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 2011  giugno 09 Giovedì calendario

SCOMMESSE, AFFARE DI STATO

È un pozzo senza fondo, il mondo delle scommesse, dove si vanno ad abbeverare tutti. La «deregulation» di questo settore, per dirla con un esperto del mondo del vizio, ha trovato tutti d’accordo: monopoli di Stato, criminalità organizzata, giocatori incalliti, investitori di professione.
Povero illuso, il presidente della Lazio, Claudio Lotito, quando suggerisce che per stroncare le patologie legate alla «deregulation» - scommesse anomale e partite taroccate - bisognerebbe tornare ai vecchi tempi, quando si giocavano soltanto le schedine delle partite domenicali.
Le cifre investite in questo settore sono ormai da capogiro. Prendiamo i Monopoli di Stato. Il volume complessivo degli affari (ufficiali), cioè quanto si investe nelle scommesse sportive, è pari a 60 miliardi di euro all’anno. Di questa Finanziaria permanente, la quota che trattiene lo Stato - l’aggio attraverso i Monopoli è pari a 4 miliardi di euro. Una cifra che si è moltiplicata esponenzialmente negli ultimi anni, se fino a ieri si fermava ad appena 800 milioni di euro.
Quanto è cambiato questo mondo. L’Italia del gioco, della scommessa, fino a non molto tempo fa si divideva grosso modo in due settori: il calcio e i cavalli. Chi non ha visto al cinema o in televisione «Febbre da cavallo»? Un film che raccontava un mondo reale con leggerezza. Che tristezza apprendere oggi che le agenzie di scommesse nell’ippica sono un settore cotto, con svendite delle attività, perché ormai nessuno scommette più sulle corse dei cavalli.
Oggi i settori che tirano sono il calcio, il tennis, il basket, il volley. È il tempo della globalizzazione anche in questo settore. E le sorprese non mancano. Il profitto non ha barriere né confini, viaggia via Internet, nella Rete delle reti per eccellenza. E in questo mondo i fatturati e i profitti si moltiplicano all’infinito perché coinvolgono tanti Paesi, uniti dal sistema delle giocate multinazionali.
È questo che ci racconta l’inchiesta napoletana su camorra e totoscommesse. Quando il giocatore del Sorrento Cristian Biancone racconta al telefono di aver appreso mezz’ora prima l’esito della partita che si giocava in Germania tra il Bochum e l’Energie Cottbus (3 a 2), svela appunto quanto sia globalizzato questo mondo. Biancone parla con chi per conto del clan D’Alessandro si occupava delle toto-scommesse e delle partite da taroccare. Biancone: «Non hai capito, aspetta! Aspetta! Hanno giocato... i primi venti minuti che iniziasse la partita, hanno scaricato un milione due e ottanta (1.280.000,00 euro)! E mica è finita qua! Hanno fatto poi, durante il corso della partita, in live, quello è andato subito in vantaggio l’Energie Cottbus... Come andava in vantaggio la squadra di casa, in live, scaricavano ancora trenta, quarantamila! Sull’uno! Hanno fatto un capolavoro!». Commenta il suo interlocutore: «Lo hanno fatto in Germania perché qua non ci sta il live (per le partite estere, ndr)». Biancone: «Va bè! Quella è roba di albanesi! No no, te le fanno in live, però te le fanno... devi stare sui... devi avere i conti cioè sui siti particolari, capito?».
Francamente per capire c’è bisogno di frequentare questo mondo. I magistrati che si occupano delle inchieste napoletane su camorra e totoscommesse, sulle partite taroccate, spiegano che questa intercettazione racconta meglio di tanti discorsi quanto sia cambiato il mondo delle scommesse dai tempi in cui si giocavano solo le schedine del totocalcio per l’estrazione domenicale.
Oggi si gioca utilizzando tre strade: le agenzie concessionarie delle scommesse, la «banca» camorra o organizzazione criminale, Internet. Tre strade, che non necessariamente viaggiano in parallelo senza incrociarsi mai. Anzi. La tesi che vogliono verificare gli inquirenti napoletani è esattamente questa. Sulle piattaforme estere del Web operano soggetti che non hanno le concessioni ed è qui che, per esempio, si incanala il denaro dei clan da riciclare. Una sorta di lavanderia telematica.
Poi c’è un terzo canale, ed è quello in cui gli operatori italiani raccolgono le scommesse clandestine. E questi operatori si appoggiano ai gestori compiacenti delle stesse agenzie concessionarie. In questo caso siamo di fronte alla camorra che «banca» se stessa. Che si fa banca.