Maurizio Crosetti, la Repubblica 13/6/2011, 13 giugno 2011
Chissà se adesso è più contento l´introvabile Udovicich o la buonanima di Gianni Rodari, che era di Omegna e inventò la squadra di pallone del Barbarano, quella che perdeva «tutte le domeniche e le altre feste comandate»
Chissà se adesso è più contento l´introvabile Udovicich o la buonanima di Gianni Rodari, che era di Omegna e inventò la squadra di pallone del Barbarano, quella che perdeva «tutte le domeniche e le altre feste comandate». Invece il Novara vince sempre, scintillando sul suo bel prato d´erba finta, cioè quasi finta: trattasi di "intaso vegetale di fibre di cocco con filtro extramorbido", e pare la pubblicità di un dolcetto. Nessun altro in serie A e B ha il campo sintetico, mentre gli eroi con le maglie color gorgonzola (altra gloria locale) ce l´hanno eccome. «Però non è un vantaggio tecnico, non ci ritroviamo neppure un punto in più, per questo», tiene a precisare l´allenatore Attilio Tesser, capitano dell´Udinese ai tempi di Zico, uno che ha montato col lego una squadra che comincia dal settore giovanile e finisce appena sopra le nuvole. Non è una favola al telefono, quella del Novara, e neppure una novella fatta a macchina. Semmai è un sogno artigianale, un prodotto manuale, un´emozione, un bel progetto con i soldi della famiglia De Salvo (cliniche private), il patròn Massimo ha appena 33 anni. È un pezzetto di storia del calcio che torna a casa dopo cinquantacinque anni, l´ultima serie A nel 1956, due anni prima che l´Introvabile cominciasse ad incollare la propria schiena sull´album Panini, per i fortunati che trovavano la sua crapa pelata in fondo alla bustina profumata come zucchero a velo. E se gli altri hanno Zoff e Van Basten, Rivera e Mazzola, Maradona e Ibrahimovic, il Novara si tiene stretto il suo Giovanni Udovicich detto Nini, nato a Fiume nel giorno di Capodanno del 1940, esule a Novara dal 1946, ruvido stopper con poche pretese e ancor meno capelli, colonna degli azzurri dal ‘58 al ‘76, diciannove campionati consecutivi ovunque e comunque, 517 partite senza neppure un gol. Roba forte e senza svolazzi, radici profonde come la piantina del riso che non le daresti due lire e invece eccola lì a mollo, felice e resistente in eterno. Il riso: l´oro di queste terre. Più oro dell´oro del mondo, quello nascosto nei torrenti e descritto da Sebastiano Vassalli, che nel Novarese vive: «I successi del calcio sottolineano la rinascita della città, ormai la seconda del Piemonte», spiega nella sua casa rivolta verso un piatto orizzonte, l´unico possibile qui, a parte i nodi delle tangenziali e delle autostrade, recisi dal rombo dei tir e del supertreno ad alta velocità. Un altro simbolo di ferro, cemento, lavoro, rapidità, a volte il balòn incrocia le storie e ne individua una trama. Ha quasi 103 anni, il Novara. La prima volta in A perse col Toro (2-1) ma stracciò la Juve: 6-0! Era il 3 novembre 1912. Di là da venire i tempi del Quadrilatero (Novara, Pro Vercelli, Alessandria e Casale) che avrebbero reso gloria a queste lande del Piemonte più remoto, lontana Torino e non lontanissima Milano, zona ibrida ma oggi, come dicono gli esperti, cuore della ripresa di una funzione territoriale di città. Qui il pallone racconta le origini di Giampiero Boniperti da Barengo, ma anche quelle dei signori Platini (senza l´accento finale) da Agrate Conturbia, i nonni campagnoli di Michel che ora promette: «Verrò a vedere una delle prime partite del Novara in serie A». Serie A che fa rima con le roi, stavolta l´accento è trionfante. Qui cominciarono Felice Pulici e Zaccarelli. Dopo 33 di attesa, l´anno scorso la serie B. E dopo un´altra stagione appena, si arriva in cima, nella casa dei grandi, il massimo campionato divisione nazionale serie A. Gioisce la Lega, nonostante l´ultima mazzata elettorale in città, ma è leghista e novarese il governatore del Piemonte, Roberto Cota. Brinda il munifico sponsor, la Banca Popolare (gruppo Banco Popolare). E nell´alto dei cieli certamente applaude Silvio Piola, che nel Novara chiuse la sua leggendaria carriera dal ‘47 al ‘54, segnando 86 gol e riportando - pure lui - gli azzurri in serie A, anno di grazia 1948. Oggi la storia narra la svolta del 2006, quando De Salvo mise soldi e idee. Un anno dopo sorgeva Novarello, 115 mila metri quadrati di centro sportivo, quattro campi da calcio regolari, due in sintetico e poi piscina, ristorante, auditorium, bar, foresteria, centro congressi, uffici. Sette milioni di euro investiti, e l´intero monte stipendi lordo vale solo un milione in meno. L´erba finta l´hanno messa anche allo stadio "Piola" per risparmiare sulla manutenzione, perché Novara è la città più umida e piovosa del Piemonte: il prato sintetico tiene meglio di quello vero, e costa meno. Anche se i soldi qui ci sono, e la provincia è ricchissima, nessuno li spreca. La squadra è low cost: su 25 giocatori che un anno fa riconquistarono la B, appena cinque erano nuovi rispetto al gruppo che s´impose in Lega Pro. La prima vertigine, la trasferta di San Siro per la Coppa Italia contro il Milan: 15 mila spettatori al "Meazza", però 12 mila erano novaresi. Il Milan vinse di poco, 2-1, e di sicuro quel giorno nessun azzurro si sentì come un piccolo calciatore del Barbarano, la squadra che perdeva sempre. Però ci vorrebbe davvero Rodari, adesso, per mettere due belle rime alla fine della filastrocca.