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 2011  giugno 02 Giovedì calendario

INDIPENDENTI NEL BOARD, COSI’ IL NORDEST ASCOLTA DRAGHI

Un indipendente nei consigli di amministrazione delle medie aziende non quotate. L’esperimento è andato avanti in alcune aziende del Nordest e ora potrebbe espandersi, rispondendo così implicitamente all’appello del governatore Mario Draghi che ha invitato i gruppi familiari ad aprirsi all’ingresso di esterni. Alla Fiamm (componentistica auto) la famiglia proprietaria, i Dolcetta, ha ingaggiato Ugo Loser, ex partner Bain &Co. Alla Morellato (gioielli) il padrone Massimo Carraro ha chiamato in consiglio Matteo Marzotto e Concetta Lanciaux, ex manager del gruppo Louis Vuitton. Alla Sit Group la famiglia de’Stefani ha ingaggiato Bruno Pavesi, ex Honeywell e Bticino e attuale consigliere delegato dell’università Bocconi. Nessuna disposizione di legge obbliga ad aprire i consigli, ma se Dolcetta, Carraro e de’Stefani lo hanno fatto la motivazione sta nella volontà di attirare in azienda competenze complementari. Manager che abbiano esperienze di prodotto, di mercato o tecnologiche che mancano ai fondatori. Un esempio lampante è proprio Morellato che vuole rafforzarsi nel settore del lusso e con la Lanciaux si è assicurato un know how di standard internazionale. Commenta Paolo Gubitta, dirett o r e s c i e n t i f i c o de l l ’a r e a imprenditorialità del Cuoa di Altavilla Vicentina: «La presenza di indipendenti nei Cda serve anche a rendere più lineari i processi decisionali. Se c’è un manager estraneo non si possono portare le beghe di famiglia in consiglio! O comunque non si possono gestire tutte le decisioni d’azienda con il solo buon senso familiare» . Ma c’è un terzo motivo per cui proprio il Cuoa, come scuola di management, punta sulla formula degli indipendenti nelle medie aziende: nelle imprese di prima generazione del Nordest in genere comanda un fratello e gli altri sono comunque coinvolti nell’operazioni, quando però si passa alla seconda generazione solo il 50%dei familiari lavora in azienda e successivamente con le terze generazioni questa percentuale scende a quota 33. «Così ci sono tanti familiari azionisti non coinvolti nel giorno per giorno che vogliono però avere le stesse informazioni degli altri. Nominare un consigliere d’amministrazione indipendente può essere una buona ricetta per tutelarli e per evitare il sorgere di pericolosi conflitti tra chi è in azienda e chi fuori» , annota Gubitta. Ovviamente il manager «foresto» tutelerà i diritti di medio periodo dei familiari non operativi ed eviterà che, ad esempio, l’azienda si sveni nella politica dei dividendi togliendo risorse allo sviluppo del business. Ma le famiglie accettano facilmente che ci sia in consiglio qualcuno talmente indipendente da poter pronunciare al momento opportuno qualche scomodo «no» ? È evidente che per accettare in pieno la discontinuità è necessario un processo di crescita culturale. La proprietà deve essere disponibile ad aprirsi sul piano informativo, mettere a disposizione del consigliere esterno i dati di bilancio, quelli di business e gli orientamenti strategici e farlo tempestivamente (e non cinque minuti prima che si apra la seduta!). I casi di successo al momento sono i tre citati ma Gubitta e il Cuoa pensano che sia una pratica in via di estensione. Molti usano la consulenza informale con manager esterni, si tratta di formalizzarla con l’ingresso in consiglio per darle continuità e riconoscimento. A questo fine ad Altavilla il 7 giugno si terrà un primo seminario in collaborazione con Ned Community, l’associazione diretta da Rosalba Casiraghi che raggruppa i consiglieri d’amministrazione indipendenti. «Diffondere le buone pratiche di governance tra le aziende del Nordest serve a facilitare quel processo di crescita dimensionale che oggi in molti reputano giustamente necessario» chiude Gubitta.
Dario Di Vico