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 2011  giugno 06 Lunedì calendario

LA PESTE VENUTA DAL NULLA

A metà maggio è scoppiata in Germania un’epidemia che finora (dati di sabato 4 giugno) ha fatto 19 morti, di cui 18 nella sola terra tedesca: 6 per infezione da Escherichia coli e 13 per sindrome emolitica uremica (Seu), una complicazione che porta alla distruzione dei globuli rossi, al blocco renale e talvolta anche a gravi danni cerebrali. Secondo l’Oms nel mondo i casi di infezione sono arrivati a 1.271, mentre la sindrome emolitico-uremica ha contagiato 552 persone. In tutto 1.823 casi, di cui 1733 in Germania. Altri paesi coinvolti: Austria, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Olanda, Norvegia, Spagna, Svezia, Svizzera, Gran Bretagna e Stati Uniti. Le novanta persone che si sono ammalate fuori dalla Germania di recente erano state tutte a contatto, tranne una, con la terra tedesca. [1]

Il 27 maggio le autorità sanitarie tedesche avevano annunciato che la fonte del batterio-killer erano i cetrioli importati dalla Spagna, subito ribattezzati «cetrioli-assassini». Il 2 giugno i test della Commissione europea hanno scagionato i pepinos andalusi. Resta però l’invito del governo tedesco a non mangiare verdura (e nemmeno carne) cruda. [2]

L’Escherichia coli, individuato da Theodor Escherich alla fine dell’800, in genere è un batterio inoffensivo, che vive pacificamente nell’intestino dell’uomo e di molti altri animali. Ognuno di noi ne espelle ogni giorno fra i 100 miliardi e i 10 mila miliardi di cellule e altrettanto fanno uccelli e mammiferi. «Questi microscopici bastoncelli sono da sempre compagni di viaggio di tutti gli animali a sangue caldo: vivono nella parte bassa dell’intestino, a una temperatura di 44,5 gradi e hanno una funzione cruciale per la digestione. Al contrario di altri batteri, all’esterno non si riproducono, ma possono contaminare acqua e cibi. Se ci hanno insegnato fin da piccoli a lavarci le mani prima di mangiare e a lavare con cura frutta e verdura è, anzitutto, per l’ubiquità dell’E. coli. Come tutte le famiglie numerose, infatti, nei batteri scoperti da Theodor Escherich non mancano le pecore nere. Alcuni tipi possono determinare infezioni urinarie, meningiti, peritoniti, setticemia e polmonite. Ma l’effetto classico è la diarrea. Alcuni ceppi di E. coli, infatti, producono tossine, una delle quali è molto simile a quella del colera. Si attacca alle cellule dell’intestino, vi penetra, le stimola a produrre acqua e induce la dissenteria. Di solito, la cosa si ferma qui. Ma degli oltre 170 ceppi di E. coli, almeno una cinquantina possono essere molto più devastanti». Tra questi, il ceppo chiamato O107: H7. Basta ingerire 100 batteri di O107 per scatenare una violenta diarrea emorragica». [3]

Il batterio killer con cui abbiamo a che fare in questi giorni, identificato nei laboratori dell’European Centre for Disease Prevention and Control, è stato battezzato 0104: H4. L’Organizzazione mondiale della sanità dice che è una variante «nuova, estremamente contagiosa e tossica» dell’Escherichia coli, un ceppo «molto raro» che finora non era mai stato individuato in un’epidemia. Produce una tossina (la verotossina) capace di provocare la sindrome emolitico-uremica. [4]

Assolti i cetrioli, la frenetica ricerca del canale di contaminazione è ripresa, al momento senza esito. «Carne poco cotta? Prodotti contenenti latte crudo? Frutta o verdura irrigata con acqua contaminata da feci di bovini, portatori sani di E. coli? La storia recente ci propone il caso dell’epidemia del 1982 dovuta ad hamburger contaminati e quella registrata in Giappone nel 1996 (9451 casi) dove il focolaio fu rinvenuto nei germogli di ravanello distribuiti nelle refezioni scolastiche. Data l’estensione dell’epidemia in Germania, è facile pensare che il canale di contaminazione sia la grande distribuzione» (Eugenia Tognotti). [5]

Il batteriologo Holger Rohde: «Brancoliamo nel buio, non sappiamo se il nuovo batterio sia stato originato negli uomini o in animali, in una pozzanghera o in un depuratore». [6]

Poiché il 70 per cento delle vittime sono femmine, l’Oms ipotizza che l’origine del batterio si celi in qualche prodotto alimentare assunto in particolare dalle donne. [7]

In un ginnasio di Amburgo, tra studenti, sarebbe stato registrato il primo caso di contagio da uomo a uomo. L’Organizzazione mondiale della sanità: «Non c’è motivo di allarmarsi ma i contagi da uomo a uomo sono possibili». [6]

Venerdì 3 giugno i medici tedeschi hanno detto che la diffusione del contagio si è stabilizzata: non si ferma, ma ci sono segnali di un suo rallentamento. [6]

L’Oms sconsiglia l’uso di antibiotici per curare i ricoverati: uccidono solo gli altri batteri, lasciando campo libero al nuovo killer. Molti pazienti, in Germania, sono sottoposti a trasfusioni di sangue, che però comincia a scarseggiare: da quando l’epidemia è scoppiata, sono state usate, in ciascuno dei principali ospedali tedeschi, circa 7500 dosi, contro la media normale di 800-1000 al mese. Tanto che venerdì sera è stato lanciato un appello: «Cittadini, venite a donare sangue, è emergenza». [6]

L’Istituto superiore della Sanità dice che per l’Italia «non c’è alcun rischio» e invita ad applicare le norme igieniche quotidiane: «Lavare bene gli alimenti, sbucciare possibilmente le verdure e non contaminarle con carne cruda». [7]

In Italia c’è stato un allarme quando il batterio «tedesco» è stato individuato in un salame di cervo prodotto nel nostro Paese (ma un legame con quanto accaduto in Germania viene considerato improbabile). Poi è girata la voce di un turista tedesco con l’Escherichia coli ricoverato nell’ospedale di Merano (in realtà aveva un’infezione intestinale d’altro tipo). Il ministro della Sanità, Ferruccio Fazio: «La situazione è sotto controllo: non deve generare allarmismi e non deve modificare le nostre abitudini alimentari, a cominciare dal consumo di verdura e frutta cruda dopo averla lavata. Abbiamo allertato le Regioni, le strutture sanitarie e gli uffici sanitari alle frontiere, responsabili dei controlli sulle importazioni alimentari». Allertati anche i Nas, i nuclei anti-sofisticazioni dei carabinieri, per i controlli sulla provenienza e le condizioni igieniche dei prodotti, nei ristoranti e nei negozi alimentari. [8]

Il batterio killer si sta abbattendo anche sulle relazioni commerciali mondiali. Gli Emirati Arabi Uniti hanno chiuso le porte ai cetrioli spagnoli, come anche a quelli in arrivo da Germania, Danimarca e Olanda. La Russia ha bloccato l’importazione di tutte le verdure fresche europee: gli ortaggi già finiti sui banconi saranno ritirati. John Dalli, commissario Ue alla Salute, ha inviato una lettera di protesta in cui sollecita «l’immediato ritiro» del provvedimento. Lo stop rischia infatti di avere pesanti effetti: un quarto dell’export europeo di frutta e verdura si dirige verso l’immenso mercato russo, per un valore annuo di 3-4 miliardi di euro. I produttori italiani, che esportano in Russia ortaggi e legumi freschi per 4,4 milioni l’anno, secondo Coldiretti hanno già perso 20 milioni di euro nella prima settimana dallo scoppio dell’epidemia. In Spagna, dove i coltivatori calcolano di aver perso oltre 200 milioni di euro, il premier José Luis Rodriguez Zapatero ha sparato a zero sulle autorità tedesche che avrebbero commesso «un errore eclatante» nell’addossare la colpa dell’infezione ai cetrioli iberici e ha annunciato: «Chiederemo un risarcimento per i danni subiti». Tra le vittime del batterio-killer anche i coltivatori tedeschi, che perdono 30 milioni di euro a settimana. [9]

Anche se il consumo di verdura fresca continua a calare in tutta Europa, non è affatto detto che la causa dell’epidemia siano proprio gli ortaggi. Per Donato Greco, epidemiologo esperto Oms per le malattie batteriche, la prima sospettata della diffusione della malattia è la carne: «Abitualmente questo microrganismo vive nell’intestino dei bovini. Quindi si può trovare nelle carni crude, come la tartare, ma anche negli hamburger. Il mio consiglio è di cuocere tutto molto bene». Qualcuno pensa anche all’acqua, oltre alle verdure, lei che dice? «Il modo in cui si sta diffondendo la malattia mi fa escludere questa ipotesi. Tra l’altro quel germe non ama stare nell’acqua, dove pure può essere presente. Anche frutta e verdura mi sembrano meno probabili rispetto alla carne». [10]

In Germania il settimanale “Focus” ipotizza che la malattia si sia propagata nel corso di una festa ad Amburgo, che si è tenuta tra il 6 e l’8 maggio e ha riunito 1,5 milioni di persone. Il primo caso di contagio sarebbe infatti stato registrato una settimana dopo all’ospedale universitario della città. Secondo il quotidiano “Lübecker Nachrichten”, 17 delle persone contagiate hanno mangiato nello stesso ristorante di Lubecca, che è stato già ispezionato dagli specialisti del Robert Koch-Institut. Altri quotidiani tedeschi (tra cui “Bild”) hanno sparato nei titoli l’ipotesi del bioterrorismo. Alfredo Caprioli, direttore del laboratorio europeo di riferimento per l’Escherichia coli dell’Istituto Superiore di Sanità: «Se davvero qualcuno avesse voluto colpire la popolazione avrebbe potuto utilizzare un qualsiasi altro batterio, facile da procurarsi e mettere in coltura. Che senso avrebbe avuto crearne uno diverso?». [11]

I siti che annunciano la fine del mondo nell’anno 2012 si chiedono se l’Escherichia coli potrebbe avere un ruolo: «Non siamo nel film di una catastrofe batterica. Ma conviene pensare, e subito, a quali strategie mettere in campo per affrontare le cosiddette malattie emergenti di origine infettiva, la cui incidenza sta continuamente aumentando, anche per effetto della globalizzazione. Aperta dalla comparsa di un farmaco miracoloso come gli antibiotici – che in quest’emergenza non sono d’aiuto – l’era dell’hubris, della superba certezza della vicina vittoria sulle malattie infettive, è definitivamente alle nostre spalle» (Eugenia Tognotti). [5]

Note: [1] Giordano Stabile, La Stampa 3/6; la Repubblica 4/6; Luigi Offeddu, Corriere della Sera 4/6; Al. Alv. La Stampa 5/6; [2] www.ilsole24ore.com 2/6; Eugenia Tognotti, La Stampa 3/6; [3] Maurizio Ricci, la Repubblica 3/6; Eugenia Tognotti, La Stampa 3/6; [4] Luigi Offeddu, Corriere della Sera 3/6; Adriana Bazzi, Corriere della Sera 4/6; [5] Eugenia Tognotti, La Stampa 3/6; [6] Andrea Tarquini, la Repubblica 4/6; [7] Luigi Offeddu, Corriere della Sera 3/6; Flavia Amabile, La Stampa 1/6; [8] Luigi Offeddu, Corriere della Sera 4/6; [9] Alessandro Alviani, La Stampa 3/6; [10] mi.bo., Corriere della Sera 4/6; [11] Margherita De Bac, Corriere della sera 4/6; Al. Alv., La Stampa 4/6; Lastampa.it 5/6.