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 2011  giugno 09 Giovedì calendario

IMPRENDITRICE E SOTTOSEGRETARIO. IL CONFLITTO D’INTERESSI DELLA POLIDORI —

Diligente come al solito, l’onorevole Catia Polidori non ha voluto mancare all’ultima assemblea. «Collegata in audioconferenza» , precisa il verbale. La mattina del 15 aprile erano tutti convocati per l’approvazione dei conti 2010. Un bilancio archiviato con una perdita di un milione 208 mila euro per colpa della crisi economica che ha eroso il fatturato. Ma senza intaccare il primato, inarrivabile, che detiene la Sirci Gresintex, leader in Italia nella produzione di tubi di plastica per l’acqua, dalle condotte idriche alle fognature. Un business che vale, per il gruppo, 70 milioni di euro l’anno. L’azionista? Nientemeno che la famiglia Colaiacovo, i re del cemento. I quali ospitano nel consiglio di amministrazione una parlamentare dell’attuale maggioranza di governo. Nonché sottosegretario allo Sviluppo economico di freschissima nomina. E scusate se è poco. Ma torniamo a quel 15 aprile. È un venerdì e al Consiglio dei ministri potrebbe anche essere il giorno buono. I Responsabili, ovvero quei parlamentari arrivati il 14 dicembre 2010 in soccorso di Silvio Berlusconi alle prese con un insidiosissimo voto di fiducia, hanno preteso una slavina di poltrone. Però fino a quel momento è stato soddisfatto soltanto Francesco Saverio Romano, nominato all’Agricoltura. E l’intoppo continua: pure il 15 aprile passa invano. Così gli altri, per la ricompensa, dovranno aspettare fino al 5 maggio. Nella lista dei sottosegretari c’è anche lei, Catia Polidori, deputato dal 2008 con il Pdl, poi passata al Fli, quindi ai Responsabili. Cognome noto, negli ambienti vicini al premier: suo cugino Francesco, inossidabile berlusconiano, è il famoso Mister Cepu che un anno fa si era proposto per gestire con la propria rete il recupero di consensi al premier. C’è da dire che Catia ha sempre badato bene a non farsi omologare al cugino. Nel suo curriculum, lungo come una Quaresima, non compare mai la parola Cepu. Per non dire della fede politica. Il 3 dicembre 2010 manda una lettera al Corriere precisando di essere stata «eletta in quota An nel 2008» e di essere «da sempre al fianco del presidente Gianfranco Fini» : da ciò il suo ingresso «nel luglio 2010 in Fli, coerente con la storia politica della mia famiglia e leale al leader che mi ha voluto in Parlamento» . Una decina di giorni dopo, il voltafaccia con il voto di fiducia a Berlusconi che lascia basiti i suoi ex colleghi di partito. Lei non si scompone: «Rimango coerente con me stessa per aver dichiarato dal 29 luglio in poi che non avrei mai votato contro il governo. Per ulteriore coerenza, lascerò il gruppo di Futuro e libertà» . E generosamente si rende disponibile per un posto al governo. Nell’attesa non rimane con le mani in mano. L’ 8 marzo 2011, dall’alto di una esperienza pluriennale nel settore, presenta una proposta di legge per affrontare uno dei nostri problemi più annosi e di straordinaria attualità, grazie all’incombente referendum sull’acqua: il disastro della rete idrica italiana. La relazione documenta che «il tasso di perdita degli acquedotti è del 40%, contro il 10%della Germania e il 15%della Gran Bretagna» . Argomenta che «circa il 50%degli attuali acquedotti, pari a oltre 125 mila chilometri, e oltre il 30%delle attuali fognature, pari a 46 mila chilometri, dovranno essere sostituiti entro i prossimi venti anni» (con grande sollievo, immaginiamo, per le industrie che se ne dovranno occupare: tipo Sirci Gresintex, per esempio). Conclude quindi chiedendo per la legge «un iter accelerato» . Ma che cosa prevede la proposta? Semplicemente che lo Stato si faccia carico di un grande piano per l’ammodernamento della rete idrica nazionale, definito da uno speciale comitato. Ne dovrebbero far parte i governatori regionali e alcuni ministri: Infrastrutture, Agricoltura, Ambiente, Rapporti con le Regioni e, dulcis in fundo, Sviluppo economico. Ministero, quest’ultimo, del quale Catia Polidori è ora per coincidenza sottosegretario. Il che la mette ora in una situazione particolare. Perché l’attuale blandissima legge sul conflitto d’interessi dice comunque che ministri e sottosegretari non possono occuparsi d’altro. Sulla carta, dunque, l’incarico di sottosegretario allo Sviluppo economico è assolutamente incompatibile con quello di consigliere in una società privata leader nel mercato delle condotte idriche. Ma c’è un precedente: quello di un sottosegretario, il leghista Francesco Belsito, che è al tempo stesso vicepresidente della Fincantieri. Per aggirare il conflitto ha concluso che non fosse necessario dimettersi, ma soltanto «autosospendersi» . È più semplice. D’altra parte, è o non è Belsito sottosegretario alla Semplificazione?
Sergio Rizzo