Giuseppina Manin, Corriere della Sera 13/6/2011, 13 giugno 2011
MILANO —
Non chiamatelo prodigio. «Quel termine non lo sopporto proprio. Non ho mai pensato di essere un "prodigio"» . Al telefono da Calgary, una selva di grattacieli tra le praterie del Canada, la voce di Jan Lisiecki risuona netta su questo punto. Che c’è di strano in lui? Un sedicenne biondo, carino, dall’aria educata. Di quelli che piacciono tanto alle ragazze. Poche però riescono a strappargli un appuntamento. Stando alla sua agenda, Jan è già occupato fino a giugno 2012. Conteso tra le sale da concerto di Stati Uniti ed Europa. Che c’è di strano? Come quelli della sua età, Jan ama correre in bici, tuffarsi nei laghi, buttar esche ai salmoni. Ma come regalo di compleanno, invece di una nuova canna da pesca, ha ricevuto un contratto. Un’esclusiva con la Deutsche Grammophon, che ha fatto di lui l’artista più giovane della prestigiosa casa discografica. Non sarà un prodigio Jan Lisiecki, ma certo non è neanche un ragazzo come gli altri. Del resto lo si era capito subito. «A cinque anni— racconta— ero così preso dalla matematica e dai numeri che mia mamma tentò di distogliermi da quell’ossessione con la musica» . Ci riuscì. Visto che tra i Lisiecki, immigrati polacchi, nessuno era musicista, si chiese in prestito a una vicina un vecchio pianoforte. Picchiare con i ditini su quei tasti divenne subito il suo divertimento preferito. Da allora Jan non ha più smesso di giocare. A 7 anni vince il primo premio a un importante concorso canadese, a 9 debutta con la Calgary Symphony, a 11 è in concerto con il grande violoncellista Yo-Yo Ma, a 13 suona alla Carnegie Hall davanti alla regina d’Inghilterra, a 15 apre il bicentenario di Chopin con un concerto nella città natale del compositore. Un «crescendo» musicale sorprendente, una maturazione artistica così veloce da far di lui uno dei più affascinanti nuovi talenti della tastiera internazionale. In Italia lo si potrà vedere e ascoltare mercoledì 15, al Festival Santo Stefano a Bologna, dove Lisiecki suonerà due Preludi e Fughe di Bach, la Sonata op. 78 di Beethoven, tre Studi da Concerto di Liszt, le Variations Sérieuses di Mendelssohn e i 12 Studi op. 25 di Chopin. Un programma variegato che darà modo di saggiare ad ampio raggio le sue doti d’interprete. «Amo l’Italia, la sua bellezza, la sua musica— dice—. Non sono un grande esperto di lirica, Tosca mi fa venire le lacrime agli occhi» . Certo Puccini non è Lady Gaga... Ma anche Jan non è un tipo da discoteca. «Non ho molti amici della mia età — confessa —. Non ho tempo di andare in spiaggia o ai centri commerciali. Soprattutto non mi interessa» . Si trova a suo agio con persone «più grandi» , come il pianista Howard Shelley, 60 anni, il direttore Boris Brott, 67 anni. «Ma la mia miglior amica resta la musica. Niente mi dà più gioia che suonare il piano a casa, al sorgere del sole» , assicura Jan che ogni mattina si alza alle 5.45 e alle 6 è già alla tastiera. «Quando suono sento una luce che brilla nel mio cuore, provo felicità e tristezza insieme. E un desiderio intenso di dividere tutto ciò con altri» . I suoi coetanei dividono le emozioni su Facebook. «Non ho tempo, se mi avanza qualche ora preferisco leggere. Hemingway e Jane Austen sono i miei preferiti» . E il cinema? «La mia sala è l’aereo, ci passo tante ore... Un film? «Il discorso del re» . Non ha paura di essere cresciuto troppo in fretta? «A volte mi sento ancora un bambino, ma so di avere un’anima "antica"» . Non ha paura che una carriera troppo rapida possa bruciarlo in fretta? «Amo la musica più di ogni cosa e non voglio farmi condizionare dal mercato. Piuttosto lascerei perdere. Ho tanti interessi, farei dell’altro e il piano continuerei a suonarlo solo per mio piacere» . Il suo interprete preferito? «Martha Argerich e Rubinstein» . Lang Lang? «Difficile rispondere... Ma se uno porta i giovani alla classica è sempre bene» . E se un giorno si innamorasse? «Magari. L’amore scombina tutto. Tanto alla fine non controlliamo niente. Neanche la musica» .