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 2011  giugno 04 Sabato calendario

A BERLINO L’OSCAR DEI CONTI

La Bundesliga «straccia» la serie A per 16 a 3. È questo l’impietoso risultato del confronto tra le squadre della massima serie tedesca che hanno chiuso il bilancio in attivo (16 su 18) e quelle italiane. Nella stagione 2009/2010, infatti, solo Napoli, Catania e Fiorentina si sono salvate dal deficit.

Una bella e "remunerativa" rivincita per la Germania sul calcio tricolore, dopo l’amara sconfitta del luglio 2006, quando l’Italia uscì vincente dalla semifinale mondiale giocata a Dortmund. Grazie a una riforma strutturale incentrata su forti investimenti nelle infrastrutture e nei vivai e un’attenzione quasi maniacale all’equilibrio dei bilanci, la Bundesliga è riuscita a colmare il divario con la serie A in termini di fatturato e addirittura a superarla nella stagione 2009-2010, ottenendo 1.548 milioni di euro di ricavi contro 1.536. Certo, la Premier è ancora lontana con 2.440 milioni, ma a differenza dei team inglesi, quasi tutti indebitati e spesso in rosso (nell’ultima stagione per un ammontare complessivo di 550 milioni), i club tedeschi sono un esempio virtuoso sul piano finanziario. E anche sul campo non scherzano. Dalla prossima annata saranno quattro (come quelle inglesi e quelle spagnole) le compagini della Bundesliga in Champions. Fino alla scorsa stagione erano tre. Il posto in più è stato soffiato proprio alla A. E siccome il vantaggio accumulato nel ranking Uefa dalla Germania sull’Italia è tale da non essere recuperabile per almeno un quinquennio, il movimento calcistico tricolore subirà un danno da mancati introiti per almeno 100 milioni.

Oltre che al rigore dei conti – non a caso, l’Eca, l’associazione dei club europei che ha portato avanti con la Uefa il progetto del fair play finanziario è presieduta dall’ex stella del calcio teutonico e attuale presidente del Bayern Monaco, Karl-Heinz Rummenigge – la peculiarità delle società tedesche sta anche nella cosiddetta "regel 50+1", secondo la quale almeno il 51% della proprietà deve essere nelle mani di un’associazione sportiva di cui fanno parte i tifosi e il cui voto è determinante per la nomina degli organi sociali. Una cautela che, oltre a ridurre il rischio di speculazioni, ha il pregio di potenziare il ruolo del tifoso, che diventa parte attiva del progetto societario. «Ormai è evidente che il modello del calcio dei mecenati, pronti a ripianare periodicamente le perdite – osserva Valeria Panzironi, responsabile del Centro di ricerca per il diritto di impresa della Luiss che insieme al Centro studi Figc diretto da Michele Uva sta analizzando i sistemi di governance delle società di calcio europee –, non può più reggere. Un sistema in cui i costi crescono molto più dei ricavi e nel quale le perdite sono divenute inevitabili fa sì che il fallimento delle società di calcio sia sempre dietro l’angolo. La crisi peraltro è diffusa in tutta l’Europa, ad eccezione appunto della Germania».

Le performance del calcio tedesco si spiegano anche con un il mix ben ponderato delle fonti di guadagno: gli incassi, infatti, derivano per il 23% dallo stadio, per il 32% dai diritti tv e per il 45% da sponsor e merchandising. Il fatturato della A dipende per due terzi dai diritti tv e la Premier per il 50 per cento. La Spagna distribuisce le entrate – 1,5 miliardi – tra un 38% di diritti tv, il 30% dagli stadi, e il 32 dal settore commerciale. Tuttavia nella Penisola iberica, il 56% del fatturato dipende da Real Madrid e Barcellona.

La Bundesliga poi ha il record di spettatori (la media è di 42mila, contro i 34mila dalla Premier, i 28mila della Liga e i circa 25mila della A). La percentuale di riempimento degli impianti tedeschi, rifatti per i Mondiali 2006, è dell’88%, a fronte del 92% della Premier e il 61% della serie A. La Germania, inoltre, ha il primato continentale per gli incassi da sponsorizzazioni e merchandising (700 milioni, contro i 310 dell’Italia).

Anche guardando i conti in controluce, la Bundesliga si fa apprezzare. Il costo del lavoro, nonostante il sensibile incremento del tasso tecnico del torneo, resta in Germania al 52% del fatturato (al netto delle plusvalenze). Gli ingaggi assorbono il 62% dei ricavi nella Premier e nella Liga. Ma questa percentuale sale, inesorabilmente, al 70% in Francia e al 72% in serie A.