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 2011  giugno 12 Domenica calendario

Martedì 7 giugno, dibattendo del Rapporto sullo Stato sociale 2011 alla Sapienza di Roma, la Confindustria, Cgil, Cisl e Uil si sono trovate d’accordo nel respingere la proposta, avanzata dal curatore del rapporto, Roberto Felice Pizzuti, e in precedenza da questa rubrica, di dare ai lavoratori dipendenti e autonomi la facoltà di incrementare volontariamente la contribuzione all’Inps con la possibilità, in caso di bisogno, di tornare ai livelli minimi di legge

Martedì 7 giugno, dibattendo del Rapporto sullo Stato sociale 2011 alla Sapienza di Roma, la Confindustria, Cgil, Cisl e Uil si sono trovate d’accordo nel respingere la proposta, avanzata dal curatore del rapporto, Roberto Felice Pizzuti, e in precedenza da questa rubrica, di dare ai lavoratori dipendenti e autonomi la facoltà di incrementare volontariamente la contribuzione all’Inps con la possibilità, in caso di bisogno, di tornare ai livelli minimi di legge. Si è detto che la difesa dei lavoratori e lo sviluppo della competitività del sistema richiedano «ben altri interventi» . Naturalmente, era chiaro a tutti che un’eventuale seconda gamba dell’Inps non ambirebbe alla palingenesi dell’Italia, ma solo a offrire un’alternativa pubblica a costi tendenti allo zero rispetto alla previdenza integrativa privata gestita dalle assicurazioni, con costi alti, o dai fondi negoziali sindacati-imprese, con costi più bassi. Ma, si sa, il «benaltrismo» è l’artificio retorico più usato per addolcire il proprio no. Una contribuzione aggiuntiva all’Inps, si è osservato, migliorerebbe il saldo primario del bilancio pubblico e, ove l’adesione fosse cospicua e abbastanza permanente, determinerebbe una progressiva riduzione del debito pubblico. Benché il primo varco l’abbia aperto un ministro della serietà di Tommaso Padoa-Schioppa nel 2007 con il trasferimento all’Inps del Tfr non versato ai fondi pensione nelle aziende con più di 50 addetti, i sindacalisti hanno tuonato: più gettito, più spesa pubblica, più sprechi. E hanno difeso i «loro» fondi negoziali senza nulla dire del 73%dei lavoratori e dei milioni di partite Iva che non vi possono aderire o che non vogliono saperne di previdenza privata per diffidenza verso i mercati finanziari. Una cautissima apertura è invece venuta dal presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, preoccupato di dare risposte nuove ai giovani che rischiano pensioni da fame. E pure da Domenico Siniscalco, presidente di Assogestioni, a patto che l’Inps appalti all’esterno la gestione delle nuove risorse. Combinazione, due giorni dopo, la Massachusetts Securities Division ha multato Goldman Sachs, la banca d’investimento che lavora anche per i maggiori fondi del mondo. Analisti e trader concordavano i titoli da sponsorizzare con clienti privilegiati, e questi, in cambio della dritta, dovevano comprare abbastanza da far guadagnare la banca. «Atto disonesto e non etico» , dice l’Authority. Che poi fissa in 10 milioni di dollari la multa. Nel 2003, Goldman aveva pagato 110 milioni per emendarsi di analoghe sconcezze. Tante chiacchiere sull’etica dopo la Grande Crisi e la patria del rigore anglosassone riduce a niente multe già basse per violazioni della legge degne di un Fiorani. E c’è ancora qualcuno che si stupisce se la gente non si fida a mettere la pensione di scorta in mano alla finanza? Forse dovrei anche chiedermi perché Confindustria e sindacati, che pure siedono al vertice dell’Inps, non vogliano dare un’altra chance alle persone e al bilancio pubblico, ma non vorrei mai darmi le due risposte che mi vengono in mente. mmucchetti