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 2011  giugno 03 Venerdì calendario

GENGIS KHAN CONQUISTA LA BORSA

Da paese di nomadi e pastori a terra di investitori. La nuova «orda» che si sta mobilitando in Mongolia ha poco a che fare con le imprese di Gengis Khan 800 anni or sono e ben più, invece, con le avventure della finanza contemporanea. Tutti i cittadini, 2,8 milioni, sono improvvisamente diventati azionisti: hanno ricevuto dal Governo, gratuitamente, 538 titoli del colosso nazionale delle miniere e del carbone Erdenes-Tavan Tolgoi. O, più semplicemente, TT.

Ebbene TT rappresenta una piccola fortuna – almeno 360 dollari a testa stando alle stime – per una popolazione dove il reddito annuale pro capite sfiora i 2mila dollari. La valutazione della società – quasi una «start up» alla vigilia d’una attesissima Ipo, che tra fine anno e l’inizio del prossimo collocherà sulle piazze globali il 30% del capitale – supera già ora i 10 miliardi di dollari.

Il collocamento e la pioggia di azioni sono state più che sufficienti ad attirare l’attenzione internazionale. Ne ha parlato il Wall Street Journal. E per gestire l’operazione si sono date battaglia le grandi banche, con in pole position firme del calibro di Goldman Sachs e Deutsche Bank. Il fermento nel paese, inoltre, ha di recente visto Royal Bank of Scotland lanciare un «bechmark certificate» sulla Mongolia, che replica la performance del suo Rbs Mongolia Opportunity composto da nove aziende nel settore estrattivo. La Borsa del paese nella capitale Ulan Bator, il Mongolian Stock Exchange, ha assistito a un’impennata dell’indice Top-20 pari al 138% l’anno scorso. Quest’anno è salito di un altro 27%, anche se è stato vittima di una brusca correzione. I 330 titoli al momento quotati – e finora raramente scambiati – valgono circa un miliardo, ma la previsione è che possano lievitare a 40 miliardi entro il 2020. La crescita economica, in buona misura grazie allo sfruttamento di materie prime quali i giacimenti di carbone di TT nel deserto di Gobi, dovrebbe raggiungere il 10% nel 2010 e il 23% nel 2013.

I rischi incombono quanto le opportunità: lo spettro di crolli di Borsa rapidi come i rialzi, in copiono già visto in altri paesi quali il Kazakshtan. E la paura di gravi errori nella gestione della quotazione proprio di TT: il precedente round di privatizzazioni nel paese, quasi vent’anni or sono, distribuì titoli al pubblico ma finì in realtà con una festa soltanto per gli speculatori. Per pochi soldi ricomprarono da azionisti sprovveduti i diritti a beneficiare della liberalizzazione e, ai danni dei più, crearono vaste fortune personali.

Evitare simili debacle, però, questa volta è l’obiettivo esplicito delle autorità locali: il piano è quello di «bloccare» la vendita dei titoli di TT dati ai cittadini per un periodo da stabilire. E per generare maggiori consensi attorno all’intera operazione il governo del paese ha pagato a tutti un primo «dividendo» straordinario in anticipo sullo sbarco in Borsa dell’azienda: un bonus da 55 dollari in contanti, accompagnato da un assegno mensile da 15 dollari. Gli ostacoli da superare, infatti, non sono solo lo scetticismo e la scarsa dimestichezza con la finanza. In gioco c’è anche l’antica rivalità con la Cina: è da qui che arriva la domanda di materie prime e carbone che sostiene il sogno della Mongolia. L’idea di dipendere dal potente vicino non piace, anche se la memoria di Gengis Khan, che la Cina aveva conquistato, è ormai lontana.