Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  giugno 13 Lunedì calendario

DAI CINESI IL FASCINO ALLA BLADE RUNNER

Minacciate dai nuovi coiffeur cinesi e assediate dalla miriade di piccole scuole private, le storiche sedi dell’Accademia nazionale acconciatori si spopolano di anno in anno. Non basta la professionalità degli insegnanti a guadagnare allievi. Anzi, capita che molti preferiscano i corsi «light» di nuova generazione, meno impegnativi e di più facile accesso.
Le differenze, alla fine, si misurano sulle teste dei clienti. Ma anche qui si verifica un’inversione di tendenza. Cala il numero di quanti prestano attenzione a un taglio ben fatto; quel che conta è apparire più giovani e, soprattutto, assomigliare al divo di turno. Da Orietta Berti a Simona Ventura, i miti cambiano soltanto in base all’età e al sesso. Sempre meno servizio e sempre più moda, il mestiere del parrucchiere vede diffondersi nei saloni dilettanti allo sbaraglio o improvvisati acconciatori. E l’Accademia paga il prezzo del progresso, incarnato dal moltiplicarsi delle scuole che sfornano diplomi veloci.
Le tradizionali botteghe dei parrucchieri ormai segnano il passo, schiacciate da una concorrenza a dir poco sleale. Prezzi bassi, perfino bassissimi, anche dieci volte inferiori alla media, dirottano una quantità sempre più elevata di clienti verso i piccoli esercizi gestiti dai cinesi che spuntano come funghi in ogni città. Poco importa se la tinta non ha la nuance desiderata, quel conta è il portafoglio: e i Figaro dagli occhi a mandorla, in questo campo, sono insuperabili.
Meno clienti, meno introiti: il vecchio barbiere deve così rinunciare pure agli apprendisti. Solo le catene di negozi in franchising possono permettersi il lusso di avere molti dipendenti. Risultato: i giovani parrucchieri cercano fortuna altrove - chi imbarcandosi su di una nave da crociera, chi emigrando all’estero - oppure con il fai da te. Cresce il numero di quante, soprattutto parrucchiere, vanno a «fare i capelli» a casa, come una volta. Con la differenza tutt’altro che trascurabile che non si emette scontrino fiscale e non si deve pagare l’affitto del negozio.
Alla concorrenza si aggiungono poi le difficoltà della categoria. Elio Vassena, presidente dell’Accademia nazionale acconciatori misti, radunatasi ieri e oggi in congresso a Torino, ne snocciola un elenco, dai costi di gestione alla scarsa attenzione della classe politica. «Le attività in Italia sono 80mila e circa 120mila gli addetti – dice –. Sono numeri che fanno riflettere: pochi possono concedersi più di un apprendista. E, di conseguenza, cala anche il numero dei giovani che si iscrivono alla scuola». La misura della crisi è data dalle sedi storiche, sorte negli anni Cinquanta e a lungo punto di riferimento per il tessuto nazionale. «L’Accademia di Torino era il più importante istituto in Italia insieme a quella di Milano. Ora purtroppo ci sono a mala pena gli allievi sufficienti per sopravvivere», commenta amaro Vincenzo Russo dell’Accademia milanese e campione del mondo nel 1970 a Stoccarda.
Con la crisi delle sedi dell’Accademia nazionale, però, se ne va via anche un pezzo di storia. I tradizionali saperi custoditi dai professionisti di vecchia generazione scompaiono sotto i colpi dei nuovi maestri. E quella che era una passione, prima che una professione, cede il posto ai mestieranti.