Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  giugno 09 Giovedì calendario

CITTADINI PIÙ RAZIONALI DEL RE

Uno degli errori in cui cadono abitualmente uomini di governo e dei media è quello di pensare che le persone siano dei burattini eterodiretti da passioni e impulsi irrazionali. A parer loro basta trovare la leva giusta e si riesce a manipolare senza difficoltà le opinioni della gente. Questo errore di ipersicurezza e illusione di controllo di "opinion leader" e "policy maker", a prima vista, sembrerebbe trovare riscontro nelle ultime teorie e risultanze empiriche delle scienze cognitive.

La focalizzazione sugli aspetti emozionali e affettivi rispetto a quelli del ragionamento sembra offuscare le capacità di autonomia di pensiero e decisionale dell’individuo. Se la mente è come un iceberg in cui la parte sommersa implicita, tacita, non cosciente e legata all’intuizione ed emozione sopravanza e guida quella emersa, di tipo analitico, esplicito e cosciente, allora messaggi manipolatori di tipo subliminale possono eterodirigere il comportamento individuale. Ad esempio nell’accettazione o meno di una data tecnologia, basta creare dei collegamenti a immagini che stimolino la paura e l’ansia per fare in modo che il soggetto tenda a rifiutarla. O se si accentuano associazioni fra una tecnologia e incidenti catastrofici allora si porterà l’individuo a rifiutarla. Spiace per i manipolatori occulti, ma la mente del l’uomo non è così succube. Come dimostra Gerd Gigerenzer, famoso psicologo di Berlino, l’individuo segue la sua "pancia" (o "gut feeling"), ma questa è molto più razionale di quello che sembra.

Il nuovo volume sulla cultura dell’innovazione della Fondazione Cotec e di Wired sembra confermare questa premessa. Sulla base di un lavoro empirico compiuto dall’Irpps del Cnr si sono riscontrati una serie di interessanti fenomeni che sfatano molti miti sulla volubilità degli italiani. Lo studio ha avuto la fortuna di registrare le risposte prima, durante e dopo il terremoto dell’11 marzo in Giappone. Ciò ha permesso di analizzare la percezione dei rischi e benefici del nucleare in questo periodo drammatico. Ricordiamoci che nei mesi precedenti vari esponenti di primo piano, come affidabilità e credibilità, del mondo politico, ad esempio il presidente Obama, e scientifico ad esempio l’oncologo Veronesi, si erano pronunciati a favore del nucleare. A ciò si somma la mancanza di incidenti rilevanti negli ultimi anni e la necessità impellente dell’Italia di abbassare il costo dell’energia e dipendere meno dal l’estero. Ciononostante dalla ricerca non si è riscontrato un cambiamento significativo della percezione del rischio e dei benefici fra prima e dopo Fukushima. In una scala di 5 punti si è riscontrato un aumento del rischio di 0,40 e una diminuzione dei benefici di 0,50. Quindi la forbice si è allargata molto poco. Non vi è stato in definitiva un fenomeno di negativismo tecnologico generalizzato. Questi dati dimostrano come le opinioni precedenti sul nucleare in generale erano basate su valutazioni e convinzioni ragionate.

Altri due interessanti dati confermano questa immagine meno volubile degli italiani. È noto che uno dei luoghi comuni più in voga nel discutere di beni pubblici tecnologici è l’effetto Nimby (Not in my back yard, cioè non nel mio cortile). Questo è un fenomeno che fa parte della categoria inclusiva del "free rider". Il fenomeno del free rider ha luogo quando, all’interno di un gruppo di individui, si ha un membro che evita di dare il suo contributo al bene comune poiché ritiene che il gruppo possa funzionare ugualmente nonostante la sua astensione. In questo modo evita i costi individuali e approfitta dei benefici collettivi. Si dice da tempo che gli italiani siano famosi per comportamenti pervasivi di "free riding". Dallo studio, invece, emerge un’immagine completamente diversa. Non solo per quanto riguarda le centrali nucleari o lo stoccaggio delle scorie radioattive, ma anche nei confronti degli impianti di termovalorizzazione non vi è differenza significativa fra la scelta di allocazione sul proprio territorio rispetto ad altri lontani dal luogo di residenza. Infine dallo studio emerge, anche qui sfatando un luogo comune, che sono più forti i benefici percepiti (3,50) che i rischi (2,87) nella scelta degli impianti di termovalorizzazione che il 55% del campione sarebbe propenso ad attivare nel proprio comune.

In conclusione, il messaggio che emerge da questo studio di Cotec e Wired è la necessità da parte di media e uomini di governo di convincersi che il cittadino italiano non è facilmente condizionabile con escamotage mediatici di tipo emozionale. Il valore di una cultura tecnologica e dell’innovazione costruita attraverso un’informazione corretta e pluralista che sappia, con metodo socratico, confrontare tesi e opzioni contrapposte, è un bene pubblico irrinunciabile per la crescita del Paese.