Maurizio Lupo, La Stampa 6/6/2011, 6 giugno 2011
CAVOUR SPIRA ALL‘ALBA
ACCADEVA IL 6 GIUGNO 1861 -
Verso l’alba di giovedì 6 giugno 1861 la voce del Conte di Cavour diventa fievole. Durante la notte ha delirato. Ma con tono sonoro, alto e limpido. Con le prime luci anche quel vigore viene meno. Un sudore freddo gli ricopre corpo e fronte. Un dolore lo tortura al braccio sinistro. Il dottor Maffoni tenta di rinfrancarlo. Gli offre una tazza di brodo e un bicchiere di vino. Gli fa applicare impiastri e pezze scottanti. Non ottengono benefici. Il polso di Cavour è debolissimo. Fa sempre più fatica a parlare, anche se la mente, nel delirio, appare ancora rivolta ai temi politici che gli sono cari. La nipote Giuseppina decide che è ora di chiamare il confessore del Conte, padre Giacomo, perché gli impartisca l’Estrema Unzione. Giunge alle 5,30. Cavour ha ancora la forza di accoglierlo. A lui rivolge le sue ultime parole: «Frate, Frate, libera Chiesa in libero Stato!». Quindi s’acquieta. Finché, alle 6,45, dopo due sussulti, spira. Ha meno di 51 anni. Lo ha stroncato una malattia acuta, con dolori addominali, febbre, delirio fluttuante, problemi di coagulazione ed ittero. Ma a indebolirlo sono stati anche i salassi, da lui stesso invocati. La causa finale di morte è stata forse un edema polmonare, o una crisi cardiaca: aritmia o infarto. Alle 9 del mattino Urbano Rattazzi, riunita la Camera, con voce commossa, le partecipa «l’infausto annuncio della morte di Cavour». L’assise delibera all’unanimità venti giorni di lutto nazionale.