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 2011  giugno 16 Giovedì calendario

«IO, MICHELE E LA GRANDE 7». INTERVISTA A MENTANA

Enrico Mentana gode. Ha iniziato a godere la sera del 6 giugno, quando con aria sorniona ha così aperto il telegiornale de La7: "Bomba sotto al cielo televisivo: divorzio tra Rai e Michele Santoro". Il passo dopo, salvo improbabili sorprese, sarà il trasloco del conduttore di "Annozero" dal litigioso condominio di Rai 2 alla più allegra tv di Telecom. Quella dove, tra gli altri nomi illustri, lo aspettano "a braccia aperte" amici come Enrico (Mentana, appunto) e Gad (ovviamente Lerner): a loro volta ospiti di "Annozero", nel recentissimo passato, e quantomai lesti a benedire l’operazione.
Rimane un dubbio, Mentana: c’è davvero da felicitarsi, per l’addio di Santoro a viale Mazzini, o è una sconfitta per tutti la sua uscita dalla televisione pubblica?
"Ma quale sconfitta, quale privazione... Semplicemente assistiamo al passaggio di un giornalista da un gruppo all’altro. È normale, sono le regole del mercato".
Aldo Grasso, sul "Corriere della Sera", parla di "autolesionismo paradossale" della Rai. Altri invece vedono questa separazione come la logica fine di un’ipocrisia. La sua versione?
"Che effettivamente è un suicidio, per la Rai: ma anche il termine di una situazione insostenibile. Nessuno, in teoria, potrebbe rinunciare a una fonte di ascolti e guadagni come Santoro. Anche se, pensandoci bene, la stessa cosa è successa a me".
Il risultato qual è? Una mossa che rafforza il neo direttore generale Rai, Lorenza Lei, o la dimostrazione della sua fragilità di fronte alla politica?
"Non conosco Lorenza Lei. E aggiungo: raramente le dinamiche Rai interagiscono con la realtà. Per questo non mi appassionano, questi discorsi...".
Molto appassionante, viceversa, è ciò che sta succedendo dalle sue parti. Il ritornello che gira, in questi giorni, è che arriva Santoro a La 7, porta il prime time oltre la soglia del 5 per cento, la pubblicità di conseguenza decolla e la ciliegina sulla torta è un’alleanza con Sky per rafforzare il palinsesto...
"Diciamo che, televisivamente, la situazione è paragonabile a quello che in politica è successo nel 1992-93... Si aprono spazi, si cerca di coprirli virtuosamente, e Santoro è ideale per La 7".
Resta il capitolo Sky, su cui ragionare.
"L’amministratore delegato de La7, Giovanni Stella, dice che serve un socio industriale. Ecco, spero che non venga individuato nel settore dei mass media. Preferirei evitare commistioni che ci vincolino; non vorrei, in altre parole, che qualcuno arrivasse qui e mettesse il cappello su questa storia...".
In attesa di trovare la sponda giusta, dunque, che piano strategico avete?
"Dare una forte connotazione alla rete con l’informazione, l’approfondimento e i talk show. Tutto ciò, ovvio, andrà incrementato con altri innesti in diversi settori".
Tipo?
"Fabio Fazio, per esempio, al quale credo si riferisse Stella nelle sue riflessioni dei giorni scorsi. Insomma: qualcuno per rafforzare la comproprietà che abbiamo con Rai 3 di Maurizio Crozza, e che oggettivamente è un po’ poco...".
Il risultato, a prima vista, è un gruppo di ottimi professionisti, da lei a Santoro, da Lerner a Lilli Gruber, sbilanciati verso il centrosinistra. Non è anche questo, a modo suo, un autogol?
"Diciamo che, in effetti, è un rischio. Io per primo non mi ci trovo, in una tv orientata a senso unico. Ma posso anticipare che non pescheremo solo nel mare rosso della sinistra. Per esempio, prenderemo Filippo Facci, che certamente di sinistra non è".
In sostanza, sta dicendo che La7 è più libera della Rai.
"No, non mi piace questo genere di paragoni".
Possiamo allora dire che La7 è una televisione libera?
"Diciamo che la libertà è quella che uno si prende: non può volerla per forza dall’azienda dove lavora. Se fai quello che ritieni giusto e vieni censurato, te ne vai. Non si può essere liberi, ribadisco, con la firma del notaio".
Lei, per dire, andrebbe oggi a lavorare in Rai?
"Mi è stato chiesto più volte, in passato. Ma in viale Mazzini c’è una stanzialità formale. Nel senso: se non disturbi, nessuno ti disturba. Se invece fai bene il tuo lavoro, rischi il posto tutti i giorni".
Se è per questo, anche i vertici de La7 non sono timidi. L’ad Stella, per esempio, ha dichiarato che Santoro dovrà fare qualcosa di simile ad "Annozero", quando arriverà, anche se lo stesso Santoro ha già detto che è stanco, di questo format...
"Da parte mia, spero che Santoro faccia tutto ciò che desidera. Certo, qui ci aspettiamo un programma che parli di attualità. Questo non vieta che, in parallelo, Michele possa sperimentare, realizzare docufiction... Se c’è una cosa che non manca, a La7, è lo spazio in palinsesto".
Il risultato, nel frattempo, è la voragine che si è aperta a Rai 2. Se n’è andato Santoro, e con lui una montagna di pubblicità, ascolti, contenuti.
"Non c’è dubbio: la Rai adesso dovrà ingegnarsi. Ma attenzione, non è uno psicodramma: semplicemente verrà pescato qualcun altro".
Fosse facile, trovare chi garantisce ogni settimana cinque, sei, sette milioni d’ascolto con programmi alla "Annozero", Santoro non sarebbe tanto prezioso.
"E allora diciamo: non voglio fare l’allenatore della squadra Rai. Mi accontento di fare il giocatore nella mia".
Una curiosità: come mai La7, per tanto tempo, è stata quieta dentro la sua nicchia, senza troppo disturbare gli interessi di Rai e Mediaset, mentre ora è tutta un crepitio di annunci e progetti? È un segnale del progressivo sfarinamento berlusconiano?
"Beh, se così fosse, significherebbe che finora il Terzo polo non è esistito perché chi ha posseduto La7 non ha avuto il coraggio di fare il suo lavoro: sarebbe un’accusa precisa e molto grave. In realtà, io volevo andare a La7 e ci sono andato. Ho dovuto aspettare, certo, ma ci sono andato...".
Senza il cruciale via libera del premier Berlusconi?
"Ho la certezza che non è stato coinvolto. Una settimana prima che firmassi per La7, sapendo che ero in trattativa, Berlusconi mi ha detto: "Vorrei tanto, assolutamente, che lei tornasse a Mediaset"".
Fatto sta che, a questo punto, si aprono nuovi scenari: non solo nella televisione di Telecom, ma in tutto il mondo dell’informazione. Ovunque si parla di rivoluzioni tecnologiche, di conversione della carta stampata in prodotti virtuali, di Web tv... Non è che il caso Santoro, e tutti questi discorsi sul Primo, Secondo o Terzo polo, rischiano di risultare già superati?
"Una cosa, mi ha insegnato l’esperienza: l’evoluzione non implica il superamento dei fondamentali. Io faccio, a La7, un tg come potevo farlo dieci, quindici anni fa. E funziona. Lo stesso avverrà con Santoro. Il resto sarà un progressivo e naturale sviluppo di questi prodotti: che sono classici e genuini. Il che non è poco".