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 2011  giugno 09 Giovedì calendario

COSÌ È NATO IL BUSINESS

«Ci hanno dato una licenza per stampare denaro», si fregava le mani John Banks, leggendario allibratore scozzese, celebrando la decisione del governo britannico di legalizzare le scommesse. Era la primavera del 1961. Sino ad allora confinati negli ippodromi, i bookmaker invasero le strade del regno: in breve tempo aprirono oltre 10 mila agenzie, in cui all´inizio si scommetteva esclusivamente sulle corse dei cavalli. Mezzo secolo più tardi, il numero di agenzie è sceso a 8500, come risultato di fusioni e acquisizioni, ma il vecchio Banks aveva visto – e avrebbe scommesso – giusto: oggi, nel paese che l´ha inventato come business, il gambling è un´industria da 30 miliardi di sterline (35 miliardi di euro) all´anno, in cui si punta denaro su tutti gli sport e non solo sullo sport. Un contributo all´economia nazionale, che promette di crescere ancora di più grazie al boom delle scommesse su internet.
Cinquant´anni or sono, quando in Inghilterra aprirono le prime agenzie, dovevano avere per legge le vetrine oscurate: nulla poteva attirare il passante verso quel mondo di perdizione. All´interno, sempre in omaggio a delibere della legge, erano così poco ospitali che i giornali le paragonarono a "imprese di pompe funebri". Oggi i tre big delle scommesse del Regno Unito, William Hill, Ladbrokes e Coral, si fanno pubblicità sponsorizzando la maggior parte degli avvenimenti sportivi mondiali e le loro agenzie attirano i passanti con vistosi cartelli in vetrina che reclamizzano puntate per tutti i gusti. Il leader del mercato, William Hill, è quotato al Ftse 100, l´indice delle 100 maggiori aziende alla borsa di Londra. Nuovi arrivati come Bet365, sito di scommesse online fondato neanche dieci anni fa dai figli del proprietario di una squadra di calcio di provincia (lo Stoke City), fa 100 milioni di sterline (120 milioni di euro) di profitti annui. Si può scommettere su 450 partite di calcio di tutto il pianeta, su ippica, tennis, boxe, automobilismo, sul matrimonio di William e Kate, sui premi Oscar o anche se l´inverno prossimo a Londra nevicherà o no. Ma il futuro è il web, con gli "exchange", le borse delle scommesse, in cui chiunque può assumere il ruolo del banco e dove si può puntare mentre una partita è in corso, su chi segna per primo, se sarà parato un rigore, se il tale sarà espulso.
Gli scandali però ci sono anche qui. L´estate scorsa, durante una partitissima di cricket fra Inghilterra e Pakistan a Londra, tre giocatori pachistani sono stati arrestati da Scoltand Yard dopo che un tabloid inglese li ha fatti avvicinare da un finto scommettitore che ha offerto loro 150 mila sterline per fare andare la gara in un determinato modo: come è puntualmente avvenuto. Due anni fa la Gambling Commission ha rivelato 47 casi di partite di calcio sospette, per lo più nelle serie minori, equivalente delle nostre B e C. E le squalifiche dei fantini per avere cercato di far perdere un cavallo sono diventate una costante. Ai giocatori è proibito scommettere sulle partite in cui giocano loro stessi, ma possono scommettere sulle altre. I fantini non possono scommettere mai, ma i proprietari dei cavalli sì (non però sulla sconfitta dei propri cavalli). «Le scommesse truccate sono una minaccia allo sport tanto grande quanto il doping», dice Tim Payton, portavoce della Gambling Commission. La differenza è che l´anti-doping ha un budget di 8 milioni di sterline l´anno e funziona da deterrente. Bisogna spendere altrettanto con un sistema deterrente anti-scommesse truccate, dicono gli esperti, se si vuole mantenere l´integrità dello sport: non solo per i tifosi ma pure per gli scommettitori.