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 2011  giugno 07 Martedì calendario

IL CORO DI RABBIA DELLE CAMERIERE ACCOGLIE STRAUSS-KAHN IN TRIBUNALE

«Not guilty» . Non colpevole, ha ripetuto sette volte Dominique Strauss-Kahn quando il giudice della Corte Suprema di New York, Michael Obus, gli ha contestato i capi d’imputazione che vanno dal tentato stupro all’aggressione sessuale di primo e terzo grado. L’udienza preliminare del procedimento contro l’ex direttore generale del Fondo monetario internazionale— arrestato il 14 maggio scorso con l’accusa di aver violentato una cameriera del Sofitel, un albergo di New York, forzandola a compiere un atto di sesso orale — ieri mattina è durato appena cinque minuti. Chi è ansioso di assistere allo spettacolo di un processo «all’americana» dedicato a un caso di violenza sessuale che coinvolge personaggi e culture diversissime — il potente leader politico europeo considerato da molti «l’uomo più intelligente di Francia» e la 32enne cameriera di colore venuta dall’Africa Occidentale (Guinea), vedova e con un figlio di 15 anni da mantenere— dovrà aspettare ancora qualche mese. Nafissatou Diallo, la vittima che la stampa Usa ha deciso di identificare con un soprannome, Ophelia, ieri non c’era. È sconvolta da quanto le è accaduto: non è mai tornata al lavoro né nella sua casa nel Bronx. Ma i suoi avvocati hanno detto ieri che è decisa a testimoniare al processo, quando e se si farà. La prossima udienza del procedimento è stata fissata per il 18 luglio. Se nel frattempo la difesa sarà riuscita a presentare tutte le sue mozioni, il tribunale potrebbe a quel punto indicare una data orientativa per l’inizio del dibattimento. La procedura richiederà comunque diversi mesi, ma a questo punto è assai probabile che chi vuole lo spettacolo, lo avrà: nella maggior parte dei casi le cause per stupro si risolvono prima del processo con un patteggiamento o un’ammissione di colpa, ma nel procedimento numero 1225782 «il popolo contro Strauss-Kahn» questa via sembra ormai preclusa. A renderla poco percorribile ci sono non solo il clamore ormai mondiale della vicenda e l’estrema determinazione del capo della pubblica accusa, il procuratore di New York, Cyrus Vance Jr, ma anche l’atteggiamento assunto dagli stessi avvocati della donna. È questa la vera novità di ieri: il palcoscenico teatrale è stato trasferito dall’aula al marciapiede antistante il tribunale dove un centinaio di cameriere— molte in divisa — hanno inveito contro Strauss-Kahn gridandogli «vergogna» , mentre il nuovo team di avvocati della donna ha dichiarato con veemenza davanti a una selva di telecamere che «la vittima vuole il processo e vuole diventare un esempio per tutte le donne del mondo che subiscono aggressioni sessuali e sono troppo spaventate per de- nunciarle» . All’avvocato dei diritti civili Norman Siegel e all’altro «attorney» Jeffrey Shapiro (che, secondo alcuni, potrebbe ora lasciare il caso), si è infatti ora aggiunto Ken Thompson, un avvocato nero con una vasta esperienza sia civile che penale e un passato di procuratore federale. Thompson ha arringato a lungo i cronisti affermando che, benché devastata, la «vittima vuole farvi sapere che tutto il potere, il denaro e l’influenza di Strauss-Kahn non le impediranno di denunciare davanti al mondo quello che lui le ha fatto in quell’hotel» . , al di là della vicenda giudiziaria, insomma, il caso sta assumendo contorni politici non solo per il coinvolgimento di quello che ancora un mese fa era il candidato più accreditato alla presidenza francese, ma anche per l’impegno di avvocati e di organizzazioni dei diritti civili. Ora supportati perfino dal sindacato dei dipendenti alberghieri, che ha organizzato la manifestazione di ieri. Il film della giornata è racchiuso in due momenti: prima il rito asciutto e brevissimo nell’aula al tredicesimo piano della Corte Federale di Centre Street, assaltata da centinaia di giornalisti di tutto il mondo. Dentro, il giudice Obus ha spiegato a Strauss-Kahn che ha il diritto ma anche l’obbligo di assistere al suo processo e gli ha chiesto se avesse ben compreso le sue parole. Dopo il suo sommesso «sì» , e le dichiarazioni di non colpevolezza, gli avvocati hanno conversato brevemente col magistrato chiedendo di essere informati tempestivamente di ogni novità nelle indagini e di eventuali iniziative in sede civile della controparte. A quel punto l’imputato, accompagnato dalla moglie Anne Sinclair, è tornato nella lussuosa «townhouse» da 50 mila dollari al mese che ha affittato in Franklin Street, a pochi isolati dal tribunale, dove sta scontando gli arresti domiciliari. Ma per raggiungere la jeep nera che l’ha riportato a casa ha dovuto fendere due ali di reporter e un centinaio di arrabbiatissime cameriere guidate da una sindacalista italo-americana, Wendy Baranello: «Siamo qui per dimostrare che New York è il posto sbagliato per molestare i dipendenti degli hotel» . Poi la parola, sul marciapiede, è passata a Ben Brafman e William Taylor, i due «superavvocati» assunti da Strauss-Kahn. Brafman è stato laconico: «Siamo certi che verrà dimostrato che non c’è stato alcun elemento di coercizione fisica. Qualsiasi affermazione contraria è semplicemente non credibile» . Poi ha spiegato che la difesa ha scelto di non fare commenti pubblici sul caso e se n’è andato. Le uniche indiscrezioni fin qui trapelate dal «pool» dei difensori riguardano l’assunzione di una società investigativa che sta scandagliando la vita privata della vittima cercando di dimostrare la sua non credibilità. Viene anche implicitamente riconosciuto che Strauss-Kahn un contatto sessuale con la cameriera che lo accusa lo ha avuto. Davanti alle tracce del suo Dna trovate sulla vittima la replica è stata semplicemente: «Nessuna violenza» . Massimo Gaggi