Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  giugno 04 Sabato calendario

Il contatore Geiger è lo strumento più comune per misurare la radioattività. Inventato nel 1913, nelle versioni commerciali ha le dimensioni di un telecomando e il prezzo di un telefonino

Il contatore Geiger è lo strumento più comune per misurare la radioattività. Inventato nel 1913, nelle versioni commerciali ha le dimensioni di un telecomando e il prezzo di un telefonino. Il modo più rapido per acquistarne uno è ordinarlo via Internet. Ma è inutile provarci adesso. Tutti i fornitori avvertono che le scorte sono esaurite. Se ne riparla a ottobre. E’ uno dei tanti «effetti Fukushima». Dagli Stati Uniti all’Europa i contatori Geiger sono andati a ruba. Il disastro nucleare giapponese ha spinto molti cittadini con qualche nozione tecnica a cercare in prima persona una risposta alle proprie preoccupazioni. Procurarsi un contatore Geiger è anche il consiglio di Marco Casolino, fisico dell’Università di Roma Tor Vergata, autore dell’instant book Come sopravvivere alla radioattività (Cooper ed.). Chi il Geiger l’ha comprato, sa che non scioglie i dubbi. Tra i contatori a buon prezzo non ce ne sono due che forniscano gli stessi dati. Le differenze vanno da 1 a 10 se non da 1 a 100. Ma gli stessi Geiger professionali devono essere interpretati: la radioattività è un fenomeno probabilistico e solo una statistica seria per un tempo di misura adeguato dà indicazioni significative. Questo per dire che nel mondo di oggi diventa sempre più difficile avere tutte le informazioni necessarie per decidere. Lo toccheremo con mano nei referendum del 12 giugno. Puntare sull’atomo o sulle energie rinnovabili? Siamo più garantiti nei nostri diritti e tutelati nelle tariffe da un’acqua a gestione pubblica o da un’acqua privatizzata? Meglio la stabilità di governo a costo di avere un presidente del Consiglio implicato in imbarazzanti vicende di affari e di sesso o meglio che i cittadini siano tutti uguali davanti alla legge? Diamo il primato alla politica o alla morale? Sono questioni complesse nel senso etimologico della parola: complesso – cosa diversa dal complicato – significa «ripiegato più volte», mentre è semplice ciò che è piegato una volta sola. Purtroppo oggi di semplice è rimasto poco. E’ complesso il problema dell’energia (nucleare e non), è complessa la gestione delle risorse naturali (non solo dell’acqua), è complessa l’interazione tra società, politica e informazione. Sono complessi i mercati finanziari, le metropoli, gli equilibri ecologici. E’ impossibile ridurre la complessità a semplicità con una bacchetta magica. Ma se non la si gestisce, la complessità diventa paralizzante. In qualche modo bisogna decidere, scegliere. Alain Berthoz, fisiologo della percezione al Collège de France di Parigi, nel titolo del suo ultimo libro, edito da Codice, propone una via di uscita: la semplessità , neologismo che suggerisce una «complessità decifrabile» o se preferite una «semplicità complicata». Si tratta di adattare regole semplici a dati complessi per giungere a una sintesi che permetta di prendere decisioni. Davanti alle schede dei referendum avremo bisogno di semplessità , e perché sia una semplessità documentata i libri (non certo i dibattiti televisivi) sono ancora lo strumento più utile. Sulla questione acqua esistono i libri ben informati di Giuseppe Altamore, il più recente edito da SugarCo. Dal recentissimo La grande sete di Charles Fishman basta citare ciò che scriveva l’economista Adam Smith nel 1776: «La parola valore ha due differenti significati: talvolta esprime l’utilità di qualche particolare oggetto e talaltra ha il potere di acquistare altri beni che il possesso di questo oggetto conferisce. L’uno può essere detto valore d’uso; l’altro valore di scambio. Le cose che hanno il massimo valore d’uso spesso hanno scarso o nessun valore di scambio; e al contrario quelle che hanno il massimo valore di scambio hanno frequentemente scarso o nessun valore d’uso. Nulla è più utile dell’acqua; ma con essa non si potrà acquistare quasi nulla e difficilmente si potrà ottenere qualcosa in cambio di essa. Un diamante, al contrario, non ha quasi nessun valore d’uso; ma con esso si può spesso ottenere in cambio una grandissima quantità di altri beni». Le norme che i referendum vogliono abrogare sono ispirate da una visione del mondo nella quale non esistono valori ma solo prezzi. Il prezzo dell’acqua dovrebbe essere inversamente proporzionale al suo valore. Qui, dove l’acqua è abbondante, possiamo anche pagarla un po’ più cara. In Africa, dove un litro d’acqua decide tra la vita e la morte, fa orrore il solo pensiero di poter vendere quel litro ad un prezzo stabilito secondo la legge della domanda e dell’offerta. Nel caso del nucleare Fukushima aiuta a decidere, e razionalmente, non emotivamente come insinua qualcuno: ora sappiamo che persino un paese efficiente e avanzato come il Giappone è inerme e pasticcione di fronte a un incidente atomico. Né si dica che la colpa è dello tsunami: grazie ai sistemi di sicurezza, mai il raffreddamento dei reattori avrebbe dovuto bloccarsi. Anche l’uscita dal nucleare della Germania annunciata da Angela Merkel, è eloquente. Ma chi cerca un quadro complessivo del problema legga Il miraggio nucleare di Coderch e Almiron. Dopodiché su energia e acqua, e in generale sulle questioni tecno-scientifiche, troveremo sempre visioni del mondo inconciliabili. Da un lato i paladini della tecnologia: Roberto Vacca, Umberto Veronesi, Chiara Tonelli, e Patrick Moore, il pentito di Green Peace, vedono in essa e nello sviluppo le premesse per un futuro migliore. Dall’altro lato i profeti della sobrietà e della decrescita – Luca Mercalli, Antonio Galdo, Luigi Sertorio – tendono a fare l’equazione tecnologia = consumismo e attacco all’ambiente. Leggiamo, facciamoci un’idea stando attenti al tranello dei dogmi contrapposti. E ricordiamo che talvolta la semplessità coincide con il buon senso.