Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  giugno 08 Mercoledì calendario

Hiroshima, Ground Zero 1945 - Fu il presidente Harry Truman a decidere che queste immagini - in mostra fino al 28 agosto al Centro internazionale della fotografia di New York sotto il titolo «Hiroshima - Ground Zero 1945» - non si dovevano vedere: non voleva sussulti di coscienza nell’opinione pubblica, inevitabili se fossero stati resi noti gli effetti della bomba atomica

Hiroshima, Ground Zero 1945 - Fu il presidente Harry Truman a decidere che queste immagini - in mostra fino al 28 agosto al Centro internazionale della fotografia di New York sotto il titolo «Hiroshima - Ground Zero 1945» - non si dovevano vedere: non voleva sussulti di coscienza nell’opinione pubblica, inevitabili se fossero stati resi noti gli effetti della bomba atomica. Due mesi dopo l’esplosione, però, l’amministrazione Usa mandò a Hiroshima un gruppo di ingegneri e di architetti con il compito di analizzare i danni. In sei settimane di lavoro furono fotografati i resti di 135 edifici e 52 ponti, macchinari e strutture varie, calcolando il rapporto tra la distanza dall’epicentro della bomba e i danneggiamenti. Il rapporto finale era contenuto in tre volumi con 800 immagini. Rimase top secret per 25 anni, ma divenne la Bibbia dell’urbanistica americana, che molto si giovò della lezione giapponese. Una volta tolto il segreto, le fotografie finirono nel garage di uno degli ingegneri coinvolti nel progetto. Ma la casa andò a fuoco, e le foto finirono in gran parte distrutte, tranne una piccola parte buttata poi via. Se ne persero le tracce finché un ristoratore di Watertown, una cittadina del Massachusetts, nel 2006 ne trovò fortunosamente una sessantina e ne fece una piccola mostra. Poi le donò al Centro fotografico di New York.