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 2011  giugno 09 Giovedì calendario

UN ITALIANO PER BENE. COMUNE

Se questo fosse un Paese che riconosce i meriti, Emilio Molinari sarebbe un parlamentare riconosciuto, un leader politico applaudito, un personaggio televisivo ammirato. Invece è quasi sconosciuto al grande pubblico. Eppure, se oggi molti parlano di acqua come “bene comune”, il merito è in gran parte suo. Ha cominciato a parlarne quando nessuno lo faceva: era il 2000, undici anni fa. Emilio comincia a discutere in Italia del “Manifesto per l’acqua” scritto nel 1998 da un professore dell’Università di Lovanio, Riccardo Petrella, e con altre sei persone fonda il “Comitato italiano per un Contratto mondiale per l’acqua”. I magnifici sette pongono al centro del loro impegno due obiettivi: affermare che l’acqua è un “diritto umano universale” e un “bene comune”. Un lessico che oggi ci è familiare, ma che allora era sconosciuto: non esistevano neppure le espressioni per dirlo. In Italia, è Emilio Molinari, diventato presidente del “Contratto mondiale per l’acqua”, a lavorare su un tema che lentamente comincia a fare presa nell’opinione pubblica. Nascono in varie parti del Paese comitati specifici e si sviluppano lotte contro le privatizzazioni (a Napoli, ad Aprilia, ad Arezzo...). Nel 2006 nasce il Forum italiano dei movimenti per l’acqua, che raccoglie 400 mila firme per una legge d’iniziativa popolare e poi altre 1.400.000 per il referendum abrogativo del 12 e 13 giugno. Oggi le bandiere azzurre per l’acqua pubblica sono diventate un elemento ricorrente del paesaggio politico italiano: dietro a questo risultato ci sono dieci anni di lavoro silenzioso fatto da Emilio Molinari. Viene da lontano, Emilio: negli anni Settanta era dirigente di Avanguardia operaia, poi è stato tra i fondatori di Democrazia proletaria. Consigliere regionale in Lombardia dal 1980 al 1990, parlamentare europeo di Dp tra il 1984 e l’85, senatore dal 1992 al ’94, eletto nelle liste dei Verdi. Sì, perché una volta esaurita l’esperienza di Democrazia proletaria, Emilio ritiene che alla “contrapposizione capitale-lavoro”, come si diceva allora, si debbano unire i temi dell’ambientalismo e l’attenzione per le lotte dei popoli del mondo. Per questo contribuisce a far nascere i Verdi-arcobaleno e poi entra al Senato sotto il simbolo del sole che ride. Da uomo schivo che fa politica per passione ideale, rimane deluso dall’esperienza partitica dei Verdi italiani e dal 1994 decide di dedicarsi unicamente a seguire i movimenti. Già negli anni Ottanta, nella “Milano da bere”, era stato uno dei pochi politici milanesi che avevano denunciato la corruzione e svelato i riti di Tangentopoli, che saranno scoperti dai magistrati solo nel 1992. Poi si è dedicato al movimento per l’acqua. Un caso raro di politico che alle poltrone preferisce la politica, quella vera.