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 2011  giugno 13 Lunedì calendario

ROMA —

Una riforma complessiva, che non si può attuare in un colpo solo, ma che gradualmente dovrà cambiare in profondità il sistema fiscale, a vantaggio dei contribuenti e della competitività del Paese. Il progetto di disegno di legge delega per un nuovo fisco, che il ministro dell’Economia Giulio Tremonti presenterà nelle prossime settimane, poggia su quattro punti fermi, in parte anticipati nel Piano nazionale di riforma (Pnr) del 13 aprile scorso, in parte emersi dal lavoro delle quattro commissioni di esperti alle quali il ministro ha affidato l’istruttoria tecnica. 1 -Non si può aumentare il deficit Innanzitutto, non si può riordinare il sistema facendo crescere il disavanzo del bilancio pubblico, dice Tremonti. Bisogna invece recuperare risorse attraverso la «drastica riduzione dello sterminato numero di regimi di favore fiscale, di esenzione, di erosione dell’imponibile che sono attualmente in essere» , come è scritto nel Pnr. Tutti questi sgravi sono stati censiti dalla commissione presieduta da Vieri Ceriani. Sono più di 471 e valgono un’enormità: 161 miliardi l’anno. Dall’Irpef si possono detrarre le cose più disparate, «dalle palestre per i figli alle finestre» , alle spese veterinarie. Troppo, secondo Tremonti. 2 -Si pagherà meno Irpef Verrà spostato gradualmente l’asse del prelievo fiscale dalle imposte dirette a quelle indirette o, come preferisce dire il ministro, «dalle persone alle cose» . Di qui le ipotesi allo studio di una riduzione dell’Irpef finanziata con lo sfoltimento appunto delle agevolazioni sulla stessa imposta per recuperare almeno 3,5 miliardi. Altre risorse arriverebbero dall’aumento dell’Iva. In particolare, potrebbero salire di un punto le aliquote Iva del 10 e del 20%(se ne ricaverebbero circa 6 miliardi), anche se ieri Tremonti ha frenato sottolineando il rischio, «in questo momento» , di un aumento dei prezzi. Ma va tenuto conto che una legge delega ha tempi lunghi. Mettiamo che venga presentata alla fine di giugno, difficilmente sarà approvata da Camera e Senato prima della fine dell’anno. Poi, come minimo ci vorranno sei mesi perché il governo attui la delega con i decreti legislativi e altri sei mesi per l’approvazione definitiva degli stessi. Si arriverebbe così alla fine del 2012 e quindi le nuove aliquote scatterebbero dal 2013, salvo che, in corso d’opera, non si anticipi qualche misura per decreto. Per l’Irpef si ragiona intorno a varie ipotesi di ridisegno graduale della curva delle aliquote: si potrebbe cominciare con un taglio di due punti sulla prima aliquota (oggi il 23%fino a 15 mila euro di imponibile), che vale 6-7 miliardi di entrate in meno, o diminuendo di un punto le prime due (la seconda è del 27%tra 15 mila e 28 mila euro), per un minor gettito di circa 4 miliardi. Anche per le imprese dovrebbe esserci un alleggerimento del carico fiscale, con la riduzione dell’Irap per la componente costo del lavoro e uno sconto sull’Ires (dal 27,5 al 26,5%). A completare la manovra, misure a favore delle nuove generazioni, come sgravi sulle assunzioni di giovani e sulla costituzione di imprese giovanili. 3 -Salvaguardare prima casa e famiglia Un altro dei punti fermi di Tremonti è che non ci sarà alcun aggravio di imposte sulla prima casa e sui risparmi delle famiglie. Nessuna patrimoniale, quindi, né l’aumento del prelievo sui titoli di Stato (12,5%) mentre potrebbe salire quello sulle altre rendite finanziarie. Attorno a queste ipotesi il ministro sta lavorando, con l’obiettivo di presentare il disegno di legge delega sulla riforma del fisco prima dell’estate, ma dopo che il decreto legge con la manovra da 45 miliardi sarà stato approvato dal consiglio dei ministri e poi incardinato in Parlamento, verso la fine di giugno. Rispetto a questo schema, l’altro ieri il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, è entrato a gamba tesa chiedendo che la riforma fiscale sia presentata insieme e non dopo la manovra e che contenga il quoziente familiare, cioè quel meccanismo, applicato per esempio in Francia, che fa pagare meno tasse alle famiglie con figli perché il reddito imponibile viene diviso in base al numero di componenti il nucleo. Si tratta però di un sistema molto costoso: le stime vanno da 3 a 13 miliardi l’anno di minori entrate, secondo la formula applicata. L’impostazione che Tremonti ha invece messo nel Piano nazionale di riforma predilige la razionalizzazione degli strumenti di sostegno alla famiglia, oggi in parte disposti sul versante della spesa (gli assegni al nucleo, per i quali si spendono 6,5 miliardi all’anno) e in parte su quello delle entrate (detrazioni per i familiari a carico, che valgono più di 12 miliardi). 4 -Razionalizzare il welfare Secondo un documento messo a punto dai tecnici del ministero del Lavoro che partecipano alla commissione presieduta da Mauro Marè le «Aree di sovrapposizione fra Stato sociale e Stato fiscale» sono estese. È come se esistessero due Welfare. Il primo fatto di prestazioni dirette da parte dello Stato centrale e degli enti locali, attraverso la spesa pubblica. Ed è quello che si vede di più. Il secondo, altrettanto importante, fatto di una giungla di agevolazioni fiscali concesse dai vari governi nel corso dei decenni per compiacere un gruppo di pressione piuttosto che un altro. Col risultato che «spesso i singoli strumenti hanno una dimensione finanziaria insufficiente e i beneficiari sono in qualche modo costretti a cumulare prestazioni di diversa natura per ottenere un supporto complessivamente adeguato» . Per esempio, la pensione di invalidità civile più l’indennità di accompagnamento. Quest’ultima, tra l’altro, si ottiene indipendentemente dal reddito. I volumi di spesa censiti sono ingenti. Per le prestazioni previdenziali, sanitarie e assistenziali legate alle invalidità e alla non autosufficienza si erogano più di 47 miliardi di euro all’anno, che diventano circa 53 considerando anche le invalidità temporanee e le indennità di malattia. Per il sostengo alla famiglia, invece, escono più di 62 miliardi all’anno, considerando anche i 35 miliardi per le pensioni di reversibilità. Molto avviene sul versante della spesa: i 6,5 miliardi di assegni al nucleo, ai quali si sommano i 3 miliardi per la maternità. Ma poi ci sono anche 15 miliardi di minori entrate per detrazioni familiari. «Assegni familiari e detrazioni — concludono i tecnici — sono strumenti in buona parte sovrapponibili e che appaiono suscettibili di una razionalizzazione o unificazione in un unico strumento, preferibilmente sul lato della spesa» . Perché, come scrive Tremonti nel Piano nazionale di riforma, «la fiscalità generale deve finanziare l’assistenza sociale, non sostituirla» . Enrico Marro