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 2011  giugno 07 Martedì calendario

COSÌ PARLÒ BELLAVISTA - C’è

un po’ di Luciano De Crescenzo, abbastanza di Giovenale e persino un tocco (in più, “L’uomo in più”) di Sorrentino. Dico di Paolo, il regista oggi famoso, che in quel film di dieci anni fa parlava già di scommesse in una sorta di mix con parti tragicamente autobiografiche di Agostino Di Bartolomei. Ma andiamo con ordine. Nel nuovo, macroscopico scandalo delle scommesse è invischiato e parecchio – secondo il gip di Cremona Guido Salvini – Antonio Bellavista, in carcere con altri indagati. Non ha neppure 34 anni, ha giocato fino in Serie A con il Bari di cui è stato capitano, veniva chiamato a centrocampo il Makelele del San Nicola. Prima ha negato, poi ha detto che “facevamo solo delle puntate sulle partite, cose tra ex compagni”, infine che “è pur vero che tra i calciatori c’è un sistema di informazioni sotterranee : ogni domenica si sa quali sono i giocatori che, soprattutto nelle serie minori, sono in difficoltà, che non prendono lo stipendio e magari, ecco, per questo scendono in campo meno sereni…”. Traducete tutto ciò in maneggi, abitudini, bisogni in un contesto di impunità sia pur relativa e avrete un Così parlò Bellavista che fa il verso a una delle prime opere del pluritradotto peripatetico napoletano. Ed è nella sua povertà, in un affresco minimo che certamente si arricchirà di altri nomi, altre squadre, coinvolgendo molto più calcio di quel che si crede se solo si vuole andare avanti nelle indagini, un ritratto del pallone italiano che è almeno una fetta d’Italia. L’Italia disgraziata che pure è “fortunata perché gioca e non va in miniera”, ma anche l’Italia che ha vissuto al di sopra dei propri mezzi, l’Italia bancarottiera, l’Italia in cui si salva il potere per denaro e cooptazione ma poi dalla mongolfiera appesantita dagli scandali, dalla legalità continuamente violata e dai codici etici considerati anacronistici e quindi stracciati, vengono gettati di sotto come zavorra i Bellavista intesi come categoria, e come i Bellavista un nugolo di bellavistini che devono pagare e sparire perché risultano “una pessima pubblicità per la credibilità del pallone”.
QUESTO È credo il nodo gordiano di tutta la vicenda. Citavo Sorrentino e il suo film anche sulle miserie del calcio periferico e scommettitore per rimarcare la data, 2011, che viene dopo quel 1980 discrimine per il primo Totonero, quando le scommesse erano ancora clandestine e ne veniva danneggiato il Totocalcio. Adesso che sono legali, il problema rimane lo stesso: combinare le partite per vincere truffaldina-mente. E naturalmente qualunque infiltrazione della criminalità organizzata o dei professionisti del settore passa appunto per l’habitat di calciatori, specie dei più sfigati che in qualche modo si aiutano nell’Italia periferica anche del pallone. La crisi fa lievitare il fenomeno ed è considerato non più patologico il fenomeno delle partite combinate. È questo il salto di qualità (per dire) nei confronti del 1980 e delle periodiche recrudescenze di questo tipo di scandalo : dalle scommesse illegali a quelle legali passando sempre e comunque per le partite truccate (o millantate come tali), e arrivando nel deserto di valori e nel ridimensionamento dei denari che costituiscono oggi il panorama italiano, anche rotondocratico, rotondologico, rotondolalico. È l’Italia, bellezza, o almeno una certa Italia e Bellavista ne è il perfetto testimonial: uno scandalo basculante tra Totò e Peppino e un’autentica “catastrofe umanitario-emotiva” per
i tifosi che non vedono l’ora di ributtarsi nel contemporaneo calcio-mercato e nella stagione pedatoria che ricomincia.
MA… C’È UN MA sesquipedale, un avversativo che è o dovrebbe essere un macigno. E riguarda appunto Giovenale e la sua VI satira: “Quis custodiet ipsos custodes?”, si chiedeva l’intellettuale romano, al confronto dei nostri di una modernità senza paragoni. Tradotto: chi sorveglia gli stessi sorveglianti? Intanto, individuiamo questi sorveglianti . È facile, facilissimo: chi ha detto “pene dure e immediate”, e maggior rigore nei confronti degli implicati nello scandalo (che naturalmente secondo il versetto coranico “non riguarda che una minima parte del sano mondo del pallone”)? L’hanno detto il presidente del Coni, la massima autorità sportiva nazionale, e il presidente della Federcalcio, Abete. E attraverso chi i due sorpresissimi signori del Potere mettono in pratica questa sorveglianza? Elementare: c’è Stefano Palazzi, a capo della Procura Federale, che ha già chiesto al giudice Salvini gli atti per poter procedere. Perché c’è questo di bello: che la giustizia sportiva c’è apposta per fare presto e bene quello che la giustizia ordinaria non garantisce se non con tempi lunghissimi tra l’altro bacchettati continuamente dalla Corte di Giustizia europea. S’è visto con Calciopoli (che vanamente si cerca ancora di far passare per Moggiopoli contro ogni evidenza giudiziaria) nel 2006: forse hanno fatto presto, vedremo dalla massa delle intercettazioni successive se hanno fatto anche bene oppure hanno massacrato “sportivamente” il concetto di giustizia. Aspettiamo la sentenza del Tribunale di Napoli. Ma Moggi dopo 5 anni non è stato ancora radiato. Perché? Che c’è dietro? Qui non funziona il “bene” ma tantomeno il “presto”. Lo stesso Palazzi non deve avere però le mani troppo libere, e questo temo pregiudichi leggermente la bontà del suo operato anche e soprattutto in questo nuovo scandalo di cui parliamo, quello di Signori, Doni, Bellavista e soci, per capirci, quello che riguarda partite di tutte le serie. Perché dico che sul capo del Palazzi preme un condizionamento davvero eccessivo?
PRENDO SOLO l’ultima storiaccia, ma ce ne sarebbero diverse anche solo prendendo in esame questo ultimo lustro, quello del “calcio pulito”: avete mai sentito parlare di “Premiopoli”? È uno scandalo uscito e sparito immediatamente nell’estate 2010, e senza menar troppo il torrone riguarda la normativa federale che obbliga le società professionisti-che a indennizzare, secondo alcune tabelle, le società dilettantistiche da cui prendono giovani che poi fanno carriera, magari vanno in Nazionale ecc. C’è un ufficio della Figc apposito, denominato “Lavori e premi”. Qualcuno si è accorto che qualcosa non funzionava, e c’era un giro incontrollato (Giovenale: non sorvegliato) di denari di cui qualche funzionario infedele governava l’affare e qualche altro non ne ignorava il traffico. Documentazioni false, cifre sballate per un giro di qualche milione di euro, nomi famosi coinvolti, anche della Nazionale ai Mondiali 2010. Così su intervento di chi si sente raggirato perché non ottiene oppure sborsa denari non dovuti, parte l’inchiesta della Procura Federale e degli assistenti di Palazzi, che vanno molto avanti lungo questa strada. Tanto avanti che nell’autunno scorso il Pm del pallone per eccellenza, dunque Palazzi, dunque quello che oggi ci deve garantire il “presto e bene” sulle scommesse e le combine, avoca d’imperio e d’ufficio a sé tale inchiesta dopo aver rimosso/trasferito gli autori dell’indagine. Ne spiega i motivi? No, a nessuno o forse ad Abete, in gran confidenza. Fa qualcosa in direzione di ulteriori accertamenti? No, non se ne sa più nulla e viene quasi nostalgia per analogia del “Porto delle Nebbie” del Palazzo (con la “o”) di giustizia di Roma. Eppure è una storia seria, e grave. Dunque: Palazzi, per cortesia, prima di metter mano alle faccende che sono sulle prime pagine, ci dice qualcosa delle sabbie mobili di Premio-poli? Se ne è dimenticato, e con Lei Abete, Petrucci e company? E allora chi sorveglia i sorveglianti? Poi non ci si lamenti, sorprendendosi ad arte, del precipizio imboccato…