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 2011  giugno 07 Martedì calendario

I QUADRI DI TANZI CONTESI TRA BONDI E I RISPARMIATORI

Così lontani, così vicini. Per la prima volta Enrico Bondi e i «suoi» creditori, salvati per quanto possibile dalla voragine causata da Tanzi, potrebbero trovarsi involontariamente «contrapposti» . L’occasione, per dire così, è la chiusura delle indagine a Parma sulla famigerata collezione di quadri, tra cui Picasso, Kandinsky, Van Gogh, Pizarro, Guttuso, Manet, e Monet (per la verità tacciati in passato di essere per lo più delle «croste» da Vittorio Sgarbi). Per il procuratore della Repubblica di Parma, Gerardo Laguardia, i quadri valgono almeno 28 milioni di euro. Ma ciò che più importa è che secondo le indagini della magistratura sarebbero stati acquistati con soldi «distratti» da società del gruppo Parmalat— almeno settemiliardi di lire— prima del crac del dicembre 2003. Dalle indagini è emerso che Calisto Tanzi avrebbe anche ristrutturato due appartamenti delle figlie con altri denari distratti dal gruppo di Collecchio. Cosa che, per la verità — con tutto ciò che è emerso finora sul crac — non colpisce più di tanto. Da segnalare che per la prima volta risulta indagata anche la moglie, Anita Chiesi, mentre dalle intercettazioni risulta confermato il lavoro svolto da Tanzi, fino ai recenti arresti, per la Original American Backery. Adesso gli atti saranno trasmessi al giudice dell’udienza preliminare. Ma sarà interessante capire a chi potrebbero andare i soldi recuperati. La partita non è così semplice: i risparmiatori che si sono costituti parte civile a Parma avevano già fatto sapere di seguire con attenzione i quadri per tentare la strada dei rimborsi. Il procuratore però ieri si è lasciato sfuggire che, «tecnicamente» , dovrebbero andare all’amministrazione straordinaria. In altre parole a Bondi che ancora ricopre questo incarico quando si presenta ai processi. Finora nessuno ha mai fatto caso alla distinzione e a ragione: il commissario è anche amministratore delegato, cioè la persona che distribuisce i dividendi agli azionisti (peraltro per statuto) come parte del risarcimento del danno subito. Ma tra un mese il film cambierà: con la scalata francese il manager aretino dovrà lasciare. E dunque le strade si separeranno. Con il risultato che, sempre «teoricamente» , se l’Opa dovesse avere successo quei soldi potrebbero finire ai nuovi soci: i Besnier della Lactalis. © RIPRODUZIONE RISERVATA Parigi impone il silenzio su Twitter e Facebook (giu. fer.) La Francia mette al bando le parole Twitter e Facebook dai notiziari e dai programmi di informazione su radio e televisione. I giornalisti non potranno più fare riferimento ai siti di social network e di micro blogging americani, a meno che non siano rilevanti per la notizia di cui si sta parlando. Non si tratta però di una nuova ondata di nazionalismo linguistico, a cui ci ha abituato il Paese che chiama ordinateur il pc e courier électronique l’email. Questa volta sotto accusa non c’è l’inglese, almeno ufficialmente. Si tratterebbe piuttosto di una crociata contro la pubblicità occulta, essendo Facebook e Twitter azienda floride, che tra l’altro si stanno preparando a sbarcare in Borsa a Wall Street con valutazioni stratosferiche sul gray market. Così il Conseil supérior de l’audiovisuel (Csa), il regolatore francese che equivale all’Agcom italiana, ha dissotterrato un decreto del 1992 che vieta la promozione delle aziende commerciali. «Perché dare la preferenza a Facebook, che vale miliardi di dollari, quando ci sono molti altri siti di social network che faticano a farsi conoscere?» , ha spiegato un portavoce del Csa. E ha aggiunto: «Sarebbe concorrenza sleale. Se permettiamo che Facebook e Twitter siano citati liberamente in tv e alla radio, sarà come aprire un vaso di Pandora, e altri social network cominceranno a lamentarsi e a dire: "Perché noi no"?» . In Francia, quindi, i giornalisti e i conduttori dei programmi di informazione non potranno più dire: «Seguiteci su Twitter» o trovateci su «Facebook» . Con buona pace per i milioni di «amici» che li seguono e li cercano sul web.