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 2011  giugno 07 Martedì calendario

IL «MUSEO» DI TANZI VALE 28 MILIONI - I 112

quadri della pinacoteca occulta, sequestrati due anni fa a Calisto Tanzi, potrebbero tornare alla Parmalat. Le indagini appena chiuse della procura di Parma hanno infatti accertato che quei dipinti del valore stimato di 28 milioni di euro sono stati acquistati con i soldi del gruppo alimentare prima del crack. Ora le opere, custodite dalla Sovrintendenza di Parma potrebbero essere messe all’asta, una decisione che spetterà al commissario straordinario, ovvero Enrico Bondi.

Cinque gli indagati che emergono dall’avviso di fine indagine notificato nei giorni scorsi per il reato di concorso in bancarotta per distrazione: oltre a Calisto Tanzi, nell’elenco figurano la moglie Anita Chiesi, i due mercanti d’arte di Rovereto Paolo Dal Bosco e Giovanna Dellana e il genero Stefano Strini, quest’ultimo accusato anche di ricettazione. «I quadri e le altre opere d’arte sono costati 9,4 miliardi di lire» ha spiegato il Procuratore Capo di Parma, Gerardo La Guardia nel corso di una conferenza stampa. «Di questi, 7 miliardi provengono dal gruppo Parmalat. Degli altri soldi non conosciamo la provenienza».

Le indagini sulla pinacoteca occulta di Tanzi, condotte dalla Guardia di Finanza e dai Carabinieri del nucleo tutela patrimonio artistico, erano partite due anni fa dopo un servizio della trasmissione Report a seguito della quale venne bloccata la vendita di alcuni quadri. Un Van Gogh, l’autoritratto di Ligabue, la scogliera di Monet, un Miro e un Gauguin per anni erano stati nascosti in soffitte polverose e tra gli scaffali di una officina meccanica: su un Picasso c’era persino un barattolo di vernice. A conservare e a custodire i quadri nel corso degli anni era stato lo stesso genero Stefano Strini, marito della figlia Laura, fino al dicembre 2009 quando le intercettazioni telefoniche hanno fatto emergere il suo ruolo chiave per potere risalire ai quadri. «Siamo arrivati appena in tempo - ha detto La Guardia - in quanto la pressione investigativa lo aveva indotto nell’ultimo periodo a ricercare acquirenti a cui vendere i quadri in suo possesso».

Le opere principali sono state acquistate da Tanzi tra il 1990 e il 2002 e i soldi venivano sottratti dal famoso conto "valori bollati" attraverso fatture inesistenti e consulenze ai mercanti d’arte i quali attraverso la Galleria d’arte di Rovereto, la Improvvisazione Prima, si occupavano della ricerca dei dipinti e dell’acquisto. Le operazioni venivano fatte attraverso assegni intestati alla Chiesi e transitati dalla Banca del Monte che allo scadere dei dieci anni ha distrutto la documentazione bancaria riferita alla moglie di Tanzi.

Le indagini hanno quindi accertato le modalità con cui avvenivano le distrazioni di fondi dalla Parmalat: ad esempio attraverso falsi conferimenti di incarichi per l’acquisto dei quadri che già si trovavano nella disponibilità di Tanzi e della moglie, quadri pagati con fondi della Parmalat e fatturati alla moglie secondo gli inquirenti una modalità per dissimulare la proprietà dei beni ma soprattutto nascondere la provenienza delle somme.

La scoperta della Pinacoteca occultata da anni riaccende l’attenzione su uno dei misteri irrisolti del crack Parmalat, il tesoro di Tanzi e quel miliardo di euro che manca alla contabilità della Parmalat ricostruita dopo il crack.