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 2011  giugno 09 Giovedì calendario

LA CHIESA ANGLICANA CATTOLICAMA RIFORMATA

Riferendosi alla Gran Bretagna, lei parla di un Paese «anglicano e protestante» . Vuole spiegarci qual è la differenza fra i due aggettivi?
Franca Solico, Bergamo
Cara Signora, quando Enrico VIII ruppe gli antichi vincoli dell’Inghilterra con il Papato, il suo gesto non fu eretico, ma scismatico. Voleva che il pontefice romano lo autorizzasse a divorziare da Caterina d’Aragona, si era scontrato con un fermo diniego e aveva reagito rabbiosamente proclamandosi capo della Chiesa inglese. L’Atto di supremazia fu emanato nel 1534. Sedici anni prima, nel 1518, Enrico aveva cominciato a scrivere una dotta «Difesa dei sette sacramenti» in cui aveva attaccato Martin Lutero e le 95 tesi che il frate tedesco aveva appena affisso sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg. I suoi successori, sino a Elisabetta II, possono proclamarsi «difensori della fede» perché questo è il titolo che fu conferito dal Papa a Enrico in segno di gratitudine. Agli inizi, quindi, la Chiesa anglicana è soltanto una Chiesa separata, e i peccati del suo capo sono l’orgoglio e la disobbedienza, non l’eresia. L’influenza della teologia protestante comincia più tardi, durante il breve regno di Edoardo VI, figlio di Enrico, e apre le porte dell’Inghilterra ai predicatori delle nuove sette che stavano nascendo in Europa sul terreno preparato dalla Riforma. Ma l’avvento al trono di Maria, figlia di Enrico e Caterina, segna il ritorno a un cattolicesimo austero, arcigno e spietatamente crudele con i suoi oppositori. Il regno durò soltanto cinque anni, dal 1553 al 1558, e la morte di Maria fu salutata con un sospiro di sollievo non soltanto dai protestanti ma anche da quella parte della Chiesa anglicana per cui la separazione da Roma aveva un valore nazionale e politico. Dell’erede (Elisabetta, figlia di Anna Bolena) tutti sapevano che era cresciuta, come il fratellastro Edoardo, in un ambiente protestante e speravano che ne avrebbe seguito la linea. Così accadde infatti, ma con una certa lentezza. Nei primi tempi, mentre stava consolidando il suo potere, la regina preferì evitare lo scontro con Roma e la scomunica da cui sarebbe stata inevitabilmente colpita. Una sua biografa, Carolly Erickson, scrive che andava a messa ogni mattina e aveva dato ordine di non modificare le liturgie cattoliche restaurate da Maria. Il cambiamento giunse più tardi, gradualmente, e fu il risultato di calcoli politici oltre che di preferenze religiose. Insidiata da una rivolta cattolica nelle province settentrionali, dalle ambizioni di Maria Stuarda e dalle continue interferenze francesi nella politica inglese, Elisabetta proseguì sempre più ostentatamente l’opera di Edoardo. Aveva capito che l’anglicanesimo sarebbe stato il cemento spirituale dell’orgogliosa sovranità inglese e avrebbe rafforzato il suo regno. Anche nella seconda metà del regno di Elisabetta, l’anglicanesimo, tuttavia, fu sempre, soprattutto nelle fasce più alte della società inglese, molto più cattolico che protestante; e i veri protestanti, dal canto loro, furono sino alla fine del Seicento oppositori e talvolta nemici della Chiesa d’Inghilterra. Questa è la ragione per cui la Chiesa anglicana ama definirsi «cattolica e riformata» . E spiega forse perché l’attuale arcivescovo di Canterbury, primate d’Inghilterra, abbia dato la sensazione di non dissentire apertamente dalla politica con cui la Chiesa romana cerca di «riportare all’ovile» i ministri anglicani che non sono d’accordo, ad esempio, con il sacerdozio femminile.
Sergio Romano