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 2011  giugno 09 Giovedì calendario

CSM A PESO D’ORO

Il blitz è scattato la mattina del 16 marzo scorso. Quel giorno il Consiglio superiore della magistratura, l’organo di rilievo costituzionale che è presieduto di diritto dal capo dello Stato e che ha l’ultima parola sulle carriere e la disciplina dei quasi 10 mila giudici e pubblici ministeri italiani, ha affrontato la delibera 421/VS/2011. Sessantotto complicatissime righe in giuridichese puro, infarcite di richiami a codici e regolamenti, con un obiettivo che si sarebbe voluto tenere segreto: annacquare una legge dello Stato, la numero 122 del 30 luglio del 2010. Che in nome di una generale austerità ha disposto una cura dimagrante sulle spese degli organi costituzionali, del governo e degli apparati politici nazionali, tagliando del 10 per cento dall’inizio di quest’anno perfino gli stipendi di ministri e sottosegretari. A far venire l’orticaria ai 24 consiglieri del Csm (16 togati e 8 nominati dal Parlamento) era il primo comma dell’articolo 6. Un testo di una chiarezza cristallina: "Eventuali gettoni di presenza non possono superare l’importo di 30 euro a seduta giornaliera". Per i membri di uno dei club più potenti ed esclusivi d’Italia sarebbe stata un’autentica débâcle. Accanto a una retribuzione fissa da mille e una notte, negli anni lor signori si erano infatti graziosamente elargiti delle fiches di tutt’altro tenore. Che scattavano ogni qual volta un membro dell’augusto consesso faceva capolino a una qualsiasi riunione, anche se non invitato.
Nel 2009 il tariffario prevedeva 180 euro per le sedute delle commissioni, 204 per il comitato di presidenza, 330 per il plenum del consiglio e 407 per la sezione disciplinare (per una spesa complessiva di 2 milioni, 378 mila, 752 euro e 46 centesimi). E se la riunione cominciata la mattina riprendeva dopo la pausa per lo spuntino di mezzogiorno si contava due volte, così come il gettone, trasformato di fatto in una sorta di indennità da mancata pennichella. Davanti a quella che ritenevano un’odiosa legge capestro gli uomini del Csm avevano tentato una prima manovra di aggiramento, scegliendo con cura un momento di distrazione generale. La mattina del 16 dicembre, facendo finta di non aver capito bene quanto stabilito dall’articolo 6 ("Non ci riguarda", ha detto a "l’Espresso" il consigliere Riccardo Fuzio), avevano accettato con qualche sofferenza di limare del 10 per cento i loro gettoni-monstre. Che però sempre tali rimanevano e quindi a rischio tagliola. Così, dopo averci pensato e ripensato per tre mesi, il 16 marzo hanno cambiato strada, trasformando il buono-premio per le commissioni in un importo forfettizzato: 4.860 euro al mese (esclusi plenum e disciplinare, che è esentata dalla legge, pagati a parte: rispettivamente, 292 e 330 euro a seduta) e buonanotte. Il risparmio rispetto al passato senza dubbio c’è; il tetto di 30 euro, manco a parlarne.
Al Csm sono abituati così. Fanno ciò che più piace loro. E senza mai rendere conto di niente e a nessuno. Se n’è accorto a sue spese lo scorso anno un furibondo Renato Brunetta. Il titolare della Funzione pubblica doveva congegnare una legge che ponesse un tetto alle retribuzioni pagate dallo Stato e aveva scelto come parametro quella del primo presidente della Corte di Cassazione, che del Csm è membro di diritto. Così aveva chiesto lumi sul suo stipendio (gettoni compresi) al Consiglio, che non s’era degnato di rispondere. Brunetta s’era allora rivolto ad Angelino Alfano, ma il Guardasigilli aveva mostrato di saperne quanto lui: cioè zero. A quel punto i due, dandosi di spalla, erano tornati alla carica. Facendo però poco più che un buco nell’acqua: "Fate conto che si tratti di una cinquantina di migliaia di euro", si erano limitati a rispondergli mesi dopo dal Csm, rifiutandosi comunque di mettere la cifra nero su bianco. Per questo viene da chiedersi se Giorgio Napolitano, sul cui rigore non è lecito nutrire dubbio alcuno, sia mai stato informato del sotterfugio appena attuato.
A chiacchiere il Csm più ricco del mondo (il budget 2011 è di 38 milioni, 828 mila e 149 euro, con un aumento del 26,23 per cento rispetto al 2007) è una casa con le pareti di cristallo. Tanto da consentire la trasmissione in diretta delle sedute dell’assemblea su Radio Radicale. Ma è solo fumo negli occhi. E se tutto è invece rigorosamente segreto (consultare il sito Internet è tempo perso, con buona pace di Brunetta e della sua legge sulla trasparenza) il motivo è semplicissimo. Il fatto è che dietro la severa facciata di Palazzo de’ Marescialli, dove il Csm è acquartierato, c’è il paese di Bengodi, che costa al contribuente 6 milioni e 50 mila euro l’anno solo per pensosi convegni all’insegna della formazione professionale.
Nell’ente lottizzato per eccellenza (tra il 1972 e il 2010 le correnti del sindacato dei magistrati hanno espresso il 98,8 per cento della componente togata) i 243 dipendenti (di cui 32 autisti, contro i tre del Csm francese) hanno talmente poco da fare da poter essere autorizzati, caso forse unico al mondo, a svolgere ufficialmente un secondo lavoro. In compenso, riescono a mettere insieme una media di 2.839 euro di straordinari all’anno. E per essere sospesi fino a un massimo di dieci giorni devono almeno minacciare un collega, ingiuriare il Consiglio o molestare, anche sessualmente, qualcuno.
Pure i consiglieri sono davvero felici di esserlo. E ne hanno tante buone ragioni, illustrate in un "Regolamento di amministrazione e contabilità" che sembra scritto da un burlone ("È vietato imputare spese a capitoli di bilancio diversi da quelli cui le spese si riferiscono": parbleu). Pagati a gettone come i juke-box per presenziare alle sedute, i magnifici 24 hanno infatti uno stipendio a prescindere, per dirla con Totò. Il vice presidente, l’ex deputato Michele Vietti, equiparato al primo presidente della Corte di Cassazione, incassa 255 mila euro. I consiglieri, considerati alla stregua del più anziano tra i presidenti di sezione della stessa Corte, si fermano a 222 mila. I professori nominati dal Parlamento conservano lo stipendio a vita (a spese delle università e cioè dei contribuenti) e hanno una liquidazione pari a tre stipendi mensili per ogni anno di attività (il triplo dei comuni mortali). I togati tengono in caldo il posto nella magistratura, che a fine mandato li riaccoglie amorevolmente. E non è finita qua. Perché, oltre allo stipendio, ai gettoni e al rimborso delle spese di viaggio, coloro che non risiedono a Roma possono contare su un’indennità di missione, che vale 340 euro lordi al giorno e viene erogata sulla parola: l’articolo 26 del "Regolamento" parla infatti di autocertificazione. E ancora: esiste (26 bis) un imperscrutabile "Trattamento per lo svolgimento di compiti di natura istituzionale sul territorio nazionale". Sono altri 400 euro mensili. Pure esentasse.
Di sicuro i consiglieri non si trovano nell’imbarazzante situazione di chi non ha il tempo per spendere quanto guadagna. All’avanguardia sul fronte del diritto del lavoro, hanno infatti varato un’innovazione di carattere mondiale, che starebbe bene in un libro di Harry Potter ed è invece citata nei manuali sull’ordinamento giudiziario: il mese corto. Significa che al Csm si lavora solo tre settimane su quattro. Escludendo i weekend, fa 15 giorni al mese.
Già così sarebbe niente male. E invece è ancora meglio. Sì, perché il venerdì si riunisce solo la sezione disciplinare. Così, nel loro irreale calendario, i giorni di lavoro effettivi sono 12 al mese. E i mesi si fermano a dieci l’anno, perché le ferie non sono disciplinate, ma vanno normalmente da metà luglio al 10 settembre. Vuol dire che, pallottoliere alla mano, un consigliere del Csm non residente ha una retribuzione media lorda di oltre 2.700 euro per ogni giornata trascorsa in ufficio. Nel corso della quale, se vuole sgranchirsi le gambe, può sempre andare a fare due salti nella piccola palestra interna di Palazzo de’ Marescialli. Perché al Csm non si fanno mancare davvero niente. Neanche 340 mila euro in fantozziani ticket restaurant.