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 2011  giugno 04 Sabato calendario

GROUPON VERSO WALL STREET VALE 20 MILIARDI DI DOLLARI

Oltre 240 pagine, depositate alla Securities and Exchange Commission, per mettere nero su bianco il collocamento di un’altra tra le nuove stelle dell’Internet americano. Un collocamento che metterà alla prova la tenuta di quello che è stato battezzato come il «fenomeno Linkedin», il primo social network a stelle e strisce a cercare l’avventura in Borsa. E nelle decine di pagine c’è tutto: il tono irriverente di fondatori e dirigenti. Le speranze di crescita rivoluzionaria. Come, però, i rischi di traguardi mancati e brusche cadute.

Il collocamento sulla scia di Linkedin potrebbe valutare l’azienda, che ha solo due anni e mezzo di vita, almeno 20 miliardi di dollari, stando alle stime che circolano a Wall Street e tra le banche d’investimento. Anche se i tempi dello sbarco non vengono precisati, nè sono sicure le sue dimensioni: la cifra di 750 milioni di dollari citata formalmente come target della raccolta di capitali tra gli investitori è considerata un «placeholder», un ammontare simbolico per la registrazione della initial public offering e destinato a cambiare.

A favore della società di commercio elettronico, guidata dall’amministratore delegato Andrew Mason e specializzata nell’offrire agli utenti acquisti superscontati, gioca il ritmo di crescita finora conosciuto: nel primo trimestre dell’anno il fatturato è salito a 644,7 milioni, quasi pari alle revenue dell’intero anno scorso (713,3 milioni). Vanta accordi con 57.000 aziende in 43 paesi e intasca percentuali su ciascuna operazione di vendita (fino a marzo ne ha calcolate 70 milioni).

Ma le cifre rivelano anche il lato oscuro della società: il suo modello ha già generato centinaia di imitatori ovunque. Proprio il rischio imitazione è considerato tra i più grandi per il futuro della società. E i forti investimenti che sta compiendo, proprio per finanziare la torrida crescita e tenere a bada la concorrenza, l’hanno vista chiudere i bilanci in perdita non di poco: il passivo ha superato i 500 milioni dall’inizio del 2010, 413,4 milioni l’anno scorso e altri 113,9 nei primi tre mesi del 2011. Se le entrate l’anno scorso sono lievitate del 2.141%, inoltre, le spese di gestione si sono impennate del 5.732 per cento.

Nello stesso prospetto Groupon elenca le incognite che faranno la differenza tra successo e fallimento: l’aumento degli utenti, delle aziende e dei deal offerti e la capacità di rispondere ai rivali. L’azienda avverte che potrebbe non mantenere la recente crescita e dice di «non poter assicurare» il rispetto degli obiettivi citati.

Ai vertici di Groupon non macano tuttavia certo le ambizioni, nè il gusto del rischio. Mason, in una lettrera che apre il prospetto, mettere in presto in evidenza lo spirito anticonformista che anima anche ufficialmente la società: «La vita è troppo breve per essere una società noiosa». Ancora: l’intento è creare per gli utenti un’esperienza diversa tutti i giorni, «che giustifichi alzarsi dal letto». Ed ecco citato Grouspawn, campagna di marketing che deriva il nome da un gioco di parole sulla prole: è una fondazione che darebbe borse di studio a bambini concepiti da genitori i quali hanno utilizzato un «affare» di Groupon durante il loro primo appuntamento. C’è di che far impallidire i fondatori di Google, che pure avevano inaugurato nel 2004 il ricorso a un insolito manuale per gli azionisti passato alla storia come il manifesto «Don’t be evil» - niente malvagità - che alla società affidava la missione di fare «cose buone per il mondo». Ma almeno i co-fondatori di Groupon avranno ottime ragioni per essere di buon umore se l’Ipo avrà davverso successo: la quota in mano a Mason, Erik Lefkofsky e Bradley Keywell potrebbe valere sette miliardi.