Varie, 13 giugno 2011
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Kretschmer Tim
• Wendlingen (Germania) 26 luglio 1991, Wendlinegn (Germania) 11 marzo 2009 (suicida dopo aver ucciso 15 persone) • «[...] è uscito presto [...] La strada per la Albertville Realschule la conosceva come le sue tasche, ci era andato ogni giorno [...] prima di diplomarsi proprio lì, non un liceo, non un istituto professionale, una scuola a metà tra quelle di chi avrà successo nella vita e quelle di chi è destinato alla fatica. È entrato, tuta mimetica scura, la mano sulla pistola. Una classe, la porta, ha sparato. Un’altra classe, ha sparato. Ragazzi morti, che probabilmente conosceva, con i quali aveva forse giocato a ping-pong. Insegnanti cadute, forse quelle che gli avevano spiegato la storia e la geografia. Poi, fuori: un uomo davanti al vicino ospedale, freddato. Un passante che scende dalla macchina, sequestrato, pistola alla tempia, e via per 40 chilometri. La polizia corre, qualcuno dice in ritardo ma non sembra così, mette sotto assedio la città. Lui, finalmente potente, entra in un autosalone, uccide ancora. Esce, le forze speciali gli sono addosso, ferisce due agenti. Poi, la fine. [...]» (Danilo Taino, “Corriere della Sera” 12/3/2009) • «Per chi lo conosceva [...] era un ragazzo normale, che passava inosservato. Ci ha pensato lui stesso ad attirare l’attenzione. Con un eccidio nella 10-D, la classe dell’istituto tecnico dove aveva ottenuto il diploma. Le parole di un’amica tradiscono quasi la sorpresa: “Non era un emarginato e con lui si usciva volentieri”. Anzi sembra che tutti volessero frequentarlo perché aveva molti soldi in tasca. Tim, dunque, non rispondeva — in apparenza — al profilo del tipo introverso, infuriato con tutto quello che lo circonda e soprattutto con chi ha condiviso i banchi di scuola. Non sembrano neppure esserci storie di bullismo, tante volte usate come pretesto o giustificazione. [...] Ma qualcosa di storto c’era, altrimenti non saremmo qui a parlare di lui. A sentire uno studente Tim era “profondamente frustrato”. Per cosa? Solo ipotesi: difficoltà di inserimento, stress, problemi suoi. Nulla, sottolineano, che potesse far pensare ad uno scenario così tragico. E invece Tim è riuscito a portare a termine la sua missione distruttiva, accanendosi — sembra — su vittime di sesso femminile, ma poi ha rivolto la sua pistola anche contro dei passanti, dunque persone non legate al suo recente passato. Rispetto ad altri assassini “scolastici”, il giovane non ha dovuto faticare troppo per armarsi. È stato sufficiente sottrarre una Beretta alla collezione del padre, un imprenditore benestante con la passione del tiro. E l’ha usata con effetti devastanti. Del resto ci sapeva fare: si allenava spesso in cantina con pistole ad aria compressa e “faceva sempre centro”. Passione alternata al ping-pong e alla visione di film dell’orrore. Ne aveva una collezione intera. [...]» (Guido Olimpio, “Corriere della Sera” 12/3/2009).