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 2011  giugno 07 Martedì calendario

IL NODO: RENDERE APPLICABILI I CONTRATTI

Un accordo tra le parti, tecnicamente chiamato "avviso comune". Che dovrebbe essere successivamente recepito per legge. Ne ha parlato ieri la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, è la strada che si sta tentando per risolvere il problema della rappresentanza sindacale. Una questione aperta da anni, oggi diventata urgente e messa sotto i riflettori dalla vicenda Fiat. Il 18 giugno il Lingotto sarà in tribunale, a Torino, per la prima udienza del ricorso presentato dalla Fiom contro la newco di Pomigliano. Un percorso ad ostacoli, per la casa automobilistica torinese, mentre l’a.d. Sergio Marchionne ha sempre puntato sulla certezza di poter applicare gli accordi come condizione per gli investimenti di Fabbrica Italia. A tal punto da ipotizzare anche un’uscita da Confindustria: «Non posso accettare che questo indebolisca la Fiat», ha detto sabato mattina a Venezia.

Ma in realtà non è questo il punto: anche se uscisse dalla confederazione degli industriali, la Fiat si troverebbe per legge a dover applicare il contratto dei metalmeccanici firmato nel 2008, che scade nel 2011. Il rispetto delle intese passa per un’altra strada e che è quella delle regole della rappresentanza sindacale.

Fino a pochi anni fa la consuetudine degli accordi unitari tra Cgil, Cisl e Uil non ha reso urgente risolvere il problema dell’esigibilità dei contratti. Ma ormai le intese tra Cgil, Cisl e Uil si contano sulla punta delle dita e soprattutto non è stata firmata unitariamente la riforma della contrattazione del 2009, voluta dalla Confindustria di Emma Marcegaglia, dalla Uil di Luigi Angeletti e dalla Cisl di Raffaele Bonanni. Un’intesa che ha allargato il raggio delle flessibilità, consentendo deroghe che permettono di arrivare a sostituire il contratto nazionale con quello aziendale. Ed è grazie a quella riforma che la Fiat ha potuto firmare gli accordi innovativi di Pomigliano, Mirafiori e Bertone.

C’è però la questione di renderli applicabili. In Parlamento ci sono una serie di disegni di legge, tra cui uno firmato da Pietro Ichino (Pd), un segnale che parte della sinistra è comunque attenta e disponibile a discutere della questione.

Ma c’è chi sta pensando, come i giuslavoristi Carlo Dell’Aringa e Arturo Maresca, ad una legge anche di un solo articolo che recepisca l’avviso comune tra le parti. Sulla possibilità di una legge c’è stata, proprio in una intervista al Sole 24 Ore, una implicita disponibilità di Bonanni: sarebbe meglio evitarla, ha detto, ma «avere una cosa che metta un punto sulla vicenda è prioritario». Fermo restando, comunque, la necessità di certificare gli iscritti per definire chi rappresenta chi, per applicare il criterio che gli accordi sono validi quando firmati da chi rappresenta il 50% più uno degli iscritti. Per il leader della Uil, Angeletti, sarebbe sufficiente solo questo: una certificazione degli iscritti (vedi intervista a pagina 6), per poi applicare l’articolo 39 della Costituzione in cui si afferma che i sindacati rappresentati unitariamente in proporzione agli iscritti possono stipulare contratti collettivi con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie cui il contratto si riferisce. Il dibattito si è avviato, importante è che si arrivi fino in fondo.