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 2011  giugno 13 Lunedì calendario

Karimova Gulnara

• Fergana (Uzbekistan) 8 luglio 1972. Figlia del presidente dell’Uzbekistan, ambasciatrice in Spagna • «I suoi desideri sono ordini. Tutto quello che vuole, lo ottiene [...] è la figlia preferita del presidente dell’Uzbekistan, Islam Karimov. Un giorno potrebbe addirittura succedergli. Laureata a Harvard e all’Università di Tashkent, dottore in Scienze politiche, cintura nera di karate, poetessa, cantante, creatrice di gioielli, pazza per il lusso, la moda e le pietre preziose, direttrice del Centro per gli Studi politici dell’Uzbekistan, presidente-fondatrice di una fondazione caritativa, presidente-fondatrice del “Forun della Cultura e dell’Arte Uzbeka”, consigliere-ministro plenipotenziario dell’Ambasciata dell’Uzbekistan in Russia, infine - e soprattutto - donna d’affari vorace e spietata [...] secondo alcuni analisti, quella che viene chiamata “la figlia” possiederebbe metà del Paese. Da quando, nel 2001, ha divorziato da un americano di origine afghano-uzbeka, si è rapidamente costruita un vero e proprio impero. Alberghi, ristoranti, night-club, una catena televisiva (Tv Markaz), una stazione radio (Terra), una rivista (Bella Terra), una compagnia di telefonia mobile... nulla resiste alla sua bulimia. C’è pure una rete di prostituzione negli Emirati arabi uniti. Dicono che controlli l’industria del petrolio e del gas, così come i settori delle telecomunicazioni, dell’agricoltura (cotone), dell’edilizia e dell’oro attraverso una società-schermo, Zéromax. La “principessa” nega di avere rapporti con Zéromax, ma nessuno le crede, in Uzbekistan. [...] Qualcuno parla di “gulnarizzazione” dell’industria uzbeka. “Nulla le appartiene direttamente, ma tutti sanno chi c’è dietro”. Tutto questo grazie all’appoggio di “papà” e alla scomparsa di concorrenti - l’efficacia dell’Snb, i servizi segreti uzbeki, è tristemente famosa. Conti off-shore in Inghilterra, sulle isole Tuma, in Svizzera... Gulnara Karimova nasconde la sua fortuna all’estero. La sua sete è inestinguibile. Ovunque si sente lo stesso racconto: “Basta che noti un albergo o un ristorante che lavora bene e faccia sapere che le piace. I suoi uomini propongono al proprietario un prezzo ridicolo e rilevano l’impresa. I proprietari non hanno scelta: o accettano o il loro locale verrà chiuso. Sanno di non poter resistere. A Ferghana non c’è praticamente più un solo albergo indipendente. Eppure è pieno di piccoli alberghi privati, alcuni davvero graziosi. Oggi sono tutti suoi”. “Dotchka”, che in russo vuole dire ragazza, è detestata nel Paese. “L’Uzbekistan è tutto suo!”, sbraita una donna di Tashkent, furiosa. [...] La situazione sociale del Paese è lontana anni luce dalle preoccupazioni di Dotschka, molto più interessata al jet set e al suo arricchimento personale. Il suo ultimo capriccio: cantare [...] anni fa si è lanciata, con “Besame Mucho”. “La si sentiva mille volte al giorno su una radio locale di sua proprietà!”. Nome d’arte: Googoosha, il vezzeggiativo con cui da piccola la chiamava suo padre. [...] Ha aperto un suo sito web, dove massacra “Ne me quitte pas” e si perde in un “Besame Mucho David Guetta mix”. Ci sono anche le sue poesie e una fotogallery, dove compare abbigliata da Mille e una notte. Per ridare lustro alla sua immagine, «la ragazza» si lancia nelle opere di bene. Presiede tre Ong: la Fondazione “Mehr Nuri”, il “Forum della Cultura e dell’Arte uzbeka” e «L’Assemblea delle donne”, tutte regolarmente premiate dal governo con grancassa di propaganda e abbondanza di sovvenzioni. Nella rivista “Bella Terra” ha fatto pubblicare il suo ritratto sotto forma di lungo articolo: “Era presentata come una giovane donna elegante, molto gentile, tenera, vulnerabile e fragile, che deve affrontare una vita difficile... una donna che ama i suoi bambini e si prende cura della popolazione del suo Paese”. In conclusione, Googoosha ha un solo problema: non può viaggiare liberamente per il mondo. E’ la conseguenza del suo divorzio tumultuoso negli Stati Uniti, dove rischia il carcere perché conserva illegalmente la custodia dei suoi due figli. Per lei è altrettanto pericoloso andare nei Paesi che hanno firmato accordi di estradizione con gli Stati Uniti. [...]» (Liz Van dem Broek, “La Stampa” 7/7/2008).