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 2011  giugno 08 Mercoledì calendario

«IL MIO LIBRO MAI SCRITTO PIACEVA AGLI ESPERTI»

Volevano dimostrare che il successo può essere un bluff costruito sul nulla. Per questo hanno organizzato uno scherzo. Vittime: quelli che il successo l’hanno già conosciuto. Obiettivo: farli parlare di un libro mai esistito.
Al Salone del libro di Torino un normalissimo ragazzo dalla faccia simpatica, Gabriele Madala, 24 anni, studente al Master per giornalismo, si è finto scrittore. Con lui, Domenico Morreale e Dario Scopesi, due del Politecnico, roba che uno pensa a macchine e bulloni e non al trionfo della creatività. «Volevamo spiegare agli studenti quanto costruito e finto sia il successo», dice Morreale. «Crediamo d’esserci riusciti. E ora faremo altri scherzi come questo».
L’idea, nata dagli studenti di Ingegneria del cinema, ha ottenuto la complicità della Fiera, che aveva diffuso la biografia inesistente
di tale Manuele Madalon e della sua incredibile (e inesistente) casa editrice, oltre a una trama il più possibile idiota e banale
del suo (mai scritto) romanzo, L’implosione.
Con queste false credenziali, Gabriele Madala se n’è andato in giro nelle vesti di Madalon a raccogliere elogi e commenti: «Io non c’entro niente con Ingegneria del cinema. Mi avevano chiamato solo perché avevano bisogno di un attore per riprendere lo scherzo e farne una lezione». Così si muove sempre inseguito dalla telecamera di una web tv. Molti dei nomi famosi non sembrano temerla troppo e si sperticano in giudizi senza senso. E quello che ha colpito di più Gabriele è proprio questo. «Vedevano la telecamera e non gli passava neanche per l’anticamera del cervello che fosse uno scherzo. Anzi, molti insistevano ancora di più».
«Io andavo da loro e dicevo: “Grazie per avermi risposto”. E quelli non capivano: “Che cosa?”. “Le ho mandato il mio libro”, insistevo. “Non mi aspettavo niente. Invece lei mi ha addirittura risposto”. La maggior parte ha cominciato a far finta di conoscermi, nei modi più vari. A dimostrazione che non conta la realtà, ma quello che noi facciamo credere che sia. El’intento dello scherzo era proprio questo: dimostrare la falsità di questa finzione, deriderla, disprezzarla».
Così, Piero Fassino non osa dirgli di no: «eh, eh», si alza, gli porge la mano, senza capire cosa sta facendo, «eeeeh....», continuando a far sì con la testa per non deludere l’interlocutore.
Poi c’ è Lucia Annunziata che all’inizio ha proprio l’aria di dire «ma da dove viene ’sto matto?», e cerca di sfuggire infastidita. Solo che alla fine ci ripensa e si lancia persino in un paragone senza senso: «Ti ho confuso moltissimo con Culicchia, su Torino». Madala rimane un po’ così: «Sinceramente non l’ho capito che potevo c’entrarci. Giuseppe Culicchia avrà 20 anni più di me!». Ma anche gli altri non si risparmiano. Vittorio Sgarbi cincischia col telefonino, gli occhiali che gli cadono sul naso, e l’aria distratta che si accende improvvisa per un giudizio
sull’opera di Madalon: «Sottile e misterosa». Grandioso. Serena Dandini, invece, si accontenta di riconoscerlo: «Aaaaah, ma certo. Madalon». Mica siamo ignoranti. Federico Moccia non ha dubbi: «Lei, Madalon, è fortissimo». A Giorgio Faletti, che oltre a far lo scrittore è anche un attore, L’implosione è piaciuto davvero anche se non l’ha mai letto: «È tutto l’insieme», che merita un complimento. Il rivale di Fassino a sindaco di Torino, Francesco Coppola, Pdl, è molto più sfacciato del concorrente:
«Ah, le è arrivata la mia mail?». Per la serie facce di bronzo. Come il maestro di vita montanaro Mauro Corona: «Un buon
inizio, ma non ti devi affezionare, altrimenti è un fiasco. Un libro è come una scopata: bisogna pensare a quella da fare e non a quella fatta». L’ex ministro Cesare Damiano, ricorda Madala, «ne ha invece approfittato per lasciare un suo commento definitivo sui giovani». Così importante che pure Madala se l’è dimenticato.
«Sono stati anche molti quelli che hanno preferito ammettere di non aver mai sentito parlar di me», dice Madala. «Non li abbiamo messi nel web perché non facevano ridere».
Non tutti, insomma, per evitare di apparire disinformati sono caduti nel trenello.
Il più diretto, ricorda Gabriele, è stato Sergio Castellitto, che l’ha trattato quasi in malo modo: «No, si sbaglia, io non ho mai
letto niente di suo!», secco e duro. Antonio Pennacchi, lo scrittore fasciocomunista, s’è messo a ridere: «Ma non raccontar fregnacce!». Tra i politici l’unico che non c’è cascato è stato Dario Franceschini.
Il più simpatico secondo Gabriele è stato Neri Marcorè che s’è messo a prenderlo in giro. Il più gentile, Gian Antonio Stella, «perché era quasi dispiaciuto che mi sbagliassi. “Guarda, mi dispiace, io non ti conosco”, mi diceva, e mi ha dato pure il suo indirizzo email, tutto quello che volevo. Il suo collega Sergio Rizzo, invece, c’era appena cascato». Come Giancarlo De Cataldo, che nella foga di aiutare un giovane scrittore, s’è perso in raccomandazioni e consigli, assieme a elogi surreali: «Tu hai un tuo mondo di riferimento, lo racconti in maniera autentica, anche se c’è qualche parte tipica delle opere prime, l’ansia di metterci dentro tutto... C’è uno sguardo rivelatore sul mondo». Addirittura! Persino Madala a un certo punto s’era insospettito: «“Ma questo mi sta prendendo per i fondelli”, ho pensato. Poi mi sono accorto che di- ceva sul serio e siccome m’era simpatico mi dispiaceva. Pregavo che smettesse. E invece andava avanti, non finiva più».