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 2011  giugno 03 Venerdì calendario

Santoro: non ho vinto io le elezioni - Santoro passeggia sereno nel backstage, ne ha viste di peggiori

Santoro: non ho vinto io le elezioni - Santoro passeggia sereno nel backstage, ne ha viste di peggiori. Sorride con la Santanchè. Si spengono le luci, in onda. Poteva Michele lasciarsi sfuggire l’assist regalatogli da Silvio, «ho perso per via di trasmissioni micidiali come Annozero»? «Caro Cavaliere - gli fa guardando fisso in macchina, primissimo piano - non ho vinto io le elezioni, se lo metta in testa. Giornalisti e artisti interpretano lo spirito del tempo, anche prima dei politici, ma non muovono i voti». Lui, Ballarò, soprattutto Benigni, Fazio, Saviano. È un dibattito apertissimo, una ferita nel cuore del Grande Comunicatore, una partita in cui ognuno gioca le sue (notevoli) arti di spin, e di persuasione sulle folle. Ma quanto e in che forme la tv pesa ancora nei meccanismi del consenso? Ovviamente, ci si sono scritti libri; e bisogna anche premettere che i sondaggisti non è che ci abbiano preso granché su Milano. Però un primo punto fermo aiuta a coglierlo una ricerca Ipsos: la tv è ancora nonostante tutto il mezzo più seguito per informarsi (oltre il 90% degli italiani), il 56% la usa come «mezzo prevalente, anche se non esclusivo». Ma poiché ormai i politici sanno bene che gli spostamenti di voti da uno schieramento all’altro sono in Italia assai limitati, le elezioni si vincono mobilitando il proprio elettorato, e cercando di ridurre l’astensione. «È chiaro allora che durante i talk show i leader parlano al proprio elettorato, è come se rinunciassero a priori a parlare agli altri», riflette Nando Pagnoncelli. «Mi pare assai difficile invece dire che le trasmissioni spostino elettorato. Semmai è accaduto che Berlusconi ha fallito nel mobilitare il suo, mentre il centrosinistra - con le trasmissioni vicine - ha tenuto il proprio bacino». Sostiene l’Osservatorio di Pavia che i tre temi che preoccupano di più gli italiani sono occupazione, sviluppo, protezione sociale, mentre «i tg hanno parlato di politica, costume e criminalità». L’agenda dei tg si è scostata da quella dei cittadini comuni. È anche vero, come suggerisce Giuseppe De Rita, che lo scenario disegnato dal Censis regge: la tv è sempre rappresentata per lo più dai tg (per il 69,3% degli italiani), contro il 30,9 dei talk. Secondo De Rita «il corpaccione italiano continua a votare sul tg1. Escluderei i new media, se non per le nicchie. Mentre invece il Cavaliere sovrastima i talk show, sia Santoro, sia Vespa». «Non saranno mica una fetecchia gli editoriali di Minzolini, e una bomba una vignetta di Vauro», se la rideva ieri Michele-chi. Qualcosa però sta accadendo. Mediaset vive una flessione notevole, specie nella poca informazione che fa. I tg in generale sono in calo di audience (l’eccezione forte è Mentana, e in parte più piccola il Tg3). I loro spettatori sono sempre più anziani. Renato Mannheimer aggiunge un altro tassello, «il risultato viene da più lontano, non credo sia stata la tv a determinarlo da sola, dai nostri dati emerge semmai che è da un anno che c’è un “atteggiamento di fondo” sfavorevole al premier, e questo dipende soprattutto dalle mancate riforme economiche». Di certo alcuni programmi fanno il botto - e consolidano i loro spettatori alias elettori - altri invece floppano. Santoro da settembre (33 serate) tiene una media di 5 milioni e 437mila spettatori, il 20,6%, il doppio della rete (dati Auditel). Ballarò quest’anno (in 36 puntate) ha fatto 4 milioni e 516 mila, una media di 16,8%, con picco nell’ultimo mese, a maggio (il 18,8%). Anche Gad Lerner fa il suo record, il 5%, 1 milione e 224 mila. Al contrario scendono o crollano i tg, il tg5 nel maggio elettorale viaggiava sul 19,9%, un anno fa era 22,8%. Il tg1 è al 24,9%, un anno fa al 26,8%. Oltretutto, ha le sue ragioni chi, come Alessandra Ghisleri, sondaggista tra l’altro di Letizia Moratti e del premier, osserva che «conta il racconto che si è in grado di fare; che poi lo share sia alto, come nel caso di Fazio e Saviano, non è detto sposti voti, mobilita i voti propri, ma è importante che crei una narrazione. Spesso chi guarda non ha poi tempo o voglia di andare a verificarla». Creare una narrazione, più che spostare direttamente - in rapporto di causa effetto - i voti. C’è tuttavia un episodio tv che i voti li ha spostati davvero in questa campagna elettorale - diverse fonti distanti lo confermano - ma non è stato Santoro: è stato il faccia a faccia su Sky da Carelli, quando Moratti all’ultimo secondo estrae dal cilindro l’accusa, falsa, a Pisapia. Il Cavaliere gliel’avrà fatto notare: è stato un harakiri catacombale. Roberto Weber, presidente di Swg: la sera prima Letizia comandava ancora, 46 a 42. Dal giorno dopo in poi era sotto 49 a 39. «Lo spostamento c’è stato lì, in un tg più che nei talk». I numeri di Ghisleri lo confermano, «è uno spostamento che, secondo un gruppo d’ascolto che facemmo tra la sera e la mattina dopo il confronto su Sky, avvenne tra elettori del Pdl ed elettori indecisi. Soprattutto negli ultimi trenta secondi del confronto tv». Trenta secondi fatali assai più di una stagione, sia pur trionfale, di Annozero, e tutti derivanti, rifletterà il Cavaliere, da scelte sciagurate di estremisto propagandistico. E poi c’è Internet, il massiccio voto a Milano (61 a 39, in media) della fascia d’età 18-34 (fonte Termometro politico). Anna Sfardini, autrice con Giampietro Mazzoleni di Politica pop (Il Mulino), conferma, «non è possibile pensare che la tv sia ancora un fattore così determinante per creare opinione. Quelle trasmissioni convincono chi è già convinto. In termini di costruzione dell’opinione si può pensare che abbiano una maggior capacità virale altri mezzi, e allora sì che la rete, facebook, twitter, possono ritagliarsi un ruolo». È una nicchia, non sovrastimiamola. Ma sta cominciando a pesare.