno di Bloom o Bloomsday, per festeggiare uno degli antieroi più simpatici della letteratura moderna. Non l’accigliato e complessato Stephen-Telemaco ma Leopold-Ulisse, in parte ispirato a Italo Svevo, al quale Joyce diede lezioni di inglese a Trieste, mentre i due scrittori misconosciuti si incoraggiavano a vicenda.
Genova non è seconda a nessuna delle capitali joyciane (Dublino, Trieste, Parigi...) nel celebrare il 16 giugno, visto che sono ormai sei anni che decine di volontari genovesi si danno appuntamento per leggere in quel giorno, dalle nove a oltre mezzanotte, tutto l’“Ulisse”. Che dunque non è illeggibile come qualcuno vorrebbe. I diciotto capitoli sono presentati in luoghi analoghi a quelli in cui si svolge l’azione. Così il capitolo del Giornale, alle 12, che nell’originale è ambientato al “Freeman’s Journal” di Dublino e che Joyce chiamava Eolo perché il giornale sparge notizie e carta al vento, a Genova viene letto nella redazione del Secolo XIX. E sarebbe bello mettere in mostra un ingrandimento della prima pagina del quotidiano del 16 giugno 1904.
Quest’anno il 16 giugno cade proprio di giovedì come nel 1904, cosa a cui spesso alludono i personaggi innumerevoli che popolano le pagine dell’“Ulisse”. Bloom, ad esempio, quando si sveglia e pensa alla colazione riflette che “giovedì non è nemmeno giornata per un rognone di castrato da Buckley. Meglio un rognone di maiale da Dlugacz”. Queste sono di sicuro macellerie dublinesi dalle parti di Eccles Street dove Bloom abitava nella finzione e dove oggi una targa ricorda il dublinese romanzesco più famoso di tutti i tempi. A tarda notte la moglie Molly pensa con soddisfazione alle performance dell’amante che è venuto a trovarla nel pomeriggio e conta i giorni fino al prossimo incontro: “lui lavora e tiene la bocca chiusa m’ero dato quell’espressione agli occhi coi capelli un po’ sciolti per il tramestio e la lingua tra le labbra gli porgevo a quel brutalone giovedì venerdì uno sabato due domenica tre oh Dio mio non ce la faccio ad aspettare fino a lunedì”. Molly sta fantasticando nel dormiveglia, per questo non c’è punteggiatura. A Genova come altrove le lettrici si contendono il piacere di dar voce a questo personaggio grandioso nella sua quotidianità. Sembra che anche Nora scrivesse facendo a meno della punteggiatura, e che molti tratti di Molly derivino da lei. Non l’infedeltà, visto che Nora fu fedelissima al suo Jim fino alla morte di lui nel 1941, 36 anni dopo la fuga d’amore che portò i due giovani a Pola, Trieste, dove i loro figli nacquero nelle corsie degli indigenti, al centro della vita letteraria internazionale.
Joyce dunque morì 60 anni fa, sicché nel 2012 le sue opere saranno fuori diritti. La cosa non è sfuggita agli editori di tutto il mondo, e in Italia si annunciano due nuove traduzioni dell’“Ulisse”: di Gianni Celati, narratore e studioso, per Einaudi, e di Enrico Terrinoni per Newton Compton. Quando nel 1960 uscì la traduzione ormai classica di Guido De Angelis, fece scalpore per le arditezze del romanzo e tutto sommato è invecchiata poco, anche se Celati e Terrinoni ci offriranno sicuramente nuove prospettive. De Angelis accompagnò la traduzione con un libretto prezioso, “Guida alla lettura dell’Ulisse”, tuttora indispensabile per il lettore italiano. Non che il romanzo non si capisca senza una guida. Diciamo che si capisce meglio e gode di più.
Quanto a Joyce, dopo il tour de force di “Ulisse” si lanciò in un’impresa ancora più ardua, “Finnegans Wake”, romanzo cui lavorò fino al 1939 e di cui tradusse anche stralci in italiano, lingua che parlava benissimo. Mentre “Ulisse” racconta un giorno, “Finnegans Wake” racconta la notte di una famiglia-tipo: padre, madre, due figli gemelli e una figlioletta. È scritto in una lingua fatta di giochi di parole per suggerire il mondo onirico dove tutto allude a tutto. Opera di un filologo folle che è anche un meraviglioso poeta, merita di essere centellinata. Il lettore italiano lo può fare nella traduzione di Luigi Schenoni, di cui è da poco uscito il quarto e ultimo volume (Mondadori, testo inglese a fronte, 485 pagine, €11 euro). Purtroppo Schenoni è morto senza terminare l’impresa, ma già per aver tradotto e commentato 399 pagine delle 628 totali del “Wake” merita la riconoscenza perenne degli amanti della grande letteratura che innerva la vita.