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 2011  giugno 03 Venerdì calendario

TRA I BAMBÙ CINESI IL BABY BOOM DEL PANDA GIGANTE

Il panda gigante resta un animale ad alto rischio di sopravvivenza, ma la specie non è più in imminente via di estinzione. L´orso-simbolo della Cina, icona della lotta mondiale per la salvaguardia della natura, negli ultimi due anni ha invertito la tendenza negativa tra nascite e decessi. Dopo quasi tre decenni, gli scienziati dell´Istituto di ricerca per la conservazione del panda gigante, a Chengdu, festeggiano oggi un successo che sembrava impossibile. Lo scorso ottobre «Yo Yo», esemplare di quattro anni, ha partorito due gemelli nella nursery della più importante area protetta del pianeta, in Sichuan. Grazie alle nuove tecniche di inseminazione artificiale, i ricercatori del Sudovest della Cina, la sola zona dove vive il panda, nel 2010 sono riusciti a far nascere in cattività e a far sopravvivere 23 esemplari. È un vero e proprio baby-boom. «Quest´anno - dice Zhang Zhihe, direttore dell´Istituto di ricerca di Chengdu - ci aspettiamo altri 25 neonati, mentre i capi anziani sono undici. Il programma di reinserimento dei panda giganti nelle foreste può diventare sistematico». La festa non è stata rovinata dalla notizia della morte di Ming Ming, 34 anni, l´esemplare più vecchio della terra, custodito in uno zoo del Guangdong. Il record di 18 cuccioli, stabilito nel 2006, è ormai polverizzato e una delle specie biologicamente più anziane del pianeta, fiaccata da otto milioni di anni, si appresta ad entrare in una nuova fase. Tra le montagne fresche e umide del Sichuan si stima sopravvivano 1600 panda giganti, rispetto ai 700 di dieci anni fa. Inseminazione artificiale, congelamento dello sperma e incroci genetici hanno consentito ai ricercatori cinesi di far nascere altri 300 esemplari, custoditi in altre tre regioni del Paese. Il centro di ricerca di Chengdu, fondato nel 1987, rappresenta l´avanguardia dell´impegno a evitare l´estinzione di uno degli animali più belli e delicati. È l´Istituto più grande al mondo, occupa 75 scienziati e nell´area aperta al pubblico ospita 60 panda giganti e una quarantina di panda rossi. Fino ad aprile si estendeva su 65 ettari, ma entro il prossimo dicembre si amplierà a 235, penetrando nei boschi selvatici di bambù ad oltre tremila metri di quota. Per «Xiong Mao», il «grande orso gatto» come viene chiamato dai cinesi, la svolta è arrivata dalla ricerca umana. In passato gli imperatori del Celeste Impero usavano il panda in battaglia, sfruttando la sua aggressività. Allora il panda era carnivoro e solo l´istinto di sopravvivenza, per difendersi da tigri, giaguari e cacciatori, lo ha spinto nel profondo delle selve di bambù. Si è trasformato così in un erbivoro, pur mantendendo l´apparato digerente di un predatore, e nell´unico animale condannato alla monoalimentazione delle lunghe canne verdi. Già nel 1869 il sacerdote francese Armand David, il primo a far uscire dalla Cina un panda gigante catturato nella contea di Baoxin, si era reso conto che la specie era prossima alla fine. Indebolito dalla carenza calorica, minato da disfunzioni organiche e malattie che ne hanno reso difficile accoppiamento e capacità riproduttiva, il panda è diventato un essere solitario e pigrissimo, dedito solo a nutrirsi e a dormire, tra i rami più alti degli alberi. «Ha una vita breve - dice Huang Xianming, responsabile della ricerca genetica nel Centro di Chengdu - in cattività arriva a vent´anni, libero a non più di quindici. La maturità sessuale si compie a 7 anni: è chiaro che, al di là delle responsabilità dell´uomo nella distruzione del suo habitat, è una creatura fragile come una farfalla». L´allarme estinzione fu dato nel 1936 dall´americana Ruth Harkness, che esportò negli Usa un cucciolo facendolo passare per un cane, grazie ad una mancia di pochi spiccioli ai doganieri. Solo nel 1972 però, grazie alla storica visita di Richard Nixon in Cina, dove il disgelo politico fu celebrato dal regalo di Mao al presidente Usa di una coppia di panda, il mondo si è mobilitato per salvare l´animale-emblema dell´armonia con la natura. Gli scienziati cinesi hanno imparato a prelevare e a conservare il seme dei maschi, l´inseminazione artificiale ha ridotto l´incrocio tra consanguinei e l´arricchimento dell´alimentazione, con frutta e latte, ha rafforzato i capi. La pressione internazionale ha fatto il resto. Pechino ha rallentato la deforestazione del bambù, preservando il Sichuan da un devastante inquinamento di aria e acqua. Arrestato il crollo delle nascite, a Chengdu è dunque partito il piano per riportare nelle aree selvatiche gli orsi bianchi e neri nati in cattività, irrobustendo la popolazione naturale. Il biologo Tang Chunxiang ha studiato un percorso in quattro fasi: da parto e svezzamento, spesso con normali biberon, va al trasferimento dei capi giovani in zone miste, dove iniziano a integrare in modo autonomo la nutrizione. La terza fase spinge i panda, dotati di chip sottocutaneo, in aree dove riprendono a vivere grazie all´istinto, controllati una sola volta all´anno. L´ultimo step restituisce gli adulti per sempre alla natura, fino a perderne ogni traccia. «Il primo reinserimento di successo - dice la ricercatrice Hu Rong - è del 2010. Fino ad allora dopo pochi mesi i panda liberati morivano di fame. Nel 2011 gli esemplari abbandonati nelle foreste saranno una trentina e oggi contiamo di ripopolare zone abbandonate da secoli». Per favorire la riproduzione, a Chengdu proiettano nei recinti scene di accoppiamento, cercando di rompere l´isolamento e l´assenza di desiderio sessuale dei maschi. Risultati? Zero, tanto che solo l´inseminazione artificiale mantiene in vita la specie. Milioni di persone possono così vedere i panda giganti mentre mangiano nelle aree protette del Sichuan, contribuendo a mantenimento e salvaguardia. Un amore tardivo, ma indistruttibile. Da giorni i cinesi sono in fila davanti ai cinema dove si proietta «Kung Fu Panda 2», cartoon hollywoodiano campione d´incassi. A nulla ha potuto il boicottaggio di un noto artista e della propaganda, che hanno scatenato una campagna anti-Usa contro «l´invasione culturale». Anche la Cina, se c´è di mezzo un panda, disobbedisce. E il pianeta torna a sperare di non perdere il simbolo della forza della vita.