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 2011  giugno 02 Giovedì calendario

“Mia moglie Asia Bibi rinchiusa in una cella senza poter dormire” - Ashiq Bibi non è abituato agli incontri ufficiali, alle strette di mano, ai flash dei fotografi di fronte ai quali chiude regolarmente i piccoli occhi spaventati e fa un passo indietro quasi temesse di disturbare

“Mia moglie Asia Bibi rinchiusa in una cella senza poter dormire” - Ashiq Bibi non è abituato agli incontri ufficiali, alle strette di mano, ai flash dei fotografi di fronte ai quali chiude regolarmente i piccoli occhi spaventati e fa un passo indietro quasi temesse di disturbare. È nato 51 anni fa nel poverissimo villaggio di Ittanwali, in Punjab, dove ha vissuto nell’ombra tutta la sua vita fino all’arresto dell’amata moglie Asia tristemente nota come la Sakineh pachistana, la contadina cristiana accusata dalle compagne di lavoro d’aver violato la famigerata legge contro la blasfemia. «L’ho vista martedì scorso nel parlatorio della prigione di Sheikhupura, era sciupata, magra, ma almeno adesso può dormire perché grazie alle pressioni internazionali l’hanno spostata in una cella più grande in cui riesce a sdraiarsi. Chiedeva continuamente dei bambini che non vede ormai da un anno e le ho promesso che sarei stato via solo due giorni e poi avrei fatto di tutto per portarli da lei» racconta da Parigi dove ha presentato il libro della giornalista Anne-Isabelle Tollet «Blasfema» che uscirà il 15 giugno in Italia per Mondadori. Li chiama «bambini» sebbene nessuno dei suoi cinque figli lo sia più davvero: la primogenita Nassim ha 21 anni, mentre l’ultima, l’undicenne Esha, disabile, ha smesso definitivamente di giocare quando una mattina di giugno del 2009 due poliziotti hanno bussato alla porta di casa per portarle via la mamma. Il calendario è fermo a quel giorno anche per Ashiq, che il mese successivo ha lasciato il lavoro nella fabbrica di mattoni di Ittanwali per trasferirsi con la famiglia a Lahore: «La situazione era diventata impossibile. Non c’erano mai stati problemi con i musulmani, eravamo amici. Ma di colpo, dopo la cattiva pubblicità dei mullah fondamentalisti, avevano tutti paura di parlare in pubblico con noi, ci evitavano come il male. Per non menzionare le minacce: ne riceviamo anche a Lahore dove abbiamo già dovuto cambiar casa tre volte». Il 7 novembre scorso un tribunale del distretto di Nankana, 75 km a ovest di Lahore, ha incriminato Asia condannandola all ’ i m p i c c a g i o n e . Ashiq è un uomo semplice come l’abito tradizionale bianco che si stira da solo, ci ha messo un po’ a capire cosa stesse accadendo: «Avevo scoperto la legge sulla blasfemia un paio di mesi prima, quando era stato arrestato un uomo del villaggio di Gujra, ma credevo che alle donne non potesse capitare. Ora so che ci sono diversi casi e non si tratta solo di cristiani, i mullah accusano anche i musulmani moderati o scomodi». Secondo la Commissione Nazionale Giustizia e Pace tra il 1986 e il 2009 sono finite nella trappola della iniqua legge almeno 964 persone, 479 delle quali musulmane. Quindici mamme cristiane si trovano attualmente in carcere come Asia Bibi. «Ci manca tutto di Asia, dalla sua presenza fino ai piatti di riso al curry con i peperoni - continua Ashiq -. I bambini sanno che rischia la morte, la loro vita è sospesa. Mi danno lettere e disegni da portarle, anche se posso a mala pena mostrarli perché ho a disposizione solo 15 minuti e le grate sono talmente strette che non riesco a infilare neppure un dito. Il giorno della festa della mamma avevo così tanti fogli per Asia che ha pianto, proprio come quando le raccontai che il governatore del Punjab Salman Taseer era stato ucciso per averla difesa». Forte della campagna internazionale che dopo la sentenza ha inondato il governo pachistano di 40 mila email di protesta, Ashiq si è appellato all’Alta Corte: «Ho speranza, ma ormai so che tutto può succedere». Lo sa da quel giorno estivo di due anni fa quando alcune contadine che lavoravano nei campi con la moglie quarantacinquenne le chiesero di andare a prendere l’acqua al pozzo e poi la insultarono perché, in quanto cristiana, la contaminava. Lei si difese e, nell’indifferenza di chi abbassava lo sguardo per paura, fu denunciata per blasfemia: «Da noi nessuno si mette contro la maggioranza, specie nel caso di dispute religiose. Ma il Pakistan è il mio Paese e lì c’è Asia, sto dove sta lei, viva o morta».