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 2011  giugno 03 Venerdì calendario

MUTATIS MUTANDIS

Acquistando Il Foglio si rischia di raddoppiarne le vendite. Ma, ogni tanto, ne vale la pena (anche perché lo paghiamo comunque, anche quando non lo acquistiamo). Da quando quell’accolita di beghini teocon, ateocon, neocon, ma soprattutto con (à la française) s’è convertita al libertinismo per difendere il padrone cochon, in redazione gira roba buona. Ieri per esempio Giuliano Mutanda lanciava una meritoria iniziativa al teatro Capranica: “Festa per il caro amico Silvio. Libera adunata dei servi del Cav.”. Formazione tipo: Ferrara, Belpietro, Feltri, Sallusti, Sechi. Sono i direttori di Foglio, Libero, Giornale e Tempo, che quando qualcuno s’azzarda a chiamarli “giornalisti berlusconiani”, anziché arrossire per il complimento, si inalberano e fanno la faccetta offesa. Fingendo di prendersi in giro, il Platinette Barbuto si appella ai “servi liberi e forti”, facendo il verso all’appello di don Luigi Sturzo nel 1919 per il Partito popolare. Solo che Sturzo si rivolgeva “a tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, per gli ideali di giustizia e libertà”. Ferrara invece si rivolge a tutti i dipendenti e aspiranti tali non per gli ideali, ma per conservare gli stipendi: non tanto la Patria, ma “il nostro bene di liberi servi del berlusconismo”. Il tutto nel timore dell’“ordine del giorno Grandi che aspetta solo, per incarnarsi, il 25 luglio”: quando il re o chi per lui potrebbe infilare il Cainano in ambulanza e farlo scortare da robusti infermieri in un’apposita struttura sanitaria. Per evitarlo – delira il Mutanda – “bisogna cambiare qualcosa”, anzi “il qualcuno, Berlusconi”. Il quale, alla veneranda età di 75 anni, dovrebbe “cambiare stile, modi, procedure” per la bella faccia di Ferrara: mettere su “un governo antifiscale” (un ossimoro), indire succulente “primarie per eleggere presidente Pdl e coordinatori regionali” e tornare a “essere se stesso e non la caricatura che ne fanno i suoi nemici”. Essendo notoriamente molto intelligente, Ferrara non capisce che quella del vecchio puttaniere pluri-imputato che si occupa solo dei processi e degli altri cazzi suoi non è la caricatura: è la fototessera. Ma – l’abbiamo detto – Il Foglio di ieri è psichedelico. Sotto l’Elefantino, un tal Alessandro Giuli si esercita in un lavoretto di lingua davvero pregevole. Titolo: “Sconfitto, il Cav. resta il più fico”. Svolgimento: “Il Cav. ancora una volta si è dimostrato il più generoso e temerario della sua schiera... il Demiurgo delle Libertà... il più intelligente nel cogliere il kairòs della politica, momento perfetto per aprire la porta della storia nazionale e buttarcisi dentro; il più sensibile nell’ascolto umorale del suo popolo; il più destro nel dosaggio di strategia e tattica; il più cinico... dunque il più ingenuo... Il superbo, infaticabile narcisista e geniale gaffeur di Arcore uscito sconfitto da se stesso. Perché i grandi si fanno vincere soltanto dal proprio doppio, da quella parte migliore di sé che – in assenza di contendenti all’altezza – a un certo punto dice basta e vela la mente inducendo all’errore fatale”. Slurp. Più sotto si celebra un altro eroe dei nostri tempi: Minzolingua, a cui “la spectre della par condicio” (l’Agcom) avrebbe financo “vietato di intervistare il premier”: ecco, il Direttorissimo marcia ogni giorno su Palazzo Grazioli per strapazzare B. con le sue domande scomode, ma ogni volta trova sull’uscio l’Agcom a sbarrargli la strada. Ora la Spectre, non contenta di averlo privato della carta di credito aziendale costringendolo addirittura a pagarsi le ferie di tasca sua, lo perseguita perché “culturalmente di minoranza nel servizio pubblico” (nel senso che anche l’ultimo usciere Rai è più colto di lui) e vorrebbe mettergli gli “schiavettoni” per un “reato di opinione”. Se dovesse accadere, ci batteremmo come un sol uomo per impedirlo. Ma i mutandieri si rassicurino. Nel caso di specie, quello di opinione si configura come reato impossibile: se mai Minzolingua ha avuto un’opinione, non era la sua.