Giovanna Gabrielli, il Fatto Quotidiano 9/6/2011, 9 giugno 2011
IL FATTO DI IERI - 9 GIUGNO 68 D. C.
Tira, ormai da anni, un’aria di decisa riabilitazione della figura di Nerone, tanto che, privato della perversità che lo rese immortale, l’imperatore della Gens Giulio-Claudia, dipinto per secoli come tiranno crudele, rischia di finire appiattito tra i comuni princeps di un’epoca di ordinaria spietatezza, se non addirittura tra i grandi calunniati della storia. Screditata la leggenda nera della follia o della cetra suonata tra i lampi di Roma in fiamme e rivisti i giudizi di parte di Tacito e Svetonio, Nerone è ormai dai più rivalutato come fine amministratore, dotto grecista, nemico della cricca oligarchica, attento al popolo e alle riforme, come quella monetaria e fiscale, in favore della plebe. Nerone solo vittima degli stereotipi denigratori? Un po’ troppo, se si rivà alle accuse di pulizie etniche e a quelle, meno fondate, di eliminazione di parenti, madre compresa, peraltro all’ordine del giorno in tempi di truci congiure di palazzo. Forse solo un imperatore del suo tempo, di certo edonista vizioso in una Roma dissoluta, estremo fino all’ultimo, quando il 9 giugno 68, tradito da un golpe di pretoriani, chiuderà con uno spettacolare suicidio, gettandosi sulla spada del liberto Epafrodito.