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 2011  giugno 13 Lunedì calendario

OMERO CIAI

DAL NOSTRO INVIATO
SAN PAOLO - «Battisti è a casa mia», ammette subito l´avvocato Greenhalgh. Siamo nella hall della sua residenza privata all´inizio della avenida Higienòpolis, non molto lontano dal centro della megalopoli brasiliana, in un quartiere residenziale della borghesia paulista. L´avvocato è sceso dall´ascensore in tuta da ginnastica e ha un atteggiamento rilassato e cordiale.
«Non lo sto nascondendo», dice, «non ha ancora i documenti e non può parlare con nessuno». Luiz Eduardo Greenhalgh è un uomo influente in Brasile soprattutto grazie alle sue ottime relazioni con il governo in carica. Tra i fondatori del Pt, il partito dei lavoratori di Lula, si considera ancora un uomo di sinistra e, nella sua lunga carriera - avrà poco più di sessant´anni - ha difeso, spesso gratis, politici nei guai, sindacalisti e guerriglieri sudamericani, dall´Erp argentino alle Farc colombiane, senza fare troppe distinzioni. Per lui Battisti è un altro «perseguitato politico da proteggere», e se lo è messo in casa in attesa che riesca a rifarsi una vita nel paese che ha rifiutato di estradarlo in Italia. I legami tra Greenhalgh e i vertici del partito di Lula e Dilma Rousseff sono strettissimi ed è perlomeno sorprendente che l´ex terrorista dei Pac condannato all´ergastolo in Italia abbia in Brasile protettori espliciti così altolocati.
Greenhalgh racconta che Battisti spera di vivere nei prossimi anni del suo lavoro di scrittore. Che ha un contratto firmato con una piccola casa editrice, "Martins Fontes", ma che adesso anche altri vorrebbero pubblicare i suoi libri. Che sta finendo di scrivere un romanzo autobiografico (intitolato "Ai piedi del muro") al quale mancano ancora «quattro o cinque capitoli». Racconta, l´avvocato, anche una storiella edificante secondo la quale Battisti sarebbe uscito da casa sua per fare una passeggiata nel quartiere, si sarebbe perso, e gli avrebbe telefonato per farsi venire a prendere. Sulla prima notte di libertà, invece, Greenhalgh smentisce che Battisti l´abbia trascorsa insieme a Joice Lima, la ragazza di ventisei anni che conobbe a Rio de Janeiro e che è andata spesso a trovarlo in carcere. «E´ sempre stato da solo con me in una stanza del mio albergo, il Manhattan Plaza, a Brasilia. Ha cercato di parlare con le sue due figlie ma non c´è riuscito e alle sei del mattino abbiamo deciso di partire per San Paolo e venire a casa mia. Gli ho fatto da garante per salire sull´aereo senza documenti».
Higienòpolis è uno dei quartieri borghesi più noti di San Paolo. A due isolati da dove si trova Battisti c´è la casa di Fernando Henrique Cardoso, il presidente socialdemocratico che governò il Brasile negli anni Novanta. Ma è un quartiere anche un po´ anonimo, con pochi negozi e lunghi viali alberati, dove si può anche passare inosservati. All´angolo con rua Sabarà c´è una signora con un cappotto rosso e un signore che raccoglie con una busta di plastica i bisognini del suo setter. «Battisti? L´italiano? Davvero vive qui?», fanno increduli. All´inizio della strada c´è un lussuoso "Iate club", prima un giornalaio e un piccolo supermercato. Nessuno l´ha visto.
Che Battisti si trovi al 148 di avenida Higienòpolis lo sa tutta la stampa brasiliana. Televisioni comprese. Qualcuno ha anche provato a telefonare. Ma nessuno fa la guardia sotto casa. Non ci sono fotografi, né cameraman. Un po´ perché dopo i primi giorni la vicenda ai mass media locali interessa poco. Un po´ perché c´è un patto del silenzio per non dare fastidio all´avvocato Greenhalgh facendogli le poste sotto casa. Lui promette a tutti che Cesare Battisti parlerà dopo il 22 giugno quando il ministero del Lavoro esaminerà la sua richiesta di «visto speciale» e sarà finalmente regolarizzato dal punto di vista amministrativo.
Con una protezione così e il via libera governativo Battisti in Brasile è davvero un privilegiato. Greenhalgh - qui tutti dicono che abbia addirittura seguito il caso gratuitamente «per il partito» - è deciso a custodirlo finché sarà necessario per evitare figuracce al suo amico di una vita, quell´ex presidente che il 31 dicembre dell´anno scorso ha stabilito che in Italia sarebbe stato un perseguitato. In fondo l´unica cosa che tutti temono è che Battisti gli sfugga di mano e che faccia qualche fesseria. Greenhalgh con la sua aria bonaria garantisce che non succederà, almeno fino a quando se ne prenderà cura lui.

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SAN PAOLO - La cassaforte di Cesare Battisti si chiama Frédérique Audouin-Rouzeau, al secolo Fred Vargas, la scrittrice francese molto amata anche dal pubblico italiano che ha ideato la saga del commissario Adamsberg. La Vargas e Battisti si conobbero a Parigi quando l´ex terrorista lavorava come portiere in un condominio e provava a sfondare con i suoi primi romanzi gialli. E da quando Battisti nel 2004 fuggì dalla Francia, poco prima che fosse approvata la sua estradizione in Italia, è stata la Vargas ad occuparsi direttamente della sua difesa. Dall´arresto a Rio de Janeiro nel marzo del 2007, la scrittrice ha fatto una decina di viaggi in Brasile, a volte accompagnata anche dalle due giovani figlie di Battisti, Valentina e Charlene.
All´inizio, dopo la fuga, Fred Vargas promosse a Parigi un comitato di solidarietà per aiutare Battisti, che venne poi arrestato a Copacabana proprio grazie al fatto che la polizia francese individuò e segui un corriere, una donna, partito dalla Francia per consegnarli dei soldi. Ma è stata sempre lei quella che ha versato più fondi nella causa. Che ha scelto gli avvocati e che ha fatto il lavoro di lobby in Brasile coinvolgendo prima il senatore del Partito dei lavoratori, Eduardo Suplicy, poi l´avvocato Greenhalgh e infine Tarso Genro, il ministro della Giustizia ed esponente dell´ala più radicale del partito di Lula, che nel gennaio del 2009 firmò il decreto che concedeva all´ex terrorista dei Pac l´asilo politico.
All´inizio della sua avventura brasiliana quando era latitante a Rio de Janeiro Battisti venne protetto per qualche mese da Fernando Gabeira, un deputato regionale dei verdi ed ex combattente contro la dittatura. Ed entrò in contatto con alcuni degli ex militanti politici dell´estrema sinistra italiana degli anni Settanta rifugiati in Brasile. Ma furono contatti sporadici.
Nessuno di loro voleva mischiarsi con un fuggiasco che consideravano più «criminale» che «politico». L´acquisto più costoso di tutta l´operazione è stato senza dubbio quello del costituzionalista Luis Barroso. Per difendere Battisti davanti al Tribunale Supremo, Barroso può anche aver chiesto più di 200 mila euro. Una parcella credibile in un caso del genere. L´avvocato Greenhalgh invece «soltanto» le spese. Ma non c´è dubbio che una parte sostanziosa dei diritti d´autore degli ultimi sette anni di Fred Vargas siano stati trasferiti in Brasile per ottenere quella che era diventata, per la scrittrice francese, la sfida più importante della sua vita: la libertà dell´uomo che l´aveva convinta della propria innocenza.
(o. c.)