Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  giugno 07 Martedì calendario

MARCHIONNE ALZA I TONI PER NASCONDERE I NUMERI

Sergio Marchionne, modesto, ama definirsi un “metalmeccanico”. Lo ha fatto anche ieri a Torino alla festa dell’Arma dei Carabinieri che lo ha visto riverito ospite. Il capo del Lingotto, figlio del maresciallo maggiore Conce-zio, lamenta di non essere capito e sostenuto nel suo Paese. “Stiamo facendo del nostro meglio, il nostro impegno in Italia è chiaro”, taglia corto il “metalmeccanico” Marchionne quando viene richiesto di un commento sulle strategie di Fiat nella Penisola.
CHIARO? Questione di punti di vista, perchè il salvatore della Chrysler non ha mai voluto spiegare nei dettagli come intende salvare la Fiat. A leggerli adesso, numeri e obiettivi del piano “Fabbrica Italia” compongono la trama di un libro dei sogni. Come definire altrimenti un programma strategico che prevede di raggiungere entro il 2014 una produzione di 1 milione e 650 mila veicoli (furgoni compresi) negli stabilimenti nazionali, quando quest’anno secondo gli analisti sarà un’impresa superare quota 600 mila? E che dire della stupefacente affermazione, secondo cui ben un milione di questi veicoli sarebbero stati destinati all’export, di cui addirittura 300 mila verso gli Stati Uniti? Tutto può succedere, ma nessuno, proprio nessuno degli addetti ai lavori, in questo momento è disposto a scommettere su una simile rimonta da parte della Fiat.
E’ COMPRENSIBILE, allora, che Marchionne, a corto di spiegazioni convincenti sui temi di business, ripieghi sulla polemica politica. Attacchi i sindacati (uno solo in realtà, la Fiom-Cgil) che non si allineano alle sue posizioni. Lamenti una presunta ostilità nei suoi confronti dell’opinione pubblica italiana, portando invece ad esempio il coro di elogi che ha circondato il suo lavoro negli Stati Uniti. Il numero uno della Fiat in realtà sa bene che anche dall’altra parte dell’Atlantico l’enfasi sui positivi risultati di Chrysler non è del tutto disinteressata. L’amministrazione Obama aveva un disperato bisogno di dimostrare all’opinione pubblica statunitense che gli aiuti di Stato (80 miliardi di dollari in totale) elargiti per evitare la catastrofe dell’industria dell’auto erano stati ben spesi. Ecco perchè, partire da metà maggio, non si contano gli interventi del presidente, del suo vice Joe Biden e del segretario al Tesoro, Tim Geithner, che celebrano la rinascita di Chrysler e l’ottimo lavoro del manager italiano. Enfasi a parte, riesce difficile non notare che la casa automobilistica americana nell’ultima trimestrale (marzo 2011) segnala un patrimonio netto negativo di 4,4 miliardi di dollari, poco più di 3 miliardi di euro. Non per niente il mese scorso l’azienda Usa ha dovuto offrire rendimenti molto elevati, superiori all’8 per cento, per trovare investitori disposti a prestarle i soldi necessari a rimborsare i prestiti, ancora più onerosi, per 7,6 miliardi di dollari del Tesoro americano e di quello canadese.
E’ vero, Chrysler che a inizio 2009 era tecnicamente in bancarotta, è tornata a fare profitti a tempo di record: 116 milioni di dollari su 13,1 miliardi di giro d’affari nel primo trimestre di quest’anno. E’ altrettanto vero, però, che la rimonta sul fronte commerciale è stata trainata in misura nettamente superiore alla concorrenza dalle vendite a flotte aziendali e autonoleggio, così come dalle forniture ai concessionari che hanno ricostituito le scorte dopo anni di magra.
UN’ALTRA incognita è poi l’andamento del prezzo della benzina che negli Stati Uniti, tra alti e bassi, resiste ormai su livelli storicamente alti. E Chrysler vende soprattutto suv e pick-up, cioè i modelli con i consumi più elevati. Insomma, non è detto che la rimonta continui allo stesso ritmo del recente passato. Al momento però gli analisti prevedono che a fine anno la maggior parte degli utili del gruppo Fiat arriveranno dall’America. I profitti di Chrysler potrebbero sfiorare i 500 milioni di dollari, circa 350 milioni di euro, cioè quasi il doppio di quelli previsti per Fiat auto.
E la rimonta del Lingotto? Tutti gli analisti ripetono che per tornare a crescere servono nuovi modelli, ma fin qui Marchionne ha sempre detto che era inutile sfornare novità finchè il mercato restava così depresso. I concorrenti si sono mossi esattamente all’opposto e hanno guadagnato terreno. Al momento è difficile pensare che Fiat possa recuperare affidandosi alle performance, pur buone, della nuova Giulietta e della Ypsilon. E nell’arco del prossimo anno non si vedono colpi ad effetto che possano ribaltare la situazione. Mancano i soldi? Macchè. I soldi per investire nel portafoglio prodotti ci sarebbero. La Fiat ha in cassa denaro liquido in gran quantità, oltre 13 miliardi di euro. Solo che Marchionne il metalmeccanico li sta usando per fare il finanziere. Per comprarsi la Chrysler e rilanciarla.