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 2011  giugno 07 Martedì calendario

TANZI DOPO IL CRAC GESTIVA UN’AZIENDA

C’erano due Calisto Tanzi. Il Tanzi piegato dall’età e dagli acciacchi durante le udienze in tribunale dalle quali in questi anni è puntualmente uscito con pesanti condanne (diciotto anni in primo grado per bancarotta fraudolenta, otto anni e un mese con sentenza definitiva per aggiotaggio). E un altro Tanzi: energico e decisionista, per nulla inibito dai disastri e dai dolori inflitti a migliaia di risparmiatori con il crac Parmalat, ma, anzi, deciso a non rinunciare alla sua vena imprenditoriale, tirando le fila fino a pochi giorni prima dell’arresto del maggio scorso di una piccola azienda di dolciumi, The Original American Backery srl, alle porte di Parma. Il secondo Tanzi è venuto alla luce durante l’inchiesta della Procura di Parma sulle 112 opere d’arte (da Pablo Picasso a Kandinsky, da Renato Guttuso a Manet, per un valore complessivo di 28 milioni di euro), che l’ex re del latte fece nascondere in una cantina prima di essere arrestato nel 2003 (vicenda per la quale, oltre a Tanzi, sono da ieri indagati la moglie Anita insieme ad altre 3 persone). «Dalle intercettazioni— ha detto il procuratore capo, Gerardo La Guardia — è emersa una persona diversa da quella dimessa e sofferente vista nei processi» . Un uomo che «gestiva rapporti con la grande distribuzione» e che a Parma manteneva legami «importanti» , arrivando ad occuparsi di nomine bancarie.

FRANCO GIUBILEI, LA STAMPA 7/6/2011
Se si presentava in udienza al processo Parmalat aveva l’aria sofferente e balbettava, ma per l’attività di imprenditore che ha portato avanti fino al suo arresto le energie non gli mancavano di certo: dal ponte di comando dell’azienda di dolciumi The American Bakery Srl, Calisto Tanzi si occupava di politiche produttive, vendite e rapporti con la grande distribuzione, insomma, per usare le parole del procuratore di Parma Gerardo La Guardia, aveva «la gestione integrale» della ditta. Considerazioni a margine dell’inchiesta appena terminata sul tesoro di Tanzi, la collezione privata di capolavori del valore di almeno 28 milioni di euro che si voleva sottrarre al fallimento e per cui sono indagati, oltre allo stesso Tanzi e alla moglie, altre tre persone.

Dalle intercettazioni disposte dalla procura emerge un uomo molto deciso e sicuro di sé negli affari, ben diverso dal personaggio dimesso e logorato che si è visto in tribunale, qualcuno che, aggiunge il procuratore, «ha continuato a gestire una società “uti dominus”, cioè da imprenditore vero e proprio, anche se non ne aveva apertamente la titolarità». La American Bakery, che si trova nella zona industiale di Parma e che era già stata scoperta dalla stampa locale, in effetti è riconducibile alla moglie Anita Chiesi e a un imprenditore napoletano, Catone Castrense, figlio di un amico di Tanzi che gestiva il trasporto di prodotti Parmalat prima del crac da 14 miliardi. Ora la vivacità imprenditoriale dimostrata anche in tempi recenti dall’ex cavaliere del lavoro potrebbe avere conseguenze sulla richiesta della detenzione ai domiciliari, avanzata dal collegio difensivo di Tanzi proprio in ragione delle sue precarie condizioni di salute. La procura di Parma infatti ha trasmesso gli atti relativi alle chiacchierate telefoniche in cui Tanzi cura gli affari della «sua» nuova azienda al Tribunale di sorveglianza di Bologna, la cui decisione sulla scarcerazione è attesa proprio in questi giorni. Carcere a parte, le intercettazioni hanno rivelato un uomo il cui ruolo di potente in città era ancora vivo e vegeto, nonostante il disastro Parmalat: fino al suo arresto a inizio maggio l’imprenditore ha continuato a intrattenere rapporti telefonici «con persone che ricoprono incarichi di rilievo nei poteri cittadini», spiega il procuratore La Guardia, che descrive qualcuno ancora «ben inserito a Parma e capace di dialogare con livelli abbastanza importanti di potere». Con i vertici di alcune banche locali, in particolare, Tanzi avrebbe discusso di nomine. Tutti dettagli che fanno quasi passare in secondo piano gli esiti dell’inchiesta sulla galleria d’arte dell’ex patron della Parmalat, 112 fra dipinti, disegni e oggetti pregiatissimi che vanno a comporre una pinacoteca personale dove campeggiano opere di Picasso, Kandinsky, Van Gogh, Pizarro, Guttuso, Manet, Monet e molti altri. Calisto Tanzi, sua moglie e i galleristi Paolo Dal Bosco e Giovanna Dellana sono indagati per concorso in bancarotta, mentre il genero di Tanzi, Stefano Strini e gli stessi Dal Bosco e Dellana sono accusati di ricettazione. Acquistati negli anni ‘90, i capolavori erano finiti ad abbellire le pareti della villa di Vigatto. Dopo la bancarotta erano stati poi occultati con la complicità di Strini che era anche riuscito a vendere un’opera, poi recuperata dagli inquirenti, al prezzo di 200mila euro. Nel 2008 il programma «Report» portò alla luce la vicenda, dopodiché gli investigatori hanno ricostruito i movimenti di Tanzi e dei suoi complici grazie alla collaborazione di Strini, che aveva conservato una parte dei quadri, per poi giungere al sequestro della galleria privata: «I quadri e le altre opere d’arte sono costati 9,4 miliardi di lire – dichiara il procuratore – Di questi, 7 miliardi provengono dal gruppo Parmalat, mentre degli altri soldi non conosciamo la provenienza».