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 2011  giugno 03 Venerdì calendario

Un voto antidemocratico. Ecco le prove - Non sono andato a votare ad alcun referendum. Mai. Il nostro re­ferendum è contro l’aritmetica e per me l’aritmetica è (quasi) sacra

Un voto antidemocratico. Ecco le prove - Non sono andato a votare ad alcun referendum. Mai. Il nostro re­ferendum è contro l’aritmetica e per me l’aritmetica è (quasi) sacra. Ed essendo contro l’aritmetica il nostro referendum è, di conse­guenza, contro la democrazia, per­ché in democrazia conta il nume­ro, cioè l’aritmetica. Mi rendo con­to che secondo il leader dell’oppo­si­zione la nostra sarebbe la Costitu­zione più bella del mondo. Ma, an­che fosse- onorevole Bersani- lei si deve rendere conto che ciò non im­ped­isce che possa essere una fetec­chia; ancorché la meno fetecchia di tutte le altre Costituzioni. Que­sto, almeno, se la logica non è un’opinione. Diciamo, invece, più realisticamente, che la nostra Costi­tuzione è molto bella e vi siamo tut­ti affezionati, ma ammettiamone la perfettibilità, come di tutte le co­se del mondo. Ora, io non sono un costituziona­­lista. Anzi, sull’argomento non so alcunché. Rimane il fatto che il no­stro referendum abrogativo è, po­tenzialmente, quanto mai antide­mocratico, e questo ce lo dice l’arit­metica, che invece ho studiato, co­me tutti, alle elementari.Fu conce­pit­o per sciogliere l’eventuale dub­bio che una legge, voluta (o mante­nuta) da una maggioranza parla­mentare, sia invece non gradita al­la maggioranza del Paese. Il proble­ma è che con le nostre regole refe­rendarie può benissimo accadere che, senza che quel dubbio venga sciolto, una legge sia abrogata lo stesso e da una minoranza. Che può scendere sino al 25% degli elet­tori. E il fatto che sia possibile che una minoranza cancelli una legge voluta (o mantenuta) da una mag­gioranza non mi sembra consono allo spirito democratico. Prendia­mo il caso del referendum sul nu­cleare. Chi forma l’attuale governo si era proposto agli elettori col program­ma di riavviare il nucleare in Italia; la maggioranza degli italiani ha vo­tato e voluto questo governo, ed es­so sta(va) cercando di attuare quel programma. Orbene, la Costituzio­ne più bella del mondo consente al senatore Di Pietro - che nulla sa di energia e men che meno di nuclea­re- innanzitutto di pontificare sen­za vergogna sull’argomento (anzi, reclamando l’esibizione del curri­culum a chiunque osi contraddir­lo), ma anche di ritenere che, sul te­ma, il governo Berlusconi e la mag­gioranza parlamentare non sia maggioranza nel Paese. Tutto legit­timo, per carità,ma c’è un ma.Il no­stro referendum prevede che se vanno a votare 51 elettori su 100 e 26 di essi si pronunciano per l’abro­gazione, allora la legge viene abro­gata: 26 elettori su 100. Una schiac­ciante minoranza- come solo quel­la di Di Pietro può essere­ dettereb­be legge sulla maggioranza. Lo tro­vate democratico? Nel caso non coglieste ancora ap­pieno l’assurdità della cosa, vi invi­to a riflettere su questa situazione paradossale. Se vanno a votare ben 49 elettori e tutti chiedono l’abroga­zione di una legge, essa non viene abrogata. Se, invece, vanno a vota­re 26 elettori che chiedono l’abro­gazione e ad essi si aggiungono 25 elettori che chiedono il manteni­mento della legge, questa viene abrogata. Singolare, no? L’errore che commette la nostra Costituzione è presumere che le leggi in vigore siano frutto di impo­sizione divina e non, piuttosto, espressione di una maggioranza che si è già espressa con le elezioni politiche. E, di conseguenza, chi ri­tiene (legittimamente, per carità) che quella maggioranza nei Parla­menti tale non è più nel Paese - al­meno limitatamente ad una specifi­ca norma - dovrebbe avere l’onere di dimostrare l’esistenza di tale squilibrio e dimostrare che a vole­re l’abrogazione della norma sono non la maggioranza della metà de­gli aventi diritto al voto, ma la mag­gioranza di tutti gli aventi diritto al voto. Solo così verrebbe sciolto il dubbio che ha portato alla istituzio­ne della consultazione referenda­ria. Siccome ci sforziamo di essere in­tellettualmente onesti, siamo di­sposti a convenire con chi obiette­rebbe c­he in questo modo i referen­dari sarebbero penalizzati dalla cir­costanza che v’è sempre una certa percentuale di elettori che, comun­que, non va a votare e del cui non­voto si approprierebbero gli anti­referendari. Non è difficile intro­durre un correttivo. Ecco un possi­bile modo: porre il quorum pari al numero di elettori alle ultime ele­zioni politiche; sarebbe un po’ co­me dire che hanno titolo ad espri­mersi solo coloro che hanno avuto la responsabilità di andare al voto quando furono chiamati a votare per formare i Parlamenti. Questo forse non soddisferà chi, come Di Pietro, vorrebbe imporre la propria volontà di minoranza. Certamente l’attuale referendum non soddisfa me. Ecco perché io non vado a votare ad alcun referen­dum. Mai. Se ritenete abbia senso ciò che ho scritto, non andate an­che voi.