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 2011  giugno 08 Mercoledì calendario

IL RISVEGLIO DEL NORD-EST NON È SOLO NEI NUMERI. ORA C´È MENO DISOCCUPAZIONE E CASSA INTEGRAZIONE. COSÌ SI SPIEGA LA "PRIMAVERA VENETA"

L´incubo? «I primi tre mesi del 2009. Quando in ufficio passavano giornate intere senza che squillassero né il telefono né il fax». Il sogno? «Oggi è la realtà. Quella che vede qui davanti»: una gigantesca puleggia che muove centocinquanta lame di acciaio lunghe sei metri. Pronte ad affondare i denti su un monoblocco di granito da 30 tonnellate per affettarlo - con l´aiuto di una pioggia d´acqua e granella d´acciaio - in sottilissime lastre pronte per il mercato. «Tutte già vendute!», dice orgoglioso Leonello Zenatelli, presidente del consorzio dei marmisti veronesi di Volargne. Alla fiera del Nord-Est, all´improvviso, gli affari hanno ripreso a tirare. «È stata dura ma ce l´abbiamo fatta - racconta l´imprenditore valpolicellese, sotto una gru stretta tra l´Adige e le prime pendici dei Lessini -. Io e i miei colleghi abbiamo dovuto mandar giù l´onta della cassa integrazione. Qualcuno ha chiuso. Ma ora è finito tutto».
«Ora è finito tutto e siamo tornati a fare quello che abbiamo nel Dna: gli straordinari», continua l´imprenditore del marmo. I numeri confermano. Due anni fa quest´angolo del Belpaese sembrava in ginocchio («il nostro giro d´affari è calato dalla sera alla mattina del 20-30%», ricorda Zenatelli). Oggi è la locomotiva d´Italia. Il Pil della Nord-Est Spa è cresciuto nel 2010 del 2,1%. Più dell´Europa (1,7%) e quasi il doppio del resto della penisola. Il segreto? «Qui si lavora 36 ore su 24», scherza Andrea Tomat, numero uno di Confindustria Veneto. Girano a pieno ritmo le sofisticate macchine a controllo numerico della Zenatelli Marmi, sfornando piani doccia in granito del Sudafrica e piastrelle lucide e bianchissime da spedire in Turchia. È ripartita l´occhialeria del bellunese, faticano a tener dietro agli ordini i calzaturieri del Brenta. L´industria ha mandato in archivio gli ultimi dodici mesi con un clamoroso + 3,9%, cifre da far invidia ai "vicini" tedeschi.
Certo, il mini-boom del 2010 non ha ancora cancellato le ferite della crisi: «Abbiamo perso 50mila occupati in tre anni, 2mila solo da gennaio», snocciola Emilio Viafora, segretario generale della Cgil regionale. La disoccupazione è salita al 6%, «un´enormità per un´area dove fino a poco tempo fa si faticavano a trovare lavoratori», dice Daniele Marini, direttore della Fondazione Nord-est.
La metamorfosi però ha dato i suoi risultati. «Abbiamo saputo cambiar pelle tutti assieme. Fondendo le imprese, facendo squadra, adattando prodotti e modelli industriali», garantisce Tomat. La vocazione all´export dell´area (il 52,9% delle aziende sopra i 10 dipendenti ha rapporti diretti con l´estero, un record in Italia) ha fatto il resto: «Appena l´economia mondiale è ripartita, Veneto, Friuli e Trentino Alto-Adige hanno allungato il passo» certifica Zeno Rotondi, responsabile ufficio studi di Unicredit e autore di un periodico studio sulle economie dei territori ricolori.
La Nord-Est spa, in effetti, è traghettata direttamente dal dialetto all´inglese: «Welcome to Green Box, please dial one...» risponde il centralino dell´omonima ditta di Piove di Sacco, specializzata in macchine di controllo termodinamico vendute in 30 Paesi in giro per il mondo. E testimonial perfetto dell´Odissea (dalle stelle alle stalle e ritorno) dell´industria locale. «Nel 2008 fatturavamo 11 milioni con il 75% delle vendite all´estero e 55 dipendenti», ricorda senza troppa nostalgia il presidente e fondatore Franco Spiandorello. Poi, questione di poche settimane a cavallo tra settembre e ottobre di quell´anno, è scoppiata la tempesta perfetta: «Ordini fermi, pagamenti sospesi, fornitori che non ritiravano la merce». Morale: il giro d´affari della Green Box è crollato nel 2009 a 7,5 milioni. «Il momento più brutto in 20 anni di lavoro», dice Spiandorello.
Che fare? Lui non s´è perso d´animo. E ha reagito, per così dire, alla veneta. «Ho chiamato i dipendenti e ho garantito che per un anno non avrei licenziato nessuno». Non solo. Ha ipotecato il suo capannone bianco («valeva 4 milioni, la banca me ne ha dati due!») e ha aperto una nuova sede commerciale negli Usa. Oggi siamo al lieto fine: «Nel 2010 abbiamo fatturato 14 milioni e non solo non ho licenziato nessuno, ma i dipendenti sono diventati 70».
Le tensioni stile Mirafiori e lo scontro capitale-lavoro, del resto, sono quasi tabù in una regione dove il 58% dei padroni d´azienda sono ex operai. «Imprese, lavoratori e società civile qui lavorano assieme a 360 gradi», assicura Tomat. Certo le assunzioni a Piove di Sacco sono (purtroppo) un´eccezione. «Una piccola azienda con 10 persone ci pensa molte volte prima di assumerne una in più», spiega Zenatelli. Specie in una congiuntura dove il 30% dell´industria lavora ancora con ordini che non vanno oltre il mese d´orizzonte. E a fare boom per il momento sono solo i contratti atipici, lamenta Viafora. Il Veneto vanta i non ambitissimi record nazionali d´utilizzo dei voucher lavoro (oltre 2,3 milioni) e dei contratti interinali saliti del 60% nel 2010 con un boom specie tra gli ultra-quarantenni. «I contratti di molte donne sono stati convertiti dal tempo pieno al part time», salito non a caso del 13%, calcola il numero uno della Cgil di Venezia.
«Ma il vantaggio del Nord-Est è che qui il sistema è in grado davvero di fare rete», spiega Marini. Le realtà tra i 50 e i 150 dipendenti hanno in media 274 sub-fornitori, dicono le ricerche della Fondazione, molto di più dei 240 del Nord-Ovest. Una ragnatela che in questi due anni di crisi ha fatto da paracadute ai fallimenti. «Abbiamo imparato a essere meno individualisti - conferma Zenatelli, camminando tra i giganteschi blocchi di pietra in arrivo da tutto il mondo -. Certo noi marmisti del Valpolicella rimaniamo concorrenti dei cugini della Val di Pan, qualche decina di chilometri da qui. Ma le nostre due associazioni hanno imparato a muoversi assieme per negoziare finanziamenti e incentivi. Da soli non ci ascoltava nessuno. In due è tutta un´altra cosa». La Came (cancelli elettrici) è andata incontro ai guai dei suoi piccoli fornitori finanziando l´acquisto delle loro macchine, salvandoli e fidelizzandoli in vista di una ripresa che poi in effetti è arrivata.
La drammatica crisi prima e il rimbalzo poi del Nord-Est rischiano di diventare - non sarebbe la prima volta - l´ennesimo laboratorio di innovazione sul fronte delle relazioni industriali. In grado magari di contagiare il resto del Paese. «Il dialogo sociale c´è - conferma Marini -. La Confindustria di Treviso ha firmato un patto per lo sviluppo con Cgil, Cisl e Uil». Flessibilità e produttività sono problemi che si affrontano fabbrica per fabbrica senza strappi, con la stessa Cgil protagonista.
«Sì, è vero. I problemi non mancano ma c´è un metodo comune nell´affrontarli - ammette Viafora -. Il vero problema adesso è che al Paese manca una politica industriale seria, in grado di sbloccare ad esempio la crisi dei grandi gruppi della zona, come Vinyls e Fincantieri. Hanno ragione gli industriali di Treviso a marciare chiedendo più attenzione al governo sui problemi reali del Paese». La Confindustria è d´accordo: «Il 2011 è partito a ritmo un po´ più lento dello scorso anno - dice Tomat -. Dobbiamo lavorare per consolidare la ripresa e, in attesa di una ripresa dell´occupazione, la priorità ora è tenere attivi gli ammortizzatori sociali e garantire, attraverso i Confidi, la liquidità alle aziende». Imprenditori e sindacalisti rossi a braccetto. Un altro piccolo grande miracolo della Nord-Est Spa ritornato (in tutti i sensi) locomotiva d´Italia.