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 2011  giugno 07 Martedì calendario

SEARLE: "COME L´IMMAGINAZIONE COSTRUISCE IL MONDO"

Il mondo intorno a noi è pieno di oggetti fisici, come tavoli e sedie. Ma è pieno anche di promesse, debiti, denaro e matrimoni. Sono oggetti sociali. Da una parte, la loro esistenza sembra essere più tenue di quella degli oggetti fisici, perché, per esempio, non si inciampa in un matrimonio se non metaforicamente. Ma dall´altra possono rivelarsi anche più drammaticamente solidi degli oggetti fisici, perché non possiamo più rimangiarci una promessa, una volta che l´abbiamo fatta, a meno di passare per bugiardi: è diventata anch´essa un pezzo di mondo esterno, proprio come gli alberi e le case. Ecco il campo della "ontologia sociale", una disciplina filosofica nata all´inizio del Novecento e rilanciata da una quindicina d´anni nel dibattito internazionale da uno dei maggiori filosofi contemporanei, John Searle, della Università di Berkeley. La posta in gioco, resa drammaticamente attuale dall´incrocio tra economia, media e politica nel mondo contemporaneo, è capire quanto solida sia la realtà sociale, e in particolare quanto la sfera della "documentalità", delle iscrizioni che popolano la nostra vita e riempiono le nostre tasche, i nostri portafogli e i nostri telefonini, possa costituire un baluardo contro la riduzione postmoderna del mondo a favola.
Diversamente dagli uragani, che sono oggetti fisici, le crisi economiche, che sono oggetti sociali, esistono solo perché ci sono uomini che credono che esistano. Ora, nel tuo ultimo libro, Costruire il mondo sociale (Cortina 2010) scrivi che "la recente crisi economica dimostra come il denaro e altri strumenti della realtà sociale sono il risultato di una massiccia immaginazione". Non è un po´ eccessivo?
«Non voglio dire che i soldi sono come le favole, ma che in economia, se riesci a fare in modo che la gente creda in una situazione, questo avrà un effetto sul suo comportamento. Proprio per questo gli Stati Uniti hanno adottato recentemente una politica economica concepita proprio per fare in modo che la gente creda qualcosa in cui altrimenti non avrebbe creduto. Il punto è che bisogna comunque dare delle solide prove del fatto che l´economia sta migliorando, in modo da sollecitarne l´immaginazione e portarla a pensare che in futuro le cose miglioreranno. In questo modo – per usare il gergo degli economisti – riesci ad alzare il livello di fiducia dei consumatori, e questo è il primo passo della ripresa economica».
Ma, appunto, bisogna dare solide prove, altrimenti siamo al postmodernismo, alla idea secondo cui tutta la realtà – compresi i tavoli, le montagne e le malattie – è socialmente costruita, grazie all´azione della persuasione, dei media e del potere politico ed economico.
«La posizione dei postmoderni è davvero troppo idiota per essere commentata. Non c´è dubbio che ci sia una realtà fisica bruta. Il problema dell´ontologia sociale, appunto, è come creiamo una realtà sociale e istituzionale a partire da quella fisica».
In questo senso, l´idiozia – o, per essere più garbati, la fallacia – postmoderna non riguarda solo i filosofi, ma anche certi politici. Penso al consigliere di Bush Carl Rowe che nel 2002, prima della guerra irachena, disse al giornalista Ron Suskind "Noi siamo ormai un impero, e quando agiamo creiamo una nostra realtà. Una realtà che voi osservatori studiate, e sulla quale poi ne creiamo altre che voi studierete ancora". Ma nella tua versione, non basta che ci sia un dottor Stranamore o un Grande Comunicatore che decide che le cose stanno in un certo modo.
«Certo, e il denaro è l´esempio più ovvio: la carta moneta non può funzionare come denaro, a meno che non sia collettivamente accettata, a meno che non ci sia un riconoscimento collettivo della sua funzione. Dunque, la cooperazione umana è il primo passo, anche se non l´unico, nella creazione di un´ontologia sociale».
Sì, certo non l´unico. Perché se dovessimo limitarci alla cooperazione non spiegheremmo altri elementi centrali della storia e della società come il conflitto, lo sfruttamento, la volontà di potenza, la dialettica tra signore e servo e la polarità tra amico e nemico, e ridurremmo la costruzione della realtà sociale a un barbecue tra amici. Da questo punto di vista, è interessante il fatto che per dare consistenza pubblica alle loro intenzioni gli uomini abbiano inventato quell´ingrediente essenziale che sono i documenti. Pezzi di carta, files di computer, o anche solo iscrizioni nella testa delle persone, che fanno sì che, per esempio, una nostra promessa continui a valere anche se abbiamo cambiato idea. Ed è per questo che gli archivi e i documenti sono così cruciali nel mondo sociale.
«Certo, ma come spieghi che nelle società senza scrittura ci siano capi, proprietà privata e matrimoni, pur non avendo documenti scritti che li certifichino? Il documento è qualcosa di aggiuntivo rispetto allo status che gli sta a fondamento».
Si potrebbe dimostrare facilmente che riti, tatuaggi e altri accorgimenti fungono da documenti: una danza prende il posto di un timbro, un tatuaggio fa la vece di una carta di credito. E poi non trovi che i documenti abbiano una vita indipendente rispetto alle intenzioni di chi li ha emessi?
«A volte i documenti acquisiscono una vita indipendente. Così, negli Stati Uniti la patente ti fornisce poteri ulteriori rispetto al permesso di guidare, per esempio certifica la tua età qualora tu voglia comprare alcolici. Quindi è indubbio che talvolta i documenti sembrano acquisire una vita indipendente dalle intenzioni di chi li ha emessi. Tuttavia la loro caratteristica generale sta nell´indicare uno status che esiste indipendentemente dai documenti».
Non ne sono del tutto sicuro. Immaginiamo un matrimonio in cui però, a un certo punto, venga somministrata nello champagne una sostanza, chiamiamola "amnesina", che provoca oblio totale a tutti i presenti, sposi e testimoni compresi, e in cui i documenti scompaiano. Si può dire che questo matrimonio di cui si è persa qualunque memoria esiste realmente?
«Questo è un altro modo di dire che i fatti istituzionali esistono solo nella misura in cui sono riconosciuti o accettati da altri membri della comunità. E questa constatazione ci riporta alla prima domanda sull´ontologia sociale. Un esempio persino più drammatico di questa caratteristica della realtà sociale è l´esistenza delle corporations. La corporation non ha altra esistenza che non sia quella della sua rappresentazione. Ossia, né l´edificio dove ha sede, né le persone che ne fanno parte sono la corporation: sono membri o parte delle proprietà possedute dalla corporation. Ma la corporation di per sé non ha realtà fisica indipendente – ha solo cose come debiti, diritti, obbligazioni contrattuali e le proprietà che possiede».
Mi limito a una considerazione finale: Le corporations, come le società in generale, non esistono fuori della loro rappresentazione. Ma questa rappresentazione non ha una semplice esistenza mentale: è fatta di documenti, che esistono tanto quanto i tavoli e le sedie. È proprio per questo che 100 euro reali sono diversi da 100 euro immaginari.