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 2011  giugno 09 Giovedì calendario

«Meno liberi se ci compra De Benedetti» - «La7 cambierebbe sia con Rcs sia con De Benedetti, soprat­tutto con De Benedetti»

«Meno liberi se ci compra De Benedetti» - «La7 cambierebbe sia con Rcs sia con De Benedetti, soprat­tutto con De Benedetti». Quella di Enrico Mentana è l’opinione di un giornalista geloso della condizione privilegiata in cui la­vora. Ma è l’opinione del mi­glior direttore di tg in circolazio­ne, da un anno al timone di quel­lo di La7, rivelatosi decisivo per riaccendere tutta la rete. Diffici­le che i­dirigenti di Telecom e Te­lecom Italia Media agiscano pre­scindendo dal pensiero dell’ar­te­fice della rinascita che è sul te­lecomando di tutti. La7 è in ven­dita, ha detto nei giorni scorsi l’ad di TiMedia Giovanni Stella, auspicando l’ingresso di un so­cio al 40 per cento. E siccome, tra pochi giorni la corte d’Appel­lo di Milano si pronuncerà sul Lodo Mondadori, magari obbli­gando Mediaset a versare a De Benedetti qualcosa come 500 milioni,ecco che si è pensato al­­l’Ingegnere come nuovo socio. Ma, analizzando i soggetti della proprietà Telecom- Banca Inte­sa, Mediobanca e Generali ovve­ro gli stessi del patto di sindaca­to del gruppo Rcs- pare almeno incongruo che gli editori del Cor­riere della Sera facciano ponti d’oro perché il patron di Repub­blica venga a La7. Ora le parole di Mentana non saranno un se­maforo rosso in piena regola, ma almeno arancione sì. In sostanza, Mentana, lei di­ce: stiamo bene con Tele­com... «Stiamo bene con un editore forte, politicamente incolore. Un editore potente e silente. Co­me tutti sanno Telecom è un’azienda che ha nel suo nu­cleo proprietario le principali banche e assicurazioni del Pae­se. Questo ci garantisce una li­bertà invidiabile. Non la libertà della cooperativa, bensì quella di un’azienda con grande liqui­dità. Se venissero Murdoch, De Benedetti o un prestanome di Berlusconi non sarebbe più co­sì ». Più probabile il secondo che il terzo, vista la televisio­ne che fate. «Bernabè e Stella non mi han­no mai detto cosa fare. Il vantag­gio è che, in televisione, la liber­tà si vede subito. Sono un esti­matore di Berlusconi editore, per il quale ho lavorato diciasset­te anni, e di De Benedetti edito­re. Tuttavia,credo che ora l’inte­resse di La7 stia nella sua terzie­tà. Non tanto politica, quanto ri­spetto ai giochi di potere». Una terzietà antiCav. «Terzietà non significa schie­rarsi con il terzo polo di Fini e Ca­sini. O scegliere una linea mode­rata. Significa avere la forza di re­alizzare un prodotto libero per i telespettatori. Magari prenden­d­o anche giornalisti come Filip­po Facci e Gianluigi Nuzzi». E Buttafuoco? «Sono stato personalmente coinvolto nei pourparler tra Pie­trangelo e La7. E non riesco a ca­pire perché non sia già qui. E non per questioni di bilancino politico. Perché semmai, per chi lo conosce, Pietrangelo è un irregolare, un talento vero co­me ce ne sono pochi. E quasi tut­ti non fanno tv». Finora a La7 prevale l’oppo­sizione faziosa. E con Santo­ro stravincerebbe. «La faziosità di Gad Lerner si vede a occhio nudo, non c’è il tentativo di abbindolare qualcu­no. Se, come spero, Santoro ver­rà- come insegna il Trap, mai di­re gatto se non l’hai nel sacco ­farà quello che vorrà in un’emit­tente che lo permette a tutti. In un’economia di mercato come la nostra, la garanzia della liber­tà è il successo. Se hai successo sei anche percepibilmente libe­ro. È il classico circolo virtuoso». Per sintetizzare i movimen­ti d­i questi giorni e il suo lin­guaggio del corpo, braccia spalancate per Santoro e braccia incrociate per De Benedetti? «Non incrocio le braccia da­vanti a nessuno. Ho lavorato a lungo in Mediaset, poi sono sta­to fermo un anno e mezzo, ora sono qui da un anno. Sono tutte esperienze che mi consigliano di non fare lo schizzinoso davan­ti a nessun editore. Dico solo che ora siamo in una condizio­ne ideale». In sostanza, lei vuole preser­vare questo equilibrio. «Sia io che il suo direttore sap­piamo che cos’è un editore in­gombrante. Appena Sallusti scrive qualcosa di forte si parla di macchina del fango. Io, che non credo alle macchine tanto che non ho nemmeno la paten­­te, ho lavorato sia nella tv di Ber­lu­sconi sia ora in una tv conside­rata antiberlusconiana. Ma so­no sempre lo stesso. E sono con­tento di non farmi etichettare. Se il socio forte diventasse Ta­rak Ben Hammar si parlerebbe di berlusconizzazione di La7. Se diventasse De Benedetti, di pi­dizzazione... ». Se fosse la Rizzoli il rischio sarebbe minore? «Non credo che gli editori di giornali siano i più attrezzati per diventare editori televisivi. La Mondadori ha ben presente l’esperienza fallimentare della prima Rete4 e la Rizzoli non ha dimenticato il tentativo di Pin -Primarete Indipendente. Cono­sco e stimo De Benedetti e non credo voglia prendere La7. Pos­sedendo già ReteA, sa quanto costa un’emittente e quali sono i rischi». Però con i nuovi probabilis­simi innesti di professioni­sti di qualità... «Per come conosco l’Ingegne­re credo che della televisione pensi: meglio vederla che finan­ziarla. Lo stesso, secondo me, pensano i soci di Rcs. Per entra­re in La7 al 40 per cento servono 60 milioni. E a quel punto si de­ve cominciare a investire di nuo­vo perché lo schermo è vuoto. Dopo gli anni terribili che abbia­mo vissuto e stiamo ancora vi­vendo, non so quali editori ab­biano la forza per lanciarsi in un’impresa che richiede uno sforzo notevole anche per una delle principali aziende del Pae­se ».