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 2011  giugno 03 Venerdì calendario

Cimino, regista estremo “Faccio solo film unici” - Buongiorno, mister Cimino. «Mi chiami pure Michael»

Cimino, regista estremo “Faccio solo film unici” - Buongiorno, mister Cimino. «Mi chiami pure Michael». Il regista del Cacciatore , con Robert De Niro e Meryl Streep, cinque Oscar nel 1978, è presidente di giuria al Festival Cinemambiente di Torino, che si chiude domenica: con lui Mimmo Calopresti, Myriam Gast-Loup, Mario Tozzi, Paola Maugeri. È piccolo, magro magro, cammina lento, passo esitante, ha il volto tirato e porta occhiali scuri. Parla adagio e piano, la voce esile. Ma idee chiarissime. Carriera assai particolare, la sua: dopo il debutto con Una calibro 20 per lo specialista , protagonista Clint Eastwood, trionfa appunto con Il cacciatore , un capolavoro assoluto. Talmente assoluto che la United Artists gli dà carta bianca per l’opera successiva, I cancelli del cielo , un western visionario che si accredita come uno dei peggiori tonfi della storia del cinema: 44 milioni di dollari spesi, tre incassati. La United Artists fallisce, il percorso professionale dell’autore si inceppa. Negli Anni 80 realizza tra molte difficoltà Il siciliano , Ore disperate eL’anno del dragone , sceneggiato da Oliver Stone. Che dice: «Lui non dorme mai. È una personalità ossessiva. È il più faraonico dei registi con i quali ho mai lavorato». Nel 1996 c’è Verso il sole , che sarà proiettato stasera al Festival. Ora ha pronto un nuovo titolo, Cream Rises , una frase idiomatica che significa, letteralmente: la crema sale. Che cosa racconta? «Ho scritto due sceneggiature parallele, non so quale sceglierò. Per il momento non voglio dire niente della trama, vedremo». Come sono adesso i suoi rapporti con Hollywood? «Hollywood in tutti questi anni non è cambiata, i meccanismi, i giochi di potere, la mentalità sono inalterati. Quindi non sono cambiati nemmeno i miei rapporti con l’industria cinematografica. Che restano complicati». Lei viene sempre definito visionario: concorda? «Io non ho studiato cinema, ma architettura e pittura. L’architettura mi ha fatto capire che, come una casa si costruisce dalle fondamenta, così un film va pensato dalla base. Che è, prima di tutto, un soggetto originale. Ci sono in Italia le fotocopiatrici?». Certo. Perché lo chiede? «Perché tanti film sono fotocopie. Di libri, di altri film. Quando si continuano a fare copie delle copie, non si riesce più a leggere. Così con la cinematografia. C’è spesso un approccio feticistico che porta a ispirarsi al passato. Ma in questo modo non si rinnova mai niente. In compenso, molti tra i film in circolazione invecchiano velocemente. È perché non hanno quella vita propria che ogni pellicola dovrebbe avere, con personaggi unici». Clint Eastwood, suo primo protagonista, invece si è rinnovato: che dice di questa seconda vita? «Dico che non è la seconda, è la sua prima, grande vita. Clint è una bella persona, ed è pure molto simpatico, leale, semplice. Non arriva circondato da 25 guardie del corpo. C’è lui, e basta. Se fosse qui seduto, sarebbe a suo perfetto agio, e noi con lui. Ecco, è uno che, pur restando sempre se stesso, e senza uniformarsi al pensiero dominante, ha avuto il coraggio di cambiare, di puntare su nuovi talenti. Basti pensare a Hilary Swank di Million Dollar Baby : una grande scelta». Come mai ha accettato di fare il presidente di giuria a Cinemambiente? «Dicevo sempre a me stesso che non l’avrei mai fatto: ma mi ha invitato Alberto Barbera, che è un amico, e non potevo dire di no. Ero già stato a Torino una volta, sempre invitato da lui, avevo parlato all’università, mi piace la città. E poi c’è il tema: l’ambiente.