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 2011  giugno 07 Martedì calendario

Perché la domanda «siamo tutti liberali?» rimanesse inevasa non c’era modo migliore che affidarne la risposta a un consesso di liberali

Perché la domanda «siamo tutti liberali?» rimanesse inevasa non c’era modo migliore che affidarne la risposta a un consesso di liberali. E infatti il vero titolo del convegno, se non dell’intero liberalismo, quanto meno italiano, l’ha dato un Piero Ostellino come al solito in gran spolvero: «Se diventassimo tutti liberali, andrei all’opposizione». La sintesi era perfetta soprattutto perché i più non la condividevano. E infatti l’incontro di ieri sera alla Sala del Cenacolo della Camera dei deputati, con il quale si intendeva commemorare i cento anni della nascita di Vittorio Zincone e fare il punto su dove nel frattempo si fosse infilato il liberalismo, ha stabilito che il liberalismo oggi è ovunque o forse da nessuna parte, dipende. Di certo, però, sopravvivono i liberali, tanto è vero che per inchinarsi alla memoria di uno degli eccellenti (il Vittorio che fu fascista da ragazzo, liberale «tollerante ma intransigente» da adulto come ha ricordato la figlia Giovanna -, giornalista raffinato ed enciclopedico del Tempo e del Resto del Carlino - come hanno ricordato gli allievi Gianni Letta e Luca Goldoni) si sono volentieri mobilitati i più illustri prodotti di altre dottrine, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (con l’applaudita presenza), e quello della Camera Gianfranco Fini (con l’introduzione). Alla fine, poiché c’era un gran bisogno di un punto d’arrivo, è stato perfetto Luciano Pellicani sottolineando che la gran frattura del secondo dopoguerra fu tra liberali e antiliberali, poiché di antiliberali se ne contavano ovunque, anche tra i liberali stessi (tanto per non svicolare dal succo di giornata). Ma alla fine la sfida tra Lo Stato totalitario (quello fascista, quello nazista e quello comunista) di Zincone e Due totalitarismi: fascismo e democrazia cristiana di Lelio Basso, per il quale il liberalismo produce il fascismo, è stata ampiamente vinta dal primo, testimone la storia. Questo soprattutto conta, sebbene lo si trascuri spesso. Poi, lo ha detto Valerio Zanone, che fu segretario del Pli, «se siamo tutti liberali, io non me ne sono accorto». «Certo che non lo siamo», aveva già osservato Giuliano Urbani. E c’è niente di peggio che essere liberali palingenetici, aveva intanto sottolineato Ostellino, di quei liberali che provano un amore sviscerato per l’umanità ma detestano i vicini di casa. Non è che il punto convincesse fino in fondo Giovanna Zincone e tanto meno la convinceva l’estemporaneità anarchica dei relatori, esempio vivente del perché i liberali hanno vinto e nessuno se n’è accorto.