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 2011  giugno 09 Giovedì calendario

HONG KONG, LA BORSA CHE PARLA ITALIANO

Diventerà la Borsa delle Borse, il listino azionario di Hong Kong. Il mese scorso, scatenando una richiesta 2 mila volte superiore all’offerta, si è quotata la Milan Station, che a dispetto del nome è cinese, specializzata nella vendita di borse griffate di seconda mano. A giorni, e quindi prima dell’italiana Prada, il cui debutto dovrebbe avvenire il 24 giugno, sbarcherà all’Hkse, l’Hong Kong Stock Exchange, l’americana Samsonite. Poi, dopo la maison guidata da Patrizio Bertelli, sarà la volta di un altro marchio yankee forte nelle borsette, Coach, e probabilmente più avanti toccherà al brand britannico Burberry. In rampa di lancio paiono pure i giapponesi di Baroque, che con il loro abbigliamento casual della marca Moussy sono diretti concorrenti dell’abruzzese Miss Sixty, la società fondata da Wicky Hassan e Renato Rossi che è intenzionata a quotare a Hong Kong la propria filiale asiatica, o addirittura quella cinese, entro il 2013.
Alla moda piace assai la Borsa dell’ex colonia inglese. E viceversa. Un’attrazione fatale basata soprattutto su due pilastri. Il primo, di carattere commerciale. È in Cina che lusso e moda sono destinati a crescere di più nei prossimi anni, e Hong Kong è l’unica città al mondo organizzata, anche urbanisticamente, per lo shopping; per le aziende che vendono nel Far East quest’area sarà sempre più importante. Per Prada, l’area Asia-Pacifico è già il primo mercato del gruppo, con 645 milioni di euro di fatturato su un totale di 2 miliardi. Il secondo pilastro è di natura finanziaria. A Hong Kong non solo c’è un sistema fiscale semplice e con una tassazione sui profitti che arriva al massimo al 16,5 per cento (e non esiste neppure l’Iva), ma soprattutto chi colloca in Borsa i titoli porta a casa più soldi. Molti di più, assicurano analisti e avvocati d’affari, banchieri e consulenti d’ogni specie. Racconta da Hong Kong Paolo Bodo, ex tennista (ha giocato sia al Roland Garros che a Wimbledon), oggi capo per l’Oriente di Miss Sixty: "Per una griffe di caratura mondiale come Prada o per società con un marchio comunque noto in Asia, un buon prodotto e una acclarata continuità nel lancio e nella fornitura di collezioni, qui è normale che analisti e investitori valutino un’azienda il doppio rispetto all’Europa o agli Stati Uniti".
È difficile capire il perché la stessa azienda debba valere molto di più se sceglie di quotarsi a Hong Kong piuttosto che a Londra, New York o a Milano. Eppure, in tanti sostengono che le cose stanno proprio così. Anche se, precisano, a Hong Kong non hanno l’anello al naso e dollari da buttare dalla finestra. Di certo, non ci si quota sull’isola zeppa di grattacieli e studi legali di origine anglosassone per risparmiare sulle commissioni applicate dalle banche, che sono più care rispetto all’Occidente, o sui costi vivi delle pratiche, legali e burocratiche, appesantiti anche dalle monumentali traduzioni dei prospetti informativi. Si dice che per tradurre in cinese l’enorme documentazione necessaria alla quotazione della Rusal, il colosso russo dell’alluminio, gli uomini del magnate Oleg Deripaska abbiano speso oltre 2 milioni di euro. Per una quotazione che non sta facendo faville: collocata a 10,8 dollari di Hong Kong, l’azione Rusal naviga adesso vicino a 11,50, dopo essere precipitata anche sotto quota 7 dollari. Non essendo ancora possibile per gli stranieri farsi quotare nelle piazze di Shanghai e Shenzen, comunque, chi vuole attrarre capitali cinesi da vicino deve dunque far rotta su Hong Kong. I boss della Borsa asiatica sanno di avere in mano una potenziale gallina dalle uova d’oro e si stanno dando parecchio d’affari, attraverso tour promozionali e contatti sempre più serrati con le banche occidentali.
"Non tutte le Borse hanno la stessa sensibilità, Prada fa benissimo a quotarsi a Hong Kong. A Londra o a Milano non la valuterebbero come stanno per fare laggiù", dice Carlo Pambianco, grande conoscitore e consulente della moda italiana. Ci sarà un effetto emulazione? "Penso proprio di sì, ne abbiamo parlato con parecchie società italiane, anche della tecnologia, l’interesse c’è: noi consigliamo di pensarci, però, solo a chi realizza, da quelle parti, il 30-35 per cento dei ricavi", ritiene Gianni Tamburi, banchiere d’affari che, sulla futura centralità di Honk Kong scommette: tanto da essere entrato come azionista nella Palazzari & Turries, società di advisor con un agguerrito ufficio nella società asiatica. Fuori dal pianeta moda, a pensare al listino asiatico ci sarebbe il gruppo campano Adler di Paolo Scudieri, che fattura oltre 820 milioni nella componentistica per i trasporti e fornisce, tra gli altri, pure la Fiat. A Hong Kong già lavora Giovanni Di Salvo della Strabranding, che aiuta le imprese italiane a svilupparsi nel Far East: "Qui si respira un clima diverso: l’attesa per i nuovi collocamenti è frenetica, c’è in giro davvero tanta liquidità e sia i privati danarosi sia gli investitori istituzionali considerano motivo d’orgoglio avere in portafoglio azioni che rappresentano la moda occidentale", sostiene Di Salvo.
Ma vediamo quali vantaggi può portare a Prada l’effervescenza della Borsa di Hong Kong sulla base del più semplice dei parametri utilizzati dagli investitori, quello del P/e, o price/earning, cioè il rapporto tra il prezzo dell’azione e l’utile netto. MilanStation, alla sua maniera la società pioniera per la moda alla Borsa di Hong Kong, al momento del collocamento è stata valutata 20 volte l’utile netto. Le ipotesi che circolano sul prezzo del titolo Prada vanno da un minimo di 8,3 miliardi di euro a un massimo di 11 miliardi (secondo la Mizuho Financial). La griffe milanese ha chiuso l’ultimo bilancio, il 31 gennaio scorso, con un utile netto di 250 milioni di euro: immaginando che, per piazzare circa il 20 per cento di Prada sul listino asiatico, la società e le banche incaricate decidano di valutare 10 miliardi l’intera società, ne deriverebbe un P/e pari a 40. Circa il doppio di quello a cui oggi è valutato a Parigi il colosso del lusso Lvmh. Per Richemont e Tiffany, il multiplo è, rispettivamente, di 22 e 25. Hong Kong, in cinese, vuol dire profumato. Per le tante società in marcia verso la sua Borsa, un profumo di quattrini.