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 2011  giugno 09 Giovedì calendario

L’ARABIA NON È PAESE PER DONNE MA DAL 2015 POTRANNO VOTARE

Riad. Scendi dall’aeroporto e facendo appena i primi passi, ti rendi conto per la prima volta che cosa significhi un mondo solo per maschi. Hotel, lussuosissimo, dove non sembra mancare nulla, niente da invidiare ai grandi alberghi occidentali. Sembra tutto perfetto. Passano appena dieci minuti alla reception e qualcuno arriva a ricordarti che sei una donna in Arabia Saudita, invitandoti a indossare un telo nero e dritto (abaya), che ti copre dalla testa ai piedi. Il volto scoperto ancora ancora è permesso, in fondo siamo stranieri. E questo aiuta.

Finalmente in stanza. Pensi finalmente di essere sola e libera. Ma se entri nella toilette un particolare ti ricorda che, sì, sei sola ma sempre nella città degli uomini. Tra gli accessori, per la prima volta, un rasoio e una piccola confezione di schiuma da barba. Niente beauty case for women negli alberghi del business in Arabia.

Esci per strada, ti sembra di essere in una città americana a giudicare dai mall ma ti rendi conto che c’è una differenza fondamentale che conferma come non tutto è esportabile: ogni cosa è divisa tra donne e uomini, niente e tutto, nero e bianco. Nel vero senso della parola. Il caldo che soffoca, e le donne coperte da capo a piedi con un telo nero che struscia per terra per non far intravedere nemmeno i piedi. Ma non basta, neanche il viso può vedersi, e allora giù, un velo integrale che copra tutto il volto. Sembrano fantasmi senza volto, se non fosse per quel corpo ingombrante coperto di nero, nemmeno potremmo farci caso che esistano. Gli uomini? Con abiti lunghi ma bianchi e luminosi, infradito ai piedi, un elegante e un po’ civettuolo velo sul capo incorniciato da un cordoncino nero o oro. Sono sorridenti. Quasi a dire: benvenuti nella nostra Arabia Saudita.

Il timore della primavera araba però qualcosa avrà scosso nel Paese degli uomini per eccellenza. A dimostrarlo è la storica decisione del Consiglio di shura (una sorta di Parlamento con puri poteri consultivi) di Riad, che ha approvato con 81 voti a favore e 37 contrari il progetto di legge relativo al diritto per le donne di votare nelle elezioni municipali. La normativa non entrerà in vigore nelle municipali previste per il 29 settembre ma in quelle successive, del 2015. In realtà perché divenga legge manca ancora comunque la firma di re Abdullah, ma si tratta - spiegano gli osservatori - di un passo molto importante, se si tiene conto che persino il suffragio maschile è stato introdotto in Arabia Saudita solo nel 2005.

Il Paese, monarchia assoluta dove non ci sono istituzioni completamente elettive, le donne non hanno diritto di voto, ma nemmeno gli uomini ne hanno una piena titolarità. Le municipali sono le uniche consultazioni ammesse e quelle del 2005 sono state l’unico scrutinio organizzato nella storia del regno: gli uomini avevano votato per eleggere la metà dei 178 consigli municipali, mentre l’altra metà era stata nominata dall’establishment. Così funziona.

Tuttavia è la questione donna che davvero imbarazza. E si cerca dunque di calmare gli animi, proprio perché sono loro, le donne, che sfidano non più timidamente le regole del Regno, manifestando a Gedda, a Riad e in molte altre province orientali. Portando in prima linea la loro condizione di "minorità".

Cosa significa minorità? A mo’ d’esempio: se sei una donna in Arabia Saudita, non puoi fare nulla senza il permesso di un tutore maschio. Non puoi lavorare, viaggiare o persino recarti da un medico. Così come non puoi nemmeno guidare. Ed è proprio sulla possibilità di guidare per le donne che il dibattito da anni è acceso e non sembra volersi spegnere.

Per il 17 giugno è prevista la giornata della disobbedienza civile, dove s’invitano le saudite a mettersi al volante sfidando la legge. Tutti segnali. Possono sembrare passi di una formica. Ma nella protettissima e intoccabile Arabia Saudita sono passi importanti.